Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-12-2010) 16-03-2011, n. 10734

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 10 febbraio 2009, il Tribunale di Gela dichiarava B.E. colpevole del delitto di estorsione di cui al capo A, Bo.Ma. del delitto di estorsione di cui al capo C e R.C. colpevole dei delitti di estorsione di cui ai capi D ed E; reati tutti aggravati a norma del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 e commessi in danno di C.R., gestore della (OMISSIS), nei cui confronti detti soggetti facevano valere la loro appartenenza alla famiglia di Gela di "Cosa Nostra" e l’esigenza di sostentamento delle famiglie dei detenuti.

In particolare, quanto al capo A, al B. è stato contestato di avere, in concorso con M.E., costretto il C. a versare la somma di L. 500 mila (in (OMISSIS)).

Quanto al capo C, al Bo. è stato contestato di avere costretto il C. a versare analoga somma (in Gela, tra il 1998 e il 1999).

Al R. è stato contestato, quanto al capo D, di avere, in concorso con G.R., costretto il C. a versare la somma di Euro 250 (in (OMISSIS)); e, quanto al capo E, di avere, in concorso con A.G., costretto il C. a versare la somma di Euro 200 (in (OMISSIS)).

2. A seguito di appello degli imputati, la Corte di appello di Caltanissetta, con la sentenza in epigrafe, rigettava il ricorso del R. e ritenuta, quanto al B. e al Bo., la continuazione tra i riferiti reati e altri oggetto di precedente giudicato, rideterminava la pena agli stessi inflitta a norma dell’art. 81 c.p., comma 2. 3. Osservava la Corte di appello che le prove a carico degli imputati derivavano dalle dichiarazioni della persona offesa, valutate attendibili nonostante alcune lievi imprecisioni temporali, riscontrate in vario modo dalle dichiarazioni, anch’esse attendibili, di collaboratori di giustizia ( Tr.Ro., Z. B., T.E. e L.N.) nonchè, in parte, dal contenuto di colloqui intercettati.

4. Ricorrono per cassazione i predetti imputati.

5. L’avv. Dino Giovanni Milazzo, ricorre, con un unico atto dallo stesso sottoscritto, nell’interesse di B. e di R..

5.1. Con riferimento al B., denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, in primo luogo, in punto di affermazione della responsabilità penale, osservando che i giudici di merito, travisando i fatti, non avevano considerato che la condotta contestata era temporalmente inconciliabile con lo stato di detenzione dell’imputato, ristretto prima in carcere dal 12 maggio 1995 al 15 maggio 1996 e poi sottoposto al regime degli arresti domiciliari dal 15 maggio 1996 al 21 marzo 1997. Nella sentenza impugnata non si teneva per nulla conto di quest’ultimo periodo di restrizione domiciliare, che di per sè escludeva che l’imputato potesse avere commesso la condotta estorsiva, collocata temporalmente tra il 1995 e il 1996.

Per di più, il periodo di libertà del B. non aveva mai coinciso con quello del correo M., ristretto dal 3 dicembre 1992 al 5 agosto 1995, sicchè, tenuto conto anche dei riferimenti temporali fatti dalla persona offesa, non era possibile ipotizzare che la condotta estorsiva fosse stata posta in essere prima del mese di maggio 1995.

Altro travisamento del fatto si incentra sull’affermazione secondo cui G.A. era in condizione di libertà al pari del B. nel periodo compreso tra il 20 luglio 1995 e il 3 maggio 1996; dato che in tale periodo il B. si trovava ristretto in carcere.

5.2. In punto di determinazione della pena a titolo di aumento per la continuazione, erroneamente, poi, era stata computata quella di anni 3, mesi 10 di reclusione ed Euro 500 di multa con riferimento alla sentenza della Corte di appello di Caltanissetta in data 9 dicembre 2002, dato che questa era stata successivamente rideterminata in anni 3 di reclusione ed Euro 1.000 di multa.

5.3. Con riferimento al R., denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, in primo luogo, in punto di affermazione della responsabilità penale, osservando che i giudici di appello, con riferimento al capo E, non avevano tratto le dovute conclusioni dal riconosciuto errore nel quale era incorso il Tribunale affermando che egli era stato accompagnato a ritirare i proventi dell’attività estorsiva da A.G..

Inoltre: dalla scheda della Squadra Mobile di Caltanissetta non risultava che il R. fosse stato vicino ad ambienti mafiosi; la persona offesa C., come da lui stesso poi riconosciuto, aveva erroneamente in un primo tempo identificato in P.M. uno degli estorsori di cui al fatto sub D, per poi individuarlo in G.R.; con riferimento al capo E, dall’esame del teste C.F., da quello dell’imputato di reato connesso A. G. e dalla produzione documentale prodotta dalla difesa, emergeva con chiarezza che la persona offesa aveva erroneamente scambiato il R. con il G., persone tra loro fortemente somiglianti; la sentenza impugnata non aveva dato risposta ai motivi di appello con le quali si evidenziava che erano state travisate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia T., Z. e Tr..

6. Nell’interesse del Bo., l’avv. Antonio Gagliano, deduce:

6.1. illegittima utilizzazione delle dichiarazioni (mai acquisite al fascicolo per il dibattimento) rese in sede di indagini preliminari dal collaboratore di giustizia T.E. e dalla persona offesa C.R.;

6.2. travisamento dei dati processuali e violazione delle regole in tema di valutazione della prova, in quanto: il C. non aveva riconosciuto il B. in sede di incidente probatorio; lo stesso C. aveva mostrato un’assoluta incertezza circa i riferimenti temporali in cui egli sarebbe stato vittima della condotta estorsiva del Bo.; il medesimo C. aveva infine dovuto ammettere che era pervenuto alla identificazione del Bo. sulla base della lettura di giornali e di sue personali indagini;

6.3. violazione delle regole sulla competenza del tribunale per i minorenni, essendo i fatti riferiti dalla persona offesa collocabili tra il 1995 e il 1997, quando il Bo. era ancora minorenne, avendo raggiunto la maggiore età solo nel marzo del 1997.
Motivi della decisione

1. I ricorsi appaiono manifestamente infondati o comunque attinenti a profili di fatto adeguatamente e logicamente illustrati nella sentenza impugnata.

2. Quanto al B., considerato che la contestazione riguarda una condotta posta in essere in data imprecisata, tra il 1995 e il 1996, correttamente la Corte di appello ha osservato che non sussisteva alcuna inconciliabilità temporale con il periodo di carcerazione subito dall’imputato, che è iniziato solo nel maggio 1995; e che comunque, essendo stato il fatto realizzato dal B. in concorso con il M., con plurime minacce in danno di C.R., ben poteva essere stata la richiesta estorsiva materialmente reiterata da quest’ultimo dopo il periodo temporale di carcerazione sofferta, compreso tra il dicembre 1992 e l’agosto 1995.

I rilievi circa la inconciliabilità temporale tra le rivelazioni che tale G.A. avrebbe fatto al C. circa l’autore di un attentato alla saracinesca del suo locale e il periodo di carcerazione subito dal G., anche volendo prescindere dalla circostanza che non attengono al fatto contestato, sono stati puntualmente e logicamente disattesi dalla Corte di merito, e sul punto il ricorrente si limita a reiterare le sue critiche senza prendere specificamente in esame le argomentazioni svolte al riguardo nella sentenza impugnata.

Il motivo relativo al trattamento sanzionatorio, in relazione all’aumento per la continuazione, appare del pari manifestamente infondato, posto che dal certificato penale risulta che la pena inflitta dalla Corte di appello di Caltanissetta con sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. in data 9 dicembre 2002, divenuta irrevocabile il 13 febbraio 2003, è pari ad anni quattro e mesi dieci di reclusione, fermo restando che in sede esecutiva, sussistendone i presupposti, il trattamento sanzionatorio può essere complessivamente rivisitato in applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen..

3. Quanto al R., le censure svolte dal ricorrente appaiono implicare aspetti di ricostruzione del fatto accuratamente esplorati dalla Corte di appello.

In particolare, con riferimento al capo E, l’errore di individuazione in tale A.G. del soggetto che l’11 aprile 2007 si era accompagnato con l’imputato presso la pizzeria del C. per ritirare i proventi dell’attività estorsiva è stato ineccepibilmente considerato irrilevante, a fronte dei precisi elementi (tra cui la testimonianza del C., persona ritenuta attendibile in quanto non mossa da particolari motivi di astio nei confronti dell’imputato, le conversazioni ambientali intercettate, i contatti inequivoci tra l’imputato e la persona offesa riscontrati dall’isp. G.) attestanti l’infondatezza della tesi difensiva secondo cui il R. frequentava il locale del C. solo per l’acquisito di pizze.

Quanto al fatto suo D, la prova della responsabilità dell’imputato è stata correttamente affermata sulla base, tra l’altro, delle circostanziate dichiarazioni del C. riscontrate dalla osservazione da parte di personale del Commissariato di Gela di due persone, tra cui una individuata nel R., che in un giorno del mese di novembre discutevano animatamente con il C. davanti al locale di questo.

4. Simili considerazioni conducono alla valutazione di inammissibilità del ricorso del Bo..

In primo luogo, contrariamente a quanto dedotto, nella sentenza impugnata si osserva che il C., nonostante alcuni problemi di vista, ha riconosciuto il Bo., prima in sede di indagini e poi in incidente probatorio, come il soggetto autore delle estorsioni in suo danno. Inoltre la fondatezza dell’accusa è riscontrata dalle dichiarazioni dei collaboratori T.E., Tr.

R. e L.N..

La deduzione circa la illegittima utilizzazione delle dichiarazioni rese in sede di indagini dalla persona offesa e dal collaboratore T., oltre che di per sè non decisiva, non risulta essere stata espressa nell’atto di appello, e come tale appare quindi inammissibile.

La collocazione temporale dei fatti è stata ritenuta compatibile con l’epoca in cui l’imputato aveva raggiunto la maggiore età (marzo 1997), avendo la persona offesa fatto riferimento generico a un arco di tempo tra il 1995 e il 1997 – si tratta di valutazione di fatto che, in quanto logicamente motivata, si sottrae a censure in questa sede di legittimità. 5. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si ritiene di determinare, in ragione delle questioni dedotte, in Euro mille ciascuno.

I ricorrenti vanno inoltre condannati a rifondere alla parte civile FAI le spese sostenute nel grado, che si ritiene di liquidare complessivamente in considerazione dell’impegno speso, in Euro 3.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 ciascuno in favore della cassa delle ammende.

Condanna inoltre i ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali m favore della parte civile F.A.I., che liquida in complessivi Euro 3000 comprensivi di spese generali, oltre IVA e CPA come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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