Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-01-2011) 16-03-2011, n. 10992 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

G. Dr. Volpe Giuseppe che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rimesso sul ruolo con sentenza 22/9/10 di questa I sezione della Corte a seguito di ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p. (in sede di trattazione del ricorso ordinario davanti alla 7^ sezione della Corte stessa era stato materialmente omesso l’avviso di udienza al nuovo difensore tempestivamente nominato), con cui veniva annullata (rectius revocata) l’ordinanza (di inammissibilità) 4/3/10 della 7^ sezione, viene trattato il ricorso di Z.S. avverso la sentenza 24/6/09 del Tribunale di Napoli emessa nei confronti del predetto ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (applicazione di pena su richiesta delle parti) per il reato (commesso a (OMISSIS)) di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

All’udienza camerale fissata per la discussione, assente la controparte interessata, il PG concludeva per l’inammissibilità del ricorso.

La sentenza impugnata, pronunciando su concorde richiesta delle parti, ritenuta l’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 prevalente sulla contestata recidiva, con la diminuente del rito ha applicato all’imputato la pena di anni tre di reclusione ed euro 3.000 di multa. Lo Z., con atto a sua firma allegato alla dichiarazione di impugnazione resa dal carcere il 27/8/09, ha dedotto vizio di motivazione: il giudice, infatti, non avrebbe valutato la corretta qualificazione giuridica del fatto e la presenza di eventuali cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p.. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza delle censure. La possibilità di ricorrere per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta per errata qualificazione giuridica del fatto deve ritenersi limitata alle ipotesi in cui si tratti di un errore manifesto e tale, quindi, da far ritenere che vi sia stato un indebito accordo non sulla pena ma sul reato (v. Cass., sez. 3^, sent. n. 44278 del 23/10/07, rv. 238286, PG in proc. Benha).

Non è il caso in esame, sotto tal profilo del tutto generico. Sotto il secondo profilo la sentenza impugnata ha correttamente adempiuto l’obbligo di motivazione secondo lo speciale schema argomentativo proprio della sentenza ex art. 444 c.p.p. nei termini ormai definiti dalla costante giurisprudenza di questa Corte, che in particolare ritiene sufficiente l’enunciazione, eventualmente anche implicita (nel caso esplicita), della insussistenza degli estremi per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (per tutte: Cass., 4^, sent. n. 34494 del 13/7/06, rv. 234824, imp. Koumya).

Alla dichiarazione di inammissibilità segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria, che nel caso va applicata in misura adeguatamente superiore al minimo per la palese pretestuosità e dilatorietà del ricorso.
P.Q.M.

visti l’art. 606 c.p.p., comma 3 e art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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