Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-12-2010) 16-03-2011, n. 10741 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 24 gennaio 2007, il Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Trapani, all’esito di giudizio abbreviato, condannava I.A., con le attenuanti generiche e la diminuente del rito, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in quanto responsabile del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 314 cod. pen., perchè, nella qualità di dirigente medico responsabile del Dipartimento di Salute Mentale di Marsala-Mazara, autorizzato a svolgere attività libero-professionale intra moenia, si appropriava delle quote dei compensi percepiti spettanti alla A.U.S.L. (in (OMISSIS)).

2. A seguito di impugnazione dell’imputato, la Corte di appello di Palermo, con la sentenza in epigrafe, in parziale riforma della sentenza impugnata, disponeva la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, escludendo altresì la liquidazione del danno operata dal primo giudice, che veniva rimessa al giudice civile, e confermando nel resto la sentenza di primo grado.

3. Osservava tra l’altro la Corte di appello che, pacifica essendo la condotta materiale addebitata all’imputato, doveva ritenersi sussistente il reato contestato, dato che per la parte relativa alla riscossione dei compensi dovuti all’Azienda ospedaliera per l’attività professionale espletata il medico operante intra moenia ha la qualità di pubblico ufficiale.

4. Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo dell’avv. Ferruccio Marino.

4.1. Con un primo motivo, denuncia la violazione degli artt. 314, 357 e 358 cod. pen., osservando che, come anche affermato da parte della giurisprudenza della Corte di cassazione, il professionista operante intra moenia non ha qualità di pubblico ufficiale, con la conseguenza che il denaro riscosso per la sua prestazione costituisce onorario e non ha quindi natura di pecunia pubblica.

In subordine, stante il contrasto giurisprudenziale sul punto, si sollecita una rimessione del ricorso alle sezioni unite.

4.2. Con un secondo motivo, denuncia la violazione dell’art. 322-ter cod. pen. con riferimento alla confisca operata sul libretto di deposito a risparmio intestato all’imputato, che costituiva un equivalente alla somma indicata in imputazione, come del reato riconosciuto dal Tribunale. Tale forma di confisca per equivalente non poteva però essere disposta, dato che l’art. 322 ter prevede la confisca per equivalente del prezzo del reato, mentre nella specie si sarebbe trattato di profitto del reato.

In ogni caso era stata disposta la confisca di una somma (Euro 9.390) eccedente detto profitto, posto che solo il 25 per cento di essa avrebbe dovuto essere versata alla AUSL, configurandosi il resto come onorario dell’ I..

4.3. Con un terzo motivo, denuncia la violazione dell’art. 62 c.p., n. 4, dato che l’importo di ogni appropriazione, isolatamente considerata, ammontava a poche decine di Euro, sicchè ingiustamente è stata negata l’attenuante del danno lieve.

4.4. Con un ultimo motivo, denuncia la violazione dell’art. 185 cod. pen., essendosi stabilito un risarcimento del danno alla immagine dell’Ente pubblico di cui non è stata offerta alcuna precisa indicazione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso in tutti i suoi aspetti appare infondato.

2. Va ribadito, in linea della consolidata giurisprudenza di questa Corte, che integra il delitto di peculato la condotta del medico il quale, svolgendo in regime di convenzione attività intramuraria, dopo avere riscosso direttamente dai pazienti l’onorario dovuto per le prestazioni, e dovendosi sotto tale profilo riconoscere al medico la qualità di pubblico ufficiale, ometta poi di versare all’azienda sanitaria quanto di spettanza della medesima, in tal modo appropriandosene (v. per tutte Cass., sez. 6, n. 39695, 17 settembre 2009, Russo; Id., n. 2969, 6 ottobre 2004, Moschi).

3. La confisca operata sulle somme portate dal libretto bancario non ha natura di confisca per equivalente, perchè trattandosi di denaro, e quindi bene fungibile, esso integra direttamente il profitto del reato (v. Cass., sez. 6, n. 30966, 14 giugno 2007, Puliga).

Quanto all’importo, esso, contrariamente a quanto dedotto, corrisponde al profitto illecitamente conseguito dall’imputato, come precisato dal Tribunale, con argomentazione non specificamente contestata.

4. Il terzo e il quarto motivo prospettano censure che attengono a profili di merito, che, in quanto adeguatamente motivati, si sottraggono al sindacato di legittimità. 5. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il ricorrente deve inoltre essere condannato a rifondere alla parte civile ASP di Trapani le spese sostenute nel presente grado, che, in relazione all’impegno speso, si ritiene di determinare complessivamente in Euro 3.000.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè a rifondere alla parte civile ASP di Trapani le spese del presente grado, che liquida in Euro 3.000, comprensivi di spese generali, oltre IVA e CPA come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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