T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 14-03-2011, n. 2302

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorso principale – volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento prot. n. 115365 del 9 giugno 2010, notificato in data 22 giugno 2010, con il quale l’Unità Dublino presso il Ministero dell’Interno, in merito all’istanza di riconoscimento dello stato di rifugiato presentata dal ricorrente, ha disposto che il medesimo "sia trasferito in Grecia, in quanto Stato competente, entro sei mesi dalla data odierna di accettazione implicita" – è improcedibile per carenza di interesse a seguito dell’intervenuto annullamento del provvedimento in oggetto ad opera del provv. prot. n. 115365/bis del Ministero dell’Interno in data 30 giugno 2010.

Permane, invece l’interesse alla impugnazione del provv. prot. ITA115365 del 16 ottobre 2010, con il quale il Ministero dell’Interno ha affermato che: "Per quanto attiene al riesame del provvedimento ai sensi dell’art. 3.2 del Regolamento (CE) 343/2003, si comunica quanto segue. Considerato che la Grecia ha ratificato e recepito la "Direttiva procedure" (2005/85/CE) l’11/7/08, la "Direttiva qualifiche" (2004/83/CE) il 30/7/07 e della "Direttiva accoglienza" (2003/9/CE) il 13/11/07 e dal luglio del 2008 non applica più il diniego automatico alle procedure d’asilo cosiddette "interrotte", che nessun organo istituzionale europeo ha sanzionato la Grecia e nessun Paese europeo ha sospeso i trasferimenti verso la Grecia, si ritiene non sussistano i presupposti per l’applicazione dell’art. 3.2 del citato Regolamento che possano indurre l’Italia ad assumere competenza in luogo dello Stato ritenuto non idoneo".

Il ricorso per motivi aggiunti è fondato.

Secondo il costante orientamento della Sezione – mutuato da quello reso in sede cautelare dal giudice di appello (cfr. tra le tante, Cons. Stato ord. n. 3428 del 14/7/09) – il provvedimento impugnato con il ricorso principale è viziato per difetto di istruttoria e di motivazione.

L’Amministrazione, infatti, nel provvedimento impugnato si è limitata ad affermare che la Grecia è un paese terzo sicuro e che non si ravvisano particolari motivi che potrebbero indurre l’Italia ad assumere la competenza ai sensi dell’art. 3 c. 2 del regolamento CE 343/2003 (cd. Regolamento Dublino), non tenendo conto della notoria situazione in cui versano i richiedenti protezione internazionale in Grecia.

Il Collegio ha più volte richiamato nella propria giurisprudenza in materia il documento dell’UNCHR di raccomandazioni del 15 aprile 2008, ed, in precedenza, del 9 luglio 2007 (Rinvio in Grecia di richiedenti asilo con domande di riconoscimento dello status di rifugiato "interrotte") e del novembre 2007 ("Studio UNHCR sulla trasposizione della Direttiva Qualifiche").

L’UNHCR – nel documento di raccomandazioni del 15 aprile 2008 – ha espresso la propria preoccupazione per le difficoltà che i richiedenti asilo incontrano nell’accesso e nel godimento di una protezione effettiva, in linea con gli standard internazionali ed europei ed ha raccomandato espressamente i Governi di non rinviare in Grecia i richiedenti asilo in applicazione del regolamento Dublino fino ad ulteriore avviso. Ha raccomandato, invece, ai Governi, "l’applicazione dell’art. 3 (2) del regolamento Dublino, che permette agli Stati di esaminare una richiesta di asilo anche quando questo esame non sarebbe di propria competenza secondo i criteri stabiliti dal regolamento stesso".

Il Collegio ha così ritenuto che le problematiche sul sistema asilo della Grecia, riscontrate dall’UNHCR sin dal novembre 2007, che avevano indotto nel 2008 sia la Norvegia che la Finlandia a sospendere i trasferimenti in Grecia e che avevano portato nel 2007 la stessa Unione Europea a promuovere una procedura di infrazione nei confronti della Grecia a causa della non conformità della propria legislazione al regolamento Dublino II, consentono di ritenere non sufficientemente approfondita la verifica della sussistenza di ragioni di opportunità idonee a giustificare l’applicazione della norma di chiusura, che consente allo stato membro in casi eccezionali di derogare alla formale applicazione della procedura di individuazione della competenza.

La difficile situazione nella quale versano i richiedenti asilo in Grecia, più volte denunciata da organismi internazionali, è stata oggetto di disamina da parte della stessa Corte europea dei diritti dell’Uomo che con decisione dell’11 giugno 2009 (ric. N.53541/07 S.D.c/ Grecia), ha ritenuto la Grecia responsabile della violazione dei diritti di un cittadino turco che aveva chiesto asilo nel 2007. Secondo la Corte europea, la Grecia, date le condizioni in cui l’uomo è stato detenuto, ha violato l’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani relativo al divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti, e l’articolo 5 della Convenzione che sancisce il diritto alla libertà e quello di contestare la legittimità della detenzione.

La stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con provvedimento del 18/11/08 ha ordinato allo Stato Italiano di non trasferire in Grecia un cittadino afgano richiedente asilo.

Ritiene dunque il Collegio che detti elementi, pur se deducibili da atti privi di forza cogente nell’attuale sistema normativo, avrebbero dovuto indurre, quanto meno, l’amministrazione ad effettuare una più approfondita valutazione della particolare situazione nella quale si sarebbe potuto trovare il ricorrente, in quanto richiedente asilo, chiarendo, proprio con riferimento alla situazione dello stesso, per quale ragione, nonostante le contrarie raccomandazioni internazionali, il suo trasferimento verso detto Stato dovesse ritenersi obbligatorio o comunque preferibile rispetto alla possibilità di far applicazione, nel caso in esame, dell’art. 3, c. 2 del regolamento CE 343/2003, (considerazioni queste condivise da TAR PugliaLecce, 24 giugno 2008, n. 1870, ed assunte a motivazione di ordinanze, in sede cautelare, da Cons. Stato Sez. VI ord. n. 666/09; 667/09; 668/09; 3293 del 26/6/09).

D’altra parte, nemmeno rilevante appare l’intervenuta ratifica e recepimento, da parte della Grecia, della "Direttiva procedure" (2005/85/CE) l’11/7/08, della "Direttiva qualifiche" (2004/83/CE) il 30/7/07 e della "Direttiva accoglienza" (2003/9/CE) il 13/11/07 oltre alla circostanza secondo cui dal luglio del 2008 non applica più il diniego automatico alle procedure d’asilo cosiddette "interrotte"e che nessun organo istituzionale europeo ha sanzionato la Grecia e nessun Paese europeo ha sospeso i trasferimenti verso la Grecia, ritenendo quindi non sussistenti i presupposti per l’applicazione dell’art. 3.2 del citato Regolamento.

Occorre rilevare che l’adeguamento normativo alle direttive comunitarie da parte dello Stato greco, al quale ha fatto riferimento il Ministero, non comporta automaticamente la cessazione dei gravi problemi che incontrano in Grecia i richiedenti asilo, attestati da organismi internazionali di sicuro spessore (Alto Commissario Onu per i Rifugiati) anche di recente (come ricordato dal ricorrente nei motivi aggiunti); peraltro, la criticità del cosiddetto "Sistema Dublino" è notoria in quanto denunciata non soltanto da organizzazioni quali Amnesty International ma desumibile – da ultimo – anche da quanto rappresentato dal Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Hammarberg dinanzi alla Corte di Strasburgo nell’udienza tenutasi a settembre 2010 sul ricorso riguardante un richiedente asilo afgano rinviato in Grecia dal Belgio (caso M.S.S. c/ Belgio e Grecia).

Risulta al Collegio, da ricerche eseguite in rete, che il Commissario del Consiglio d’Europa, dopo aver effettuato visite in Grecia dall’8 al 10 dicembre 2008 e dall’8 al 10 febbraio 2010, e dopo aver regolarmente monitorato la situazione nel paese, – pur apprezzando lo sforzo del governo greco per modificare il sistema di tutela dei rifugiati e porre rimedio alle sue gravi carenze strutturali -, ha osservato che le attuali disposizioni legislative e le prassi seguite in Grecia in materia di asilo non sono conformi alle norme internazionali ed europee in materia di garanzia dei diritti umani, in quanto i richiedenti asilo continuano ad affrontare enormi difficoltà in Grecia per avere accesso alla procedura di domanda di asilo e non godono sempre delle garanzie basilari, quali l’assistenza di un interprete e la consulenza legale. Inoltre, le vie di ricorso di cui dispongono attualmente per contestare il rifiuto della domanda di asilo non possono essere considerate effettive ed i richiedenti asilo trasferiti verso la Grecia rischiano di essere rinviati verso paesi pericolosi per la loro incolumità, mentre le condizioni di accoglienza in Grecia sono lungi dall’essere soddisfacenti.

Lo stesso Commissario ha rilevato la criticità del Regolamento Dublino II, in quanto la sua applicazione ha come conseguenza che alcuni paesi devono trattare un numero di domande di asilo che supera le loro capacità ed ha prospettato la possibilità alla Commissione europea di istituire un meccanismo volto a sospendere i trasferimenti e ad alleviare sul breve periodo i problemi degli Stati particolarmente sollecitati ai sensi del "Regolamento di Dublino.

Risulta quindi al Collegio, che in seguito a ciò, alcuni Paesi membri abbiano sospeso i trasferimenti in Grecia dei richiedenti asilo applicando la clausola di sovranità (il Belgio dal 10 ottobre 2010, la Norvegia dal 15 ottobre 2010, la Gran Bretagna dal 17 settembre 2010, l’Olanda dagli inizi di ottobre).

Appare dunque evidente al Collegio che – contrariamente a quanto ritenuto dall’Amministrazione – sussistono pienamente i presupposti per l’applicazione della clausola di salvaguardia, tenuto conto delle persistenti difficoltà che incontrano in Grecia i richiedenti asilo, e ciò nonostante sia intervenuto nel frattempo il recepimento delle direttive comunitarie, tanto che recentissimamente diversi Stati europei hanno deciso di sospendere i trasferimenti nello Stato ellenico sulla base del Regolamento Dublino II.

In conclusione, per i suesposti motivi, il ricorso principale è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse mentre il ricorso per motivi aggiunti è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento del provv. prot. ITA115365 del 16 ottobre 2010.

Le spese di lite, sussistendo giusti motivi, possono essere compensate tra le parti
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così decide:

– dichiara improcedibile il ricorso principale;

– accoglie il ricorso per motivi aggiunti e per l’effetto dispone l’annullamento del provv. prot. ITA115365 in data 16 ottobre 2010;

– compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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