Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 14-03-2011, n. 200 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o in diritto quanto segue.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) – Nel corso dell’anno 2000, l’appellante società G.B. Pubblicità s.n.c. chiedeva al Comune di Capo d’Orlando il rilascio dell’autorizzazione all’installazione di n. 40 pannelli per affissioni dirette, aventi dimensioni di ml. 2,00 x 1,40, e di n. 6 pannelli aventi dimensioni di ml. 6,00 x 3,00.

Avverso il silenzio serbato dall’Amministrazione, la società proponeva ricorso al T.A.R. di Catania che, con sentenza n. 872/2005, dichiarava improcedibile il gravame per sopravvenuto provvedimento espresso di diniego, datato 22.2.2005.

Avverso tale ultimo provvedimento, la società proponeva ricorso che era accolto (sentenza n. 885/2005).

La società proponeva, quindi, ricorso per l’ottemperanza, che era accolto con la sentenza. n. 61/2006.

In tale sede si dichiarava l’obbligo del Comune di riesaminare l’istanza della ricorrente sulla base dei precetti contenuti nella sentenza n. 885/2005.

Con provvedimento n. 35529 del 29.11-5.12.2005, il Comune rinnovava il provvedimento di diniego.

Anche tale provvedimento formava oggetto d’impugnazione.

Dopo l’accoglimento della domanda cautelare e la nomina di un commissario ad acta, il Comune adottava un nuovo provvedimento di diniego (determinazione n. 634 del 4 gennaio 2007), richiamando una precedente delibera di G.M. n. 488 del 9 giugno 1989, avente ad oggetto "Servizio pubbliche affissioni, individuazione spazi di cui agli artt. 29 e 30 del vigente regolamento comunale".

La società proponeva ricorso, che era respinto dal T.A.R. con sentenza n. 1393 del 29 luglio 2009.

Il giudice adito osservava che non sussisteva il vizio di elusione del giudicato posto che la sentenza di cui si affermava l’elusione aveva imposto all’Amministrazione il dovere di riesame delle istanze presentate dalla ditta ricorrente e siffatto obbligo era stato adempiuto dall’Amministrazione.

Quanto alle censure proposte avverso la delibera di G.M. n. 488 del 6 giugno 1989, le stesse erano generiche e infondate, oltre che tardive, posto che il regolamento di cui alla summenzionata delibera, costituendo atto generale e non recettizio, avrebbe dovuto essere impugnato nel termine di decadenza, decorrente dalla sua pubblicazione.

2) – Avverso la summenzionata sentenza, la società G.B. Pubblicità ha proposto appello, deducendo le seguenti censure:

a) – la sentenza appellata non indica le ragioni per le quali il provvedimento impugnato non è elusivo del giudicato di cui alla sentenza n. 847/2005, nonché dell’ordinanza n. 511/2006.

Tanto più l’Amministrazione era vincolata all’obbligo di fornire un’esplicita ed effettiva motivazione, dal momento che la stessa, successivamente al 2000, aveva assentito l’installazione di pannelli di analoghe dimensioni proposti da altre ditte operanti nel medesimo settore.

b) – quanto alla delibera di G.M. n. 488, proprio il carattere di "atto generale e non ricettizio" dovrebbe fare ritenere la tempestività della sua impugnazione, senza contare che lo stesso T.A.R., oltre a non conoscerne il contenuto, non poteva nemmeno sapere se detta delibera fosse stata pubblicata. Inoltre, trattandosi di atto generale di disciplina del territorio, la delibera in questione esulava dalla competenza della Giunta.

3) – L’appello è infondato.

4) – Contrariamente a quanto dedotto nel primo motivo di appello, deve escludersi che il provvedimento impugnato sia elusivo del giudicato di cui alla summenzionata sentenza n. 847 del 2005.

Detta sentenza ha imposto all’Amministrazione di riesaminare la richiesta della ricorrente, ritenendo che la motivazione da essa fornita ("…le dimensioni dei pannelli e la loro ubicazione creano, oltre a problemi di visuale, anche un negativo impatto ambientale") peccasse di genericità, ma non ha fornito vincoli specifici in ordine alla riedizione del potere.

Correttamente, quindi, l’Amministrazione ha esaminato l’istanza della ricorrente alla stregua della delibera di G.M. n. 488 del 9 giugno 1989, con la quale erano stati individuati gli spazi per le pubbliche affissioni in applicazione degli artt. 29 e 30 del vigente regolamento comunale, pervenendo alla determinazione, negativa per la ricorrente, che l’autorizzazione non poteva essere rilasciata, in quanto "i pannelli pubblicitari installati sul territorio comunale eccedono i limiti scaturenti dalle disposizioni contenute nella delibera".

5) – Quanto alla delibera in questione, la difesa dell’Amministrazione ha eccepito (e il T.A.R. ha recepito siffatta impostazione) che la deliberazione stessa, costituendo atto a contenuto generale non normativo, emanato in esecuzione degli artt. 29 e 30 del regolamento comunale, doveva essere impugnata nel termine ordinario di decadenza decorrente dalla sua pubblicazione.

L’eccezione deve essere respinta.

Secondo un pacifico principio giurisprudenziale (cfr., di recente, Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2007, n. 5062), i caratteri che, sul piano del contenuto sostanziale, valgono a differenziare i regolamenti dagli atti e provvedimenti amministrativi generali, vanno individuati in ciò: mentre questi ultimi costituiscono espressione di una semplice potestà amministrativa e sono diretti alla cura concreta di interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti di una pluralità di destinatari non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili, i regolamenti, invece, sono espressione di una potestà amministrativa attribuita all’Amministrazione, secondaria rispetto alla potestà legislativa, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all’ordinamento giuridico esistente, con precetti che presentano appunto i caratteri della generalità e dell’astrattezza, intesi essenzialmente come ripetibilità nel tempo dell’applicazione delle norme e non determinabilità dei soggetti cui si riferiscono.

Alla stregua di siffatta distinzione non è dato comprendere come gli atti a contenuto generale possano partecipare della natura giuridica dei regolamenti e, come tali, essere soggetti ad analoga disciplina quanto alla loro impugnazione.

In ogni caso, ove pure i due tipi di atti fossero assoggettati a una comune disciplina, resterebbe pur sempre da risolvere il problema della loro lesività immediata prima dell’adozione degli atti applicativi, perché, in via normale, gli atti generali (si pensi ai bandi di gara e di concorso) vanno impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi a identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato (cfr., ex multis, C.d.S., A.P., 29 gennaio 2003, n. 1).

Nella specie, l’atto impugnato, facendo applicazione delle disposizioni contenute nella delibera di G.M. n. 488 del 1989, non ha operato nel senso di rinnovare una lesione già effettivamente prodottasi, ma ha chiuso il procedimento, rendendo concreta e attuale una lesione che prima si era manifestata solo astrattamente e potenzialmente.

6) – Ciò posto, va esaminato il motivo di appello con cui si è riproposta la censura di incompetenza della Giunta municipale.

La doglianza è infondata.

La circostanza che la disciplina generale del territorio rientri nella competenza del Consiglio comunale non impedisce, invero, che detto organo deleghi alla Giunta il potere di individuare gli spazi da adibire a pubbliche affissioni.

7) – Resta da esaminare l’ultimo motivo di appello con cui si sostiene che l’Amministrazione avrebbe assentito l’installazione di pannelli di analoghe dimensioni proposte da altre ditte operanti nel medesimo settore.

La doglianza è estremamente generica e per tale ragione deve essere dichiarata inammissibile.

8) – In conclusione, per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Si ravvisano, comunque, giustificati motivi per compensare tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 18 maggio 2010, dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Paolo D’Angelo, Guido Salemi, estensore, Filippo Salvia, Pietro Ciani, componenti.

Depositata in Segreteria il 14 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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