Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-01-2011) 16-03-2011, n. 10995 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con decreto 5/3/10 la Corte di Appello di Catanzaro confermava il decreto 20/2/08 del Tribunale di Catanzaro in materia di misure di prevenzione che applicava nei confronti di S.A. la misura della sorveglianza speciale di PS con obbligo di soggiorno per la durata di anni tre.

Il giudice di appello, premesso che il tipo di pericolosità addebitato con la proposta era stato compiutamente contestato all’interessato in sede di invito a comparire, nel merito riteneva verificati i requisiti di legge: i precedenti penali del S. (ripetute violazioni della legge sugli stupefacenti commesse negli anni 1991, 1996 e 1997) si saldavano con i fatti di usura (commessi dal 2004 al 2006) più di recente contestatigli con Occ eseguita nei suoi confronti il 5/3/07 (con conseguente giudizio di attualità della pericolosità del soggetto); la circostanza che dopo la condanna in primo grado egli fosse stato assolto in appello (con sentenza peraltro non definitiva) per la ritenuta inutilizzabilità ex art. 63 c.p.p. delle dichiarazioni di accusa delle parti offese (perchè a loro volta ritenute imputabili di reato collegato al primo sotto il profilo probatorio) non intaccava l’autonomia di giudizio che caratterizza il processo di prevenzione rispetto a quello penale.

Di qui la conferma del decreto appellato.

Ricorreva per cassazione la difesa del S., deducendo violazione di legge ( art. 63 c.p.p., comma 2) per aver utilizzato, ai fini del giudizio di attuale pericolosità del ricorrente, le dichiarazioni di accusa rese da tali M.P. e M.C. che il giudice penale in grado di appello aveva invece ritenuto inutilizzabili, assolvendo il S., i cui trascorsi penali risalivano agli anni ’90, dal reato di usura perchè il fatto non sussiste.

La M., in particolare, aveva ammesso fin dalle prime dichiarazioni in danno del S. di avere stornato parte delle somme che erano in suo possesso a titolo di contributo pubblico (mutuo agevolato di 90.000 Euro in favore della propria azienda EMMECI s.a.s.) per il pagamento dei debiti usurari del padre P. (circa 30.000 Euro). Evidente il collegamento probatorio tra i due reati (malversazione e usura) ai sensi dell’art. 371 c.p.p., comma 2, lett. b.

Ciò nonostante il giudice della prevenzione aveva ritenuto, nella propria autonomia, di utilizzare quelle dichiarazioni, posto che la M. avrebbe fornito elementi a carico del S. già prima di ammettere lo storno dei fondi pubblici e che quanto da lei affermato non era indizio inequivoco di reato.

Il ricorrente, censurando tali argomenti, ricordava in punto di diritto la recente sentenza della Corte di Cassazione a Sez. Un. n. 13426 del 25/3/10 (peraltro in tema di intercettazioni), che precisava come l’autonomia del giudice della prevenzione riguardasse la valutazione del fatto ma non le preclusioni di diritto affermate in sede penale. Nel merito, riportando il contenuto delle s.i.t. del 5/9/06, osservava come la M. avesse ammesso (in modo in equivoco) lo storno parziale del prestito pubblico (reato previsto e punito dall’art. 316-bis c.p.), per consentire al padre di fare fronte ai pagamenti usurari, prima di fare il nome di S..

Chiedeva l’annullamento del decreto impugnato.

Nel suo parere scritto il PG, ricordando che in materia di prevenzione il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge, che nella specie il decreto del giudice di merito era correttamente e congruamente motivato; che l’inutilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie non era stata ancora definitivamente affermata in sede penale; che nel caso (giusta sent. n. 23868/09 delle S.U.) inequivoci indizi di reità a carico del dichiarante non erano previamente noti all’autorità procedente, chiedeva il rigetto dell’impugnazione.

Il ricorso, infondato, va respinto. Invero, l’inutilizzabilità probatoria in sede penale, dedotta dal ricorrente come preclusiva per il giudizio di pericolosità (attuale) nei suoi confronti in sede di prevenzione, non ha il crisma della definitività. Ma, a parte ciò, è decisiva l’osservazione del PG (peraltro contenuta nella stessa giurisprudenza citata dal ricorrente) per cui "la sanzione di inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni assunte senza garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin dall’inizio essere sentito in qualità di imputato o di persona soggetta alle indagini, postula che a carico dell’interessato siano già acquisiti, prima dell’escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall’autorità procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti od intuizioni personali dell’interrogante" (Cass., Sez. Un., sent. n. 23868 del 23/4/09, rv. 243417, Fruci). Nel caso in esame non risulta in alcun modo che prima delle dichiarazioni della M. gli inquirenti fossero a conoscenza della provenienza dei pagamenti usurari delle vittime. Ciò esclude l’inutilizzabilità erga omnes delle dette dichiarazioni.

Nel merito (continuità delittuosa e conseguente attualità della pericolosità sociale) il decreto è correttamente e congruamente motivato e pertanto non censurabile in sede di legittimità ( L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11).

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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