Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-01-2011) 16-03-2011, n. 10991 Trattamento penitenziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con Ordinanza 18.2.2010, depositata il successivo 26.2.2010 il Tribunale di Sorveglianza di Ancona, in accoglimento del reclamo proposto dall’interessato, annullava il decreto emesso il 19.1.2009 con il quale il Ministro della Giustizia aveva prorogato nei confronti F.L. il regime differenziato di cui alla L. n. 354 del 1975, art. 41 bis.

Il Tribunale di sorveglianza, premesso il richiamo ai criteri, normativi e giurisprudenziali sulla base dei quali deve svolgersi il giudizio sulla ricorrenza o meno dei presupposti per l’applicazione e la proroga del regime differenziato, rilevava nel caso al suo esame l’insussistenza delle condizioni giustificative dell’emissione del provvedimento di proroga. Nel decreto ministeriale reclamato, argomentava il tribunale, i riscontri fattuali esposti a conferma del perdurare dei legami tra il F. e la associazione criminale di appartenenza e, quindi, della permanenza attuale dei pericoli per l’ordine pubblico e la sicurezza, erano costituiti dal puro e semplice riferimento alla pericolosità criminale del detenuto, desunta dai gravi precedenti penali e dalle pendenze giudiziarie per fatti di criminalità organizzata. In sostanza la disposta proroga si giustificava sulla base degli stessi elementi che avevano legittimato l’originaria imposizione del regime differenziato e non, invece, sulla scorta autonomi dati di fatto concreti, atti a denotare la attuale capacità del detenuto di mantenere i contatti con il sodalizio di appartenenza. Nè tali elementi potevano essere costituiti dal richiamato ruolo apicale assunto dal F. nel contesto criminoso di riferimento laddove le informative del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’interno, richiamate nel decreto reclamato, poggiavano sulle informative dei carabinieri del 2007 e del 2008, nelle quali, al fine di evidenziare l’attuale operatività della cosca, era riferito che erano stati eseguiti provvedimenti restrittivi nei confronti di esponenti della cosca medesima e che il 31.8.2007 esponenti della famiglia mafiosa F. erano stati colpiti da un decreto di sequestro di beni emesso dal Tribunale di Reggio di Calabria, gli stessi richiami avevano infatti giustificato il precedente decreto di proroga del regime differenziato emesso il 21.1.2008. L’attuale operatività della cosca sul territorio di Cittanova, affermata nella nota della Procura Distrettuale di Reggio di Calabria, risultava, poi, ancorata a generiche asserzioni circa la perpetrazione di fatti di estorsione e danneggiamento, senza alcun riferimento di luogo e di tempo, così come generica e non corroborata da riscontri specifici era l’affermazione relativa all’esistenza di ramificazioni della cosca "Facchineri" nel nord e nel centro Italia. Valutava, quindi, il tribunale gli elementi di segno opposto rispetto a quelli indicati nel decreto di proroga reclamato tra i quali: l’avvenuta assoluzione del reclamante dal reato di associazione a fini di spaccio di ingenti quantitativi di stupefacenti pronunciata con sentenza della corte di appello di Perugia, la circostanza che i fratelli e il padre del F. e gli altri componenti della cosca siano liberi o solo sottoposti a misure di prevenzione, che la Direzione Nazionale Antimafia riferiva che nessuno degli appartenenti all’associazione criminale denominata "Facchineri" si trovava in stato di latitanza.

Infine il tribunale rilevava come il decreto nulla avesse allegato in relazione al tenore di vita dei familiari del detenuto e questi, viceversa, aveva documentato come la sua famiglia, composta dalla moglie e dai figli, sin dal 2003 aveva trasferito la residenza nel comune di Aosta ove, tra l’altro, usufruiva di un contributo economico erogato dal comune in favore dei nuclei in situazione di emergenza abitativa.

2.- Avverso l’ordinanza propone ricorso per Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Ancona lamentando violazione di legge in relazione alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis, comma 2, comprendendo in tale vizio anche quello di mancanza di motivazione per carenza, nella stessa, dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità.

Il tribunale di sorveglianza ha erroneamente ritenuto che il comma 2 dell’art. 41 bis O.P. richieda, ai fini della proroga del regime speciale, concrete ed individualizzanti circostanze idonee a provare la perpetuazione dei collegamenti con l’associazione criminale,laddove, invece la legge non richiede affatto la sussistenza di tali prove, con elementi sempre nuovi, ma semplicemente l’esistenza di circostanze che siano dimostrative, anche in via presuntiva, della persistente capacità di intrattenere contatti con la cosca di provenienza e l’esistenza di elementi da cui sia possibile trarre la convinzione della impossibilità di mantenere talli contatti, come il comprovato venir meno della operatività della organizzazione, ovvero la scelta di collaborazione o di dissociazione del condannato. Ai fini della proroga del regime penitenziario differenziato, specifica il PG ricorrente,, pur con esclusione di qualsiasi inversione dell’onere della prova, è sufficiente che l’amministrazione penitenziaria dimostri che, rispetto al passato inteso quale compendio degli elementi assunti a fondamento della iniziale e prima applicazione del regime medesimo, non siano sopravvenuti fattori di novità, tali dal porre nel nulla la valenza degli elementi in precedenza accertati circa la capacità del condannato di mantenere collegamenti con la consorteria criminale.

3.- Il Procuratore Generale presso questa Corte dott. Enrico Delehaye, con atto depositato il 17.7.2010, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

4.- Il ricorso è inammissibile. Le ragioni addotte dal P.G. a sostegno dell’impugnazione non denunciano, infatti, vizi di legittimità ma si risolvono in censure in punto di fatto del provvedimento impugnato. L’ordinanza del tribunale di sorveglianza è infatti compiutamente e congruamente motivata ed è conforme sia al disposto alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis, comma 2, che ai criteri di interpretazione dello stesso quali delineati dalla giurisprudenza di legittimità.

Già prima della novella introdotta dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 2, che ha rimodulato il comma 2 bis dell’art. 41 bis O.P. introducendo specifici parametri di valutazione mutuati dalla ricorrente giurisprudenza in materia, era principio di diritto consolidato (ex plurimis Cass., Sez. 1, Sentenza 03/03/2006 – dep. 27/04/2006 – n. 14551, Rv. 233944) che la permanenza dei collegamenti con la associazione criminale deve consistere nella concreta possibilità per il condannato di riprendere i vincoli associativi e di continuare ad essere utile alla organizzazione anche all’interno del circuito carcerario ordinario, qualora il regime detentivo differenziato dovesse venire meno, deve essere valutata alla stregua di specifici paramenti quali: il profilo criminale del soggetto in relazione alla sua biografia, alle condanne riportate, alle misure di sicurezza irrogate ed alla eventuale pendenza di procedimenti penali per fatti significativi; la posizione del soggetto nell’ambito della cosca di appartenenza; la operatività o meno del sodalizio criminale di appartenenza; il tenore di vita dei familiari e delle persone vicine al condannato; le informazioni fornite dalle autorità con riguardo anche a notizie recenti in relazioni alla vitalità della cosca ed alla posizione dei parenti e dei sodali del condannato; i risultati del trattamento penitenziario; la capacità di aggregazione di proseliti; la durata del regime speciale; l’esame delle eventuali circostanze allegate dal detenuto. Tutti questi elementi, che come già detto sono in gran parte indicati nella formulazione vigente dell’art. 41 bis, comma 2 bis, O.P., sono stati oggetto di attenta e puntuale verifica da parte del tribunale di sorveglianza in riferimento alle attestazioni ed alle allegazioni del decreto ministeriale di proroga. Il tribunale con un procedimento di valutazione logico e ancorato alla lettura costituzionalmente orientata della norma, posto che le innovazioni introdotte dalla L. n. 94 del 2009, art. 2 devono comunque essere inquadrate nell’alveo di costituzionalità delineato dal giudice delle leggi – per cui ogni provvedimento di proroga deve contenere "una autonoma congrua motivazione in ordine alla permanenza attuale dei pericoli per l’ordine e la sicurezza che le misure medesime mirano a prevenire" e non possono ammettersi "motivazioni apparenti o stereotipe, inidonee a giustificare in termini di attualità le misure disposte" (Corte Cost. Sentenza n. 376/1997 e Corte Cost., ord. 23 dicembre 2004, n. 417) – ha escluso che notazioni e informazioni datate, e già prese in considerazione per precedenti applicazioni e proroghe, costituissero adeguata motivazione per una proroga ulteriore (Cass. Sez. 1, Sentenza 7/03/2008 – dep. 3/04/2008 – n. 14016 Rv. 240141).

Riguardo, poi, ai nuovi elementi richiamati nel decreto reclamato, attinenti alla perdurante operatività della organizzazione, quali riferiti nella nota della Procura Distrettuale di Reggio di Calabria, di essi il tribunale ha valutato l’effettiva portata in termini sia di precisione che di congruità, apprezzandone correttamente la valenza in raffronto ad altri dati di analoga provenienza, attestanti che nessuno degli affiliati è latitante o ricercato, che i congiunti più prossimi del detenuto, già ritenuti appartenenti alla stessa consorteria, sono in stato di libertà, ovvero solo sottoposti a misure di prevenzione, e che il F. stesso è stato mandato assolto dalla corte di appello di Perugia dal reato di associazione a fini di spaccio di ingenti quantitativi di stupefacenti. La situazione familiare del detenuto e la circostanza che il predetto non risulta aver posto in essere, in corso di detenzione, atto o comportamento alcuno qualificabile come partecipazione alle attività della cosca e di mantenimento di contatti con gli affiliati, ha fornito poi, nell’argomentare del Tribunale, ulteriore conferma che gli elementi posti a base del decreto impugnato siano avulsi da una specifica, individualizzata, rivalutazione della reale ed attuale capacità del F. di mantenere rapporti con l’organizzazione di appartenenza e così di perpetuare il suo ruolo di potere nell’ambito della medesima. Si impone, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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