Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-01-2011) 16-03-2011, n. 10940

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata, in riforma della sentenza del Giudice di Pace di S. Elpidio a Mare in data 28.2.2008, S.E. veniva assolto per non costituire il fatto reato dall’imputazione di cui all’art. 594 c.p. contestata come commessa il (OMISSIS) spedendo al notaio R.A., presso il di lui studio in (OMISSIS), una lettera raccomandata nella quale affermava di rifiutare di ricevere copie di atti precedentemente richieste In quanto le stesse non risultavano conformi agli atti originali, in tal modo attribuendo al R. la spedizione di atti falsi.

Il ricorrente lamenta illogicità della motivazione in ordine all’esclusione della responsabilità a fini civili dell’imputato per il fatto contestato.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Con la sentenza impugnata si riteneva non esservi prova della coscienza e volontà dell’imputato di fare uso di espressioni offensive, considerato che nella missiva di cui all’imputazione non compariva un’espressa accusa di spedizione di atti falsi o altre espressioni ingiuriose e che appariva maggiormente conforme a logica che il S. intendesse esigere che sulle copie autentiche richieste fosse apposta la menzione della sottoposizione dei documenti a sequestro penale, avendo il predetto sostanzialmente interesse ad evitare una circolazione dei beni che vanificasse il vincolo reale apposto sui relativi documenti.

Il ricorrente rileva che la decisione di cui sopra è fondata su una erronea lettura del contenuto della lettera; che in particolare l’espressione "dopo aver vagliato sotto ogni profilo giurisprudenza e dottrina respingo le sua copie autentiche…in quanto le stesse non risultano conformi all’originale" equivale all’addebitare la spedizione di atti falsi; che la diversa ricostruzione dell’intenzione dell’imputato, prospettata nella sentenza, è illogica ed arbitraria laddove il rifiuto di ricevere gli atti era motivato nella lettera con l’affermazione per cui "le copie autentiche erano state sottoposte a sequestro penale…erroneamente in virtù degli artt. 476 e 479 c.p. per errata specificità del delitto bensì a norma di legge dovevano essere sottoposte a sequestro per aver violato la norma dell’art. 378 c.p.", passaggio qualificato dal ricorrente come delirante e tale da non sottintendere logicamente la mera richiesta di apposizione della menzione del sequestro dei documenti, bensì la volontà di offendere il notaio con il quale il S. aveva ingaggiato una contesa personale, come ulteriormente dimostrato dall’essere stata la missiva inviata anche al Procuratore della Repubblica di Fermo, alla Sezione di Polizia Giudiziaria della Guardia di Finanza di Fermo ed al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di L’Aquila, competente ad indagare sui magistrati della Corte d’Appello di Ancona e quindi sulla moglie del Notaio R., giudice presso il Tribunale di Camerino.

La motivazione della sentenza impugnata risulta in effetti connotata da manifesta illogicità laddove, a fronte della presenza nella missiva contestata dell’icastica affermazione di non conformità agli originali delle copie trasmesse dal notaio, in sè univocamente traducibile in un addebito di falsità, si ipotizza una significazione alternativa dello scritto, nel senso della mera richiesta dell’apposizione dell’annotazione relativa al sequestro degli originali dei documenti, del tutto estranea al dato testuale e tratta arbitrariamente da un diverso passaggio della missiva e dal confuso riferimento dello stesso alla vicenda del sequestro.

La motivazione in esame è altresì carente nell’omessa valutazione della destinazione alla missiva a diverse autorità giudiziarie, fra le quali quella competente a procedere nei confronti della moglie del R.; elemento che, laddove esaminato, avrebbe posto in rilievo aspetti di incongruità rispetto alla tesi del riferimento della missiva alla mancata annotazione del sequestro e di consonanza piuttosto con l’attribuzione alla parte offesa di un reato di falso documentale.

La sentenza impugnata deve pertanto annullata con rinvio per un nuovo esame, sui profili appena segnalati, al giudice civile competente in grado di appello.

La liquidazione delle spese della parte civile per il presente grado va rimessa al definitivo, non essendo stata presentata nota spese.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello per nuovo esame; spese della parte civile al definitivo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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