Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-02-2011) 16-03-2011, n. 11002 Liberazione anticipata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. C.S., detenuto perchè condannato per gravi reati ed ammesso il 16.12.2006 alla detenzione domiciliare, ricorre avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Sorveglianza di Roma, in data 1 aprile 2010, ha rigettato la sua istanza volta ad ottenere il beneficio della liberazione condizionale, già in precedenza analogamente rigettatagli.

Il giudice a quo ha motivato la sua decisione in considerazione:

della storia criminale dell’istante, caratterizzata da una lunga militanza in associazioni criminali e da numerose condotte omicidiarie, della vicinanza dei fatti criminosi stessi, della necessità di procedere con prudenza alla valutazione della personalità dell’istante, collaboratore di giustizia. Tale valutazione, ad avviso del Tribunale di Sorveglianza, sarebbe possibile soltanto con l’osservazione protratta nel tempo della misura alternativa in atto, concessa nel 2006, mentre nella fattispecie risulterebbe esiguo il tempo trascorso dalla concessione della misura alternativa in atto, tenuto conto del "radicato e risalente passato deviante del soggetto", da cui deve necessariamente dedursi una mancata piena maturazione del requisito del ravvedimento, per espressa disposizione normativa richiesto in termini di certezza ("sicuro ravvedimento" riporta la norma).

Ad ulteriore sostegno della sintetizzata motivazione rammentava il giudice a quo la differenza giuridica tra le misure alternative alla detenzione e quella invocata, caratterizzata dall’essere essa causa estintiva della pena.

2. Impugna le esposte argomentazioni il ricorrente davanti a questa Corte di legittimità, denunciando difetto di motivazione e violazione di legge con riferimento all’art. 176 c.p. e L. n. 45 del 2001, art. 16-nonies.

Ha in particolare dedotto la difesa ricorrente che:

– il C. è stato ammesso ai permessi premio, alla liberazione anticipata ed alla detenzione domiciliare con esiti sempre positivamente valutati;

– lo stesso ha prestato, come riconosciuto dal tribunale, una rilevante collaborazione ed ha nel contempo scontato un lungo periodo di detenzione, anch’esso positivamente valutato in sede di osservazione penitenziaria;

tutte le risultanze richiamate convergono verso la necessaria valutazione di un sicuro ravvedimento;

il contrario opinamento del Tribunale si appalesa perciò contrastante con la legislazione premiale in genere e con la disciplina della liberazione condizionale in particolare;

i benefici penitenziari concessi al collaboratore di giustizia trovano uno dei requisiti essenziali e necessari proprio nel riconoscimento del ravvedimento in capo all’interessato;

il rigetto impugnato sconfessa tale assunto, dappoichè presuppone, illegittimamente, che il ravvedimento contemplato dalla legislazione speciale sia diverso da quello richiesto per la detenzione domiciliare;

è illogico ritenere che nel 2006 sussisteva il ravvedimento necessario per la detenzione domiciliare e che nel 2010, dopo il suo positivo esperimento e dopo sette anni dalla concessione del primo beneficio, detto elemento debba essere ulteriormente saggiato;

ciò contrasta con le norme di riferimento ed in particolare con la L. n. 82 del 1991, art. 16-nonies;

è il legislatore che ha fissato il tempo necessario per l’osservazione, presupposto del beneficio invocato, mentre il ricorrente ha sin qui espiato oltre metà della pena inflittagli;

analoga domanda del C. è stata rigettata in precedenza in forza degli stessi argomenti qui confutati;

ha disatteso il Tribunale l’insegnamento della Suprema Corte che ha affermato il principio di diritto secondo cui, ai fini del giudizio per cui è causa, è richiesto l’inizio di un percorso di ravvedimento;

altresì rilevante ai fini del giudizio deve ritenersi il diverso trattamento assicurato al fratello del ricorrente, il quale, nella sua stessa, identica posizione giuridica e detentiva, è stato da tempo ammesso al godimento della liberazione anticipata, nè può ritenersi coerente l’argomento utilizzato dal Tribunale al fine di contrastare sul punto il rilievo difensivo (la personalizzazione del trattamento penitenziario) giacchè perfettamente identica anche la posizione personale dei due fratelli detenuti;

neppure congruo, oltre che illegittimo, ai fini del rigetto si appalesa il richiamo alla gravità criminale delle condotte in espiazione, giacchè presupposto per l’applicazione della disciplina di favore invocata è proprio la consumazione da parte dell’istante di un grave reato ricompreso tra quelli riportati all’art. 51 c.p.p., comma 3-bis.

3. Le sintetizzate argomentazioni sono state ulteriormente ribadite con memoria difensiva depositata all’esito della requisitoria scritta del sig. P.G. in sede, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

4. La doglianza non è fondata.

Ed invero il riconoscimento da parte del magistrato competente che, nel caso al suo esame, ricorrano tutte le condizioni richieste dalla normativa speciale di cui alla L. n. 45 del 2001, art. 16 nonies, non determina il consolidarsi di una situazione giuridica soggettiva riferibile all’art. 176 c.p. e, quindi, alla liberazione condizionale, di per sè escludente ogni discrezionalità del giudice chiamato a pronunciarsi sulla relativa istanza, di guisa che del tutto legittimamente può negativamente provvedersi su di essa in costanza di apprezzabili ragioni.

Nel caso in esame tali ragioni sono state individuate: a) nella gravità del reato commesso, comunque ineludibile, concreto punto di partenza per l’invocato giudizio ancorchè presupposta, in astratto, tale gravità dalla norma di riferimento, b) nel breve periodo temporale intercorso dalla concessione della detenzione domiciliare – tenuto conto del risalente radicamento criminale di provenienza -, c) nella necessità di una ulteriore osservazione del detenuto, nella considerazione che il ravvedimento richiesto dall’art. 176 c.p. debba vieppiù rafforzarsi.

Nè appare illogico ovvero contraddittorio sostenere tale ultima osservazione e cioè che il ravvedimento richiesto dall’art. 176 c.p. nel caso di specie possa e debba ulteriormente rafforzarsi al fine di raggiungere consapevolezze maggiori, dappoichè detto requisito esprime non già un dato oggettivo sempre uguale a se stesso, bensì un moto dell’animo, un atteggiamento espresso dall’intimo sentire di ciascuno, in quanto tale apprezzabile in svariate modalità ed in distinte intensità, sulle quali il tempo e l’utile esperimento dei vari istituti previsti dall’O.P., tra i quali la detenzione domiciliare, può variamente e con diverse utilità interagire.

Conclusivamente, ben può dirsi che l’ordinanza impugnata ha logicamente e non contraddittoriamente motivato le ragioni della decisione, assumendosi in carico ogni elemento favorevole al ricorrente e correttamente bilanciando tali elementi con le considerazioni in fatto ed in diritto innanzi sintetizzate a sostegno della decisione assunta.

5. Oppone all’argomentare del giudice di merito la difesa ricorrente più profili essenzialmente di merito, improponibili in questa sede (si consideri in particolar modo il tempo di detenzione sin qui trascorso ed il richiamo alla vicenda del fratello, in nulla apprezzabile da parte del Collegio) e l’argomento di diritto circa la equiparazione del ravvedimento richiesto per la concessione delle misure alternative alla detenzione in corso e quello individuato dalla norma speciale quale requisito necessario per l’utile delibazione della domanda.

Orbene, ha avuto modo di affermare questo giudice di legittimità, il cui insegnamento è stato correttamente assunto dal giudice a quo, che, presupposto indefettibile della liberazione condizionale è il sicuro ravvedimento del condannato. Ciò implica l’avvenuta emenda con l’abbandono certo del passato deviante, la certezza della conclusione del processo di rieducazione con il sicuro reinserimento sociale. Proprio ciò distingue l’istituto in questione, previsto dal codice penale, dalle misure alternative alla detenzione previste dall’ordinamento penitenziario e ne differenzia la portata e l’esito:

per dette misure è previsto lo snodarsi, via via più incisivo, secondo l’entità del beneficio, in misura crescente – nell’ordine liberazione anticipata, semilibertà, affidamento in prova al servizio sociale – del reinserimento sociale del condannato; per la liberazione condizionale è invece richiesta la certezza del ravvedimento, l’avvenuto riscatto morale del condannato. E la differenza è assolutamente ragionevole ove si consideri che le citate misure costituiscono solo un modo alternativo di espiazione della pena, mentre la liberazione condizionale è una causa estintiva della pena, decorso il termine prescritto, e di revoca delle misure di sicurezza personali, estinzione che avviene ope legis, mentre per l’estinzione della pena a seguito dell’affidamento in prova il tribunale di sorveglianza deve valutare la positività dell’esito del periodo di prova (Cass., Sez. 1, 26/06/1995, n. 3868).

6. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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