Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-01-2011) 16-03-2011, n. 10938

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er il resto.
Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torino in data 14.8.2008, K.N. veniva condannato alla pena di anni uno di reclusione per il reato di cui all’art. 495 c.p., commesso il (OMISSIS) dichiarando ai Carabinieri di Collegno le predette generalità e la data di nascita al 14.7.1982 avendo in precedenza declinato il 18.7.2008 le generalità di K. S. nato in (OMISSIS), il 21.5.1982 le generalità di K.N. nato a (OMISSIS), il 14.6.2006 le generalità di F.M. nato in (OMISSIS) ed il 5.7.2005 le generalità di S.N. nato in (OMISSIS).

Il ricorrente lamenta mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Motivi della decisione

La sentenza impugnata va annullata nei limitati profili di cui nel seguito.

I giudici di merito, richiamato il contenuto dell’atto di appello nel quale si evidenziava l’impossibilità di individuare il tempus commissi delicti nel caso della dichiarazione di generalità in tempi differenti, non essendo certa la data di indicazione delle vere generalità, e si accennava all’orientamento per il quale in tema di prescrizione del reato deve in caso di dubbio farsi riferimento alla data del fatto più risalente, concludendosi per l’insussistenza della condotta commessa il (OMISSIS), osservavano come nel gravame non fosse chiaro il collegamento fra il richiamo ai principi in tema di prescrizione e la richiesta assolutoria; che comunque l’individuazione del tempus commissi delicti rileva solo ai fini della prescrizione allorchè, al di là dell’incertezza sulla data di commissione del reato, detta commissione sia comunque certa; e che nella specie, ove per il vero il termine prescrizionale non risultava trascorso per alcuna delle dichiarazioni di generalità menzionate nell’imputazione, valeva il principio per il quale le generalità indicate nel tempo in termini diversi, ove manchi la prova della reale identità del dichiarante, devono essere ritenute false nella loro totalità, essendo priva di riscontro l’affermazione difensiva per cui le ultime generalità sarebbero autentiche.

Il ricorrente rileva il fraintendimento del contenuto dell’atto di appello, nel quale non si prospettava la prescrizione del reato ma l’insussistenza dello stesso in quanto contestato come commesso il 12.8.2008, dovendosi, in caso di dubbio sull’autenticità delle diverse generalità dichiarate, collocare il fatto accertato alla data più risalente.

Il tema di gravame, pur se inteso nei termini indicati dal ricorrente, veniva, contrariamente a quanto da questi sostenuto, debitamente considerato nella sentenza impugnata. Con la stessa infatti si ribadiva il principio per il quale, una volta che l’indicazione di generalità false risulti accertata quanto meno per taluna delle occasioni oggetto di contestazione, l’incertezza sul tempus commissi delicti rileva solo ai fini della prescrizione del reato (Sez. 5, n. 1074 del 17.12.1999, imp. Tribkì, Rv.215670);

prescrizione il cui termine non risulta nella specie decorso da alcuna delle date delle condotte descritte nell’imputazione.

In questo riferimento è implicito il rigetto della tesi difensiva, vertente sulla mancanza di prova che proprio le generalità di K. N. dichiarate il 12.8.2008 siano false, attraverso il richiamo all’indicazione delle altre generalità tutte specificamente riportate nell’imputazione e delle quali talune inevitabilmente false; argomentazione logicamente coerente e, per quanto detto, conforme ai principi in materia.

Il ricorso sul giudizio di penale responsabilità dell’imputato è pertanto infondato. Va tuttavia osservato che al ricorrente è contestata la circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis per aver commesso il fatto trovandosi illegalmente sul territorio nazionale; fattispecie circostanziale la cui previsione normativa è stata dichiarata costituzionalmente illegittima (Corte Cost., sent.

N. 249 del 2010). La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata relativamente alla valutazione dell’aggravante di cui sopra nella determinazione della pena inflitta. Quest’ultima, individuata nella misura base di anni uno di reclusione, veniva aumentata per la recidiva ad anni uno e mesi tre e per l’aggravante in esame ad anni uno e mesi sei; escluso pertanto quest’ultimo aumento, e tenuto conto della diminuzione finale per il rito abbreviato, la pena va in conclusione rideterminata in mesi dieci di reclusione.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis, ridetermina la pena in mesi dieci di reclusione e rigetta nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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