T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 14-03-2011, n. 2229 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Il ricorrente ha impugnato il decreto del Ministero dell’Interno in data 15.2.2010 con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico proposto avverso il provvedimento del Prefetto di Verona n. 4289/07 del 17.12.2008 con il quale era stato disposto il divieto di detenere armi e munizioni sul presupposto della denunciaquerela per ingiurie e minacce mediante l’uso di un fucile da caccia presentata dalla moglie del C. nei confronti del marito.

Avverso il provvedimento impugnato il ricorrente ha proposto le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 39 RD n. 773/1932 in quanto l’Autorità ministeriale si è limitata a ritenere inaffidabile il ricorrente soltanto sulla base della querela presentata dalla moglie, senza tenere conto che la citata denuncia non era ancora stata vagliata dal giudice; i rapporti dei coniugi si erano normalizzati; il ricorrente era incensurato, privo di precedenti di polizia e in piena salute mentale; in passato non si erano mai verificati episodi simili;

2) eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti ed errore nei presupposti, in quanto l’Amministrazione ha omesso di considerare gli elementi di valutazione forniti dal ricorrente circa l’inesistenza delle ragioni ostative alla possibilità di detenere armi e la contraddittorietà della querela sporta dalla moglie del C. in un momento di turbamento emotivo (nella quale si legge, ad esempio, che la doppietta sarebbe stata caricata con quattro cartucce) e, poi, ritirata dalla denunciante, a conferma del fatto che era stata presentata in un momento conflittuale ormai superato (come confermato anche dai competenti Servizi sociali) e non seguito da episodi simili;

3) violazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, perché se sono venuti meno (come nella fattispecie) i presupposti utili per adottare un determinato provvedimento, l’Amministrazione ha il dovere di porre nel nulla gli effetti del provvedimento stesso;

4) violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 ed eccesso di potere, in quanto l’Amministrazione ha rigettato il ricorso gerarchico facendo riferimento a mere illazioni contenute nella citata denunciaquerela anziché a fatti concreti di cui avrebbe dovuto dare contezza nella motivazione del provvedimento impugnato.

A parere del Collegio le censure proposte dal ricorrente sono infondate in quanto:

a) per quanto concerne le censure sub 1) e 2), va considerato che il ricorrente, nella sostanza, non contesta l’episodio oggetto della denunciaquerela (ingiurie e minacce mediante l’uso di un fucile da caccia) che appare sufficiente per rigettare il ricorso gerarchico proposto avverso il provvedimento prefettizio;

b) la disciplina del ricorso gerarchico è contenuta nel DPR n. 1199/1971 e, quindi, il richiamo all’art, 21 quinquies l.n. 241/1990 risulta non conferente;

c) il provvedimento impugnato risulta congruamente motivato in quanto sono richiamate le norme applicate, sono esplicitate le risultanze dell’istruttoria e sono indicate le ragioni di fatto poste a base del rigetto del ricorso gerarchico.

Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso debba essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– lo respinge;

– condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Amministrazione resistente, che si liquidano in complessivi euro 1.000,00 (mille/00);

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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