Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-01-2011) 16-03-2011, n. 10661 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 13 maggio 2010 la Corte d’Appello di Ancona ha, fra l’altro e per quanto rileva in questa sede, rideterminato in anni uno e giorni quindici d reclusione ed Euro 3.000,00 di multa la pena irrogata ad A.L. per il reato di cui all’art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 per avere, in concorso con altro imputato deceduto nelle more del giudizio, detenuto per finalità di spaccio, sostanza stupefacente del tipo eroina nella misura complessiva di gr. 5,730 suddivisa in cinque involucri. La Corte territoriale ha confermato la dichiarazione della responsabilità penale dell’ A. in ordine al reato ascrittogli sulla base delle testimonianze degli agenti verbalizzanti che hanno visto l’ A. incontrarsi con altro imputato prendendo il ciclomotore di questi, e tornare da lui dopo un breve lasso di tempo, indicando qualcosa sotto il sellino del ciclomotore;

i militari intervenuti trovavano quindi nel posto indicato dall’ A. cinque involucri contenenti la sostanza stupefacente in questione. La Corte d’Appello ha trovato conferma alla responsabilità dell’imputato nella circostanza per cui egli non è tossicodipendente, ha una numerosa famiglia senza avere mezzi leciti di sostentamento, mentre l’altro imputato con cui si è incontrato era un noto spacciatore.

L’ A. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza lamentando, con il primo motivo, erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1. In particolare il ricorrente lamenta un’errata valutazione degli elementi probatori, in quanto la Corte d’Appello sarebbe pervenuta alla dichiarazione di responsabilità sulla base di mere illazioni e di circostanze non univoche, poichè l’avere indicato il sellino del motorino sotto il quale era custodita la droga, non sarebbe un elemento che proverebbe la consapevolezza della presenza della droga stessa da parte dell’imputato.

Con secondo motivo il ricorrente si duole della mancata assunzione di una prova decisiva in relazione alla richiesta di sentire ex art. 507 cod. proc. pen. il maresciallo F. in quanto il coimputato successivamente deceduto aveva asserito di essere stato indotto da tale militare alle dichiarazioni contro l’ A..

MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.

Infatti esso contiene censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonchè l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure logiche, perchè basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.

Come è noto la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè costantemente, che "l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali" (Cass. 24.9,2003 n. 18;

conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999; n. 6402/1997).

Più specificamente "esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessimone).

Il riferimento dell’art. 606 c.p.p., lett. e) alla "mancanza o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato" significa in modo assolutamente inequivocabile che in Cassazione non si svolge un terzo grado di merito, e che il sindacato di legittimità è limitato alla valutazione del testo impugnato.

D’altronde, la Corte di merito richiama le risultanze istruttorie in modo sufficientemente compiuto e logico riportando dettagliatamente le testimonianza dei verbalizzanti e le dichiarazioni dello stesso imputato.

Quanto al secondo motivo relativo alla mancata assunzione di una prova decisiva ne va rilevata l’assoluta genericità non essendo in alcun modo esposto il motivo della dedotta decisività.

Alla dichiarazione di inammissibilità fa seguito l’onere delle spese del procedimento nonchè la condanna del ricorrente al pagamento di una somma in favore delle Cassa delle Ammende che si stima equo fissare, anche dopo la sentenza n. 186 del 2000 della Corte Cost. in Euro 1000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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