Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-01-2011) 16-03-2011, n. 10998 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 28/9/10 il Tribunale di Lecce in sede di riesame rigettava la richiesta di S.A. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere 7/9/10 emessa nei suoi confronti dal Gip di quel Tribunale per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73.

Il S., tra gli altri, era indagato per i capi H) ed I) dell’ordinanza. Capo H): di avere fatto parte di un’associazione, aggravata dal numero dei partecipanti superiore a dieci, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del genere cocaina, hashish e marijuana (in Lecce e provincia, accertato dall’ottobre 2007 al gennaio 2008); egli, in particolare, aveva il ruolo, con altri ( G.A. e P.D.), di abituale acquirente della sostanza stupefacente e deputato alla successiva distribuzione sul territorio di Lecce. Capo I): di avere ceduto in più occasioni (dal 29/11 al 7/12/07, quando veniva tratto in arresto per essere stato trovato in possesso di 9,8 grammi si cocaina suddivisa in 14 dosi e di 26 grammi di hashish), insieme a G.A. rifornendosi da Se.Gi., quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente del tipo cocaina ai suoi abituali acquirenti per uso personale.

Il Tribunale osservava come il reato associativo, per il quale erano iniziate le indagini a seguito delle propalazioni di tale D. G.D., avesse trovato riscontro nelle conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate, dal linguaggio criptico poi decifrato, e dai numerosi sequestri di droga ed arresti di adepti che ne erano seguiti. Il ruolo del S. si era rivelato quello di stretto collaboratore del G. nella attività di vendita al minuto dello stupefacente che quest’ultimo riceveva dal Se., non solo risultando egli contattato da numerosissimi acquirenti (e talora sostituendo il G. in alcuni suoi contatti personali) ma anche custodendo la droga e cedendola presso la sua abitazione dopo che il G. se n’era approvvigionato. Anche se non erano stati registrati contatti diretti del S. con altri membri del sodalizio, risultava tuttavia dalle conversazioni del G. con altri sodali che egli era nominato (e conosciuto) come " C.", che era mandato a rifornirsi di droga in luoghi noti agli associati (a (OMISSIS), presso "quello delle patatine", un venditore ambulante che stazionava nelle immediate vicinanze dell’abitazione dove era tenuta la droga), che dopo il suo arresto gli altri ne venivano informati (scattando la solidarietà alla famiglia e l’assistenza legale), che subito dopo, inoltre, prima G. e poi Se. cambiavano le loro sim card.

Ritenute anche le esigenze cautelari: non solo presunte per il titolo di reato sub H), ma accertate in concreto per l’intrinseca pericolosità del soggetto, dal lungo trascorso criminale, già dedito al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, nullafacente e, fino al 2009, frequentatore di pregiudicati. Di qui la conferma dell’ordinanza.

Ricorreva per cassazione il S. con atto a sua firma, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: nei suoi confronti era stata ritenuta la partecipazione ad un reato associativo, e non invece un semplice concorso (con il G.) nel reato di spaccio (continuato), erroneamente presumendo la sua consapevolezza di essere l’estrema propaggine di una più ampia rete di traffico di sostanza stupefacente. Detta consapevolezza, nonostante la riconosciuta assenza di contatti diretti con soggetti diversi dal G., era desunta da conversazioni tra terze persone e dall’episodio di San Pietro in Lama, dove dalla conversazione intercettata si arguiva chiaramente che il camion delle patatine era solamente il posto dove egli avrebbe dovuto incontrare un’acquirente (era per contro per la sua assenza che lo rimproverava, per telefono, il G.) e non invece il riferimento a una fantomatica abitazione dove era custodita la droga del sodalizio.

Assenti anche le esigenze cautelari: utilizzati in mala parte dati forniti dalla difesa (ordinanza 25/5/10 del TdS) ed elementi positivi, come l’assenza di frequentazioni sospette successive al 2009. Chiedeva l’annullamento. All’udienza camerale di discussione il PG chiedeva il rigetto del ricorso, la difesa il suo accoglimento.

Il ricorso, infondato, va respinto. E’ pacifica giurisprudenza di legittimità che in tema di misure cautelari personali (Cass., Sez. Un., sent. n. 11 del 22/3/00, rv. 215828, Audino), allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza (ciò che al presente si registra, la dedotta violazione di legge identificandosi con il vizio di motivazione), alla S.C. spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.

Nel caso in esame ciò è avvenuto, il giudice di merito avendo rappresentato in modo adeguato, logico e corretto la gravita del quadro indiziario a carico del ricorrente. Ciò riguarda non solo il capo I (per cui, invero, non c’è contestazione), ma anche il reato associativo sub H: corretto desumere la consapevolezza del S. di partecipare ad una più ampia rete criminale che trascendesse la persona del G., laddove lo stesso G., come al S. era noto, si riforniva stabilmente da altro soggetto.

Prendere atto che quegli (" C.") era noto come elemento della rete ad altri sodali ( A.F.) e certamente a Se.

(informato da G. del suo arresto) e ipotizzare che la consapevolezza non fosse condivisa (sia pure nei differenti ruoli) ma unilaterale (degli altri di lui ma non sua degli altri) è mori di logica e realtà, specie in presenza di un soggetto, come il S., con un significativo curriculum criminale. Anche l’episodio di (OMISSIS), diversamente "letto" dal ricorrente, ha il suo fulcro non nell’appuntamento presso "quello delle patatine" (vicino o meno che fosse ad un eventuale deposito di stupefacente del gruppo), ma nell’immediato trasporto della sostanza da parte del S. da quella località a (OMISSIS). Congruamente motivate anche le esigenze cautelari (peraltro presunte visti i verificati indizi di colpevolezza per il reato associativo).

Al rigetto del ricorso segue ( art. 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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