Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-05-2011, n. 11825 corrispettivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La srl SO.COS. citò innanzi al Tribunale di Udine la srl Costruzioni Sacchetto, chiedendo che venisse accertato l’esatto ammontare dell’importo ancora dovuto a quest’ultima, a titolo di corrispettivo per lavori di ristrutturazione compiuti dalla convenuta, per incarico di essa attrice, su un immobile sito in (OMISSIS), stante la circostanza che non vi sarebbe stata l’esatta predeterminazione dei lavori necessari, che pertanto erano stati eseguiti di volta in volta su indicazione del direttore dei lavori; fece altresì valere l’inosservanza della appaltatrice dei limiti giornalieri di produttività – al fine di attivare la penale all’uopo stabilita – nei termini della penale all’uopo pattuita.

La Costruzioni Sacchetto si costituì osservando che solo formalmente era stato stipulato un contratto di appalto in quanto, in realtà, l’esecuzione delle opere era avvenuta con la forma " a regia", cioè sotto le direttive continue e cogenti del direttore dei lavori che, per incarico della committenza, aveva chiesto l’esecuzione di numerose varianti. Concluse affinchè parte attrice fosse condannata al pagamento del residuo corrispettivo, determinato in L. 155.043.865 per revisione prezzi e L. 110 milioni per S.A.L. ancora non versati , oltre rivalutazione, interessi e spese.

Venne chiamata in corso di causa P.E. sostenendo la SO.COS. di aver agito come mera mandataria della prima; questa si costituì e chiese respingersi la domanda. Effettuata CTU e proseguito il giudizio dal Fallimento della Costruzioni Sacchetto, nel frattempo intervenuto, l’adito Tribunale, pronunziando sentenza n. 167/2002, condannò la SO.COS e la P. in via solidale – sul presupposto di un mandato con rappresentanza della seconda alla prima- a pagare la somma di Euro 278.381,86 (di cui Euro 120.973,61 per sorte capitale;

Euro 117.156,83 per interessi al 31 agosto 1999; Euro 205,21 per commissioni bancarie ed Euro 41.038,30 a titolo di IVA) oltre maggiori interessi sino al saldo effettivo.

La Corte di Appello di Trieste, decidendo sui separati appelli della SO.COS e della P., nella resistenza del Fallimento della Costruzioni Sacchetto, escluse la solidarietà tra la P. medesima e l’appaltante, mancando qualunque prova del mandato con rappresentanza che si assumeva intercorso tra le due parti; disattese il motivo di gravame relativo alla invalidità della sentenza per mancato accoglimento della istanza di ricusazione del CTU da parte della SO.COS.; condivise il calcolo dell’ausiliare in merito al tipo ed al corrispettivo dei lavori eseguiti e la quantificazione degli interessi di mora. Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il fallimento della srl SO.COS., facendo valere cinque motivi; il Fallimento della Costruzioni Sacchetto non ha svolto difese; la P. non è stata citata.
Motivi della decisione

1 – Con il primo motivo il ricorrente lamenta "violazione e falsa applicazione degli artt. 192 e 63 c.p.c. ed insufficiente ovvero contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia (id est nullità della perizia)" adducendo che la Corte distrettuale non avrebbe dato conto, con motivazione congrua, del motivo di appello con il quale si era censurata la decisione del giudice di pace di non procedere alla sostituzione del CTU, pur in presenza di cause di incompatibilità per lo stesso di assumere l’incarico.

1/a Il motivo è inammissibile.

Va innanzi tutto messo in evidenza che nella fattispecie, lamentandosi la violazione di norme sul processo – con implicito richiamo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – si sarebbe dovuto argomentare circa la dedotta incidenza della loro violazione sull’esistenza stessa della sentenza, atteso che gli errores in procedendo contemplati dalla citata norma sono appunto solo quelli dai quali derivi per discendenza diretta la nullità della sentenza e non già quelli, che pur consistendo – secondo allegazione – in un mancato rispetto delle norme procedimentali, non abbiano di per sè effetti sulla struttura e sulla legittimità della sentenza ma solo sulla formazione dell’iter logico seguito dal giudice.

Ciò determina due conseguenze: la prima consiste nella non sussumibilità delle violazioni richiamate nel motivo in esame nei vizi che consentono alla Corte una delibazione diretta degli atti di causa ; la seconda è che dette censure impingono nel diverso vizio di motivazione – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Poste tali premesse allora deve affermarsi la inammissibilità del mezzo perchè, in deroga al principio di autosufficienza del ricorso – pur nella formulazione dell’art. 366 c.p.c. anteriore all’introduzione del n. 6, ad opera della L. n. 69 del 2009 – non sono stati riportati nè il contenuto dell’istanza di ricusazione operata in prime cure – sicuramente depositata al di fuori dei termini di cui all’art. 62 c.p.c. per la dedotta e non dimostrata "scoperta", successivamente al conferimento dell’incarico, della contiguità professionale con la società Costruzioni Sacchetto-; la risposta ad essa fornita dal CTU -che pure, secondo la narrativa di fatto contenuta nel ricorso, era stato espressamente convocato dal giudice di primo grado per dedurre in merito agli addebiti formulati – tardivamente – dalla difesa avversaria -, come neppure il motivo di appello riguardante la mancata adozione da parte del G.O.A. di provvedimenti espressi sulla richiesta di ricusazione – dei quali peraltro v’è traccia a fol. 6 del ricorso, pur se qualificati come "ordinanze interlocutorie"- e neanche la sentenza di primo grado – nella quale la relativa questione sarebbe stata insufficientemente esaminata – nella sua interezza, atteso che l’esclusione della fondatezza della ricusazione poteva trarsi per implicito dal corpus argomentativo della decisione considerato nel suo complesso.

2 – Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la "violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 2697 c.c.;

insufficiente ovvero contraddittoria motivazione in punto decisivo della controversia (id est il diritto di credito vantato dalla committente odierna ricorrente) assumendo l’erronea valutazione da parte del giudice di secondo grado là dove, non delibando le critiche mosse nell’appello, aveva confermato la sentenza di primo grado che a sua volta aveva escluso la debenza della penale, ritenendo raggiunto il ed. indice di produttività media giornaliera primo grado – superato il quale detta penale sarebbe stata dovuta – sull’erroneo presupposto che l’importo dell’appalto fosse di L. 486.218.398, mentre esso rappresentava solo la parte ammessa al contributo regionale.

2/a – Anche tale motivo è inammissibile.

Come per il ricorso che precede la doglianza interessa la motivazione su un capo di decisione, piuttosto che l’error in procedendo sussumibile nella disciplina dell’art. 112 c.p.c. o la violazione della ripartizione dell’onere della prova; ciò posto, nuovamente deve mettersi in evidenza che la parte non ha riprodotto nel ricorso:

l’elaborato della CTU effettuata in primo grado; i motivi di appello sul punto del denunciato errore valutativo da parte del GOA e la parte della sentenza del primo giudice interessata dalla censura, così impedendo ogni ulteriore e diverso scrutinio da parte di questa Corte.

3 – Con il terzo motivo viene fatta valere la "violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c.; insufficiente ovvero contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (id est la quantificazione del credito della resistente" sostenendosi che erroneamente la sentenza – sulla scorta delle indicazioni del CTU, al quale era stato affidato l’incarico di procedere alla liquidazione delle opere contabilizzate – aveva applicato differenti criteri di indicizzazione dei lavori: per quelli attinenti ai SAL dal n. 1 al 21 si sarebbe tenuto conto del c.d. prezziario DT5, giusta previsione contrattuale; per quelli dal 22 al 41 detta percentuale era stata aumentata e, nuovamente in aumento sarebbe stata calcolata per i SAL dal 42 al 52. L’errore valutativo della sentenza di primo grado, trasmesso a quella d’Appello che ne aveva condiviso le conclusioni, sarebbe consistito nel fatto che sarebbero stati ritenuti leciti tutti e tre i differenti criteri di indicizzazione, ritenendo presuntivamente esistente – sulla base dei chiarimenti richiesti al CTU – , quanto al secondo ed al terzo, una implicita volontà derogatoria delle parti, che invece avrebbe dovuto essere provata specificamente.

3/a – La mancata riproduzione: della relazione di CTU, del diniego del direttore dei lavori della SO.COS. alla nuova indicizzazione;

della sentenza di primo grado e dell’atto di appello costituiscono, per le ragioni più sopra messe in evidenza, violazioni del principio di autosufficienza del ricorso che impediscono ogni ulteriore scrutinio in merito ai punti controversi, sì da far pervenire ad un giudizio di inammissibilità anche per il motivo in esame.

4 – Con il quarto motivo il Fallimento ricorrente deduce l’esistenza di una " violazione e falsa applicazione dell’art. 1284 c.c., comma 3; D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 35 e art. 2697 cod. civ.;

insufficiente motivazione in punto decisivo della controversia (id est l’individuazione del saggio applicabile agli interessi liquidati" sostenendo che la Corte distrettuale avrebbe immotivatamente applicato gli interessi di cui alla normativa speciale sugli appalti pubblici senza che la stessa fosse stata richiamata nel capitolato di appalto: il ricorso è fondato in quanto la Corte territoriale non ha fornito spiegazione sufficiente – se si esclude il mero rinvio alle conclusioni alle quali era pervenuto il CTU- dell’applicazione della specifica percentuale prevista dal D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 35 per gli interessi moratori , in particolare omettendo di esplicitare se ed in qual misura le società in bonis avessero recepito nell’assetto di interessi negoziale tale specifica regolamentazione, stabilita per legge per gli appalti in cui fosse parte la pubblica amministrazione.

5 – Con l’ultimo mezzo il Fallimento ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 91 c.p.c." in forza della constatazione che la Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione il motivo di appello con il quale si faceva valere l’illegittima condanna al pagamento delle spese del consulente di parte della Costruzioni Sacchetto, senza che fosse stata prodotta alcuna notula del predetto professionista o ricevuta di pagamento al medesimo: anche tale motivo è fondato in quanto la Corte triestina non ha esaminato il quarto motivo di appello ( vedi fol 6 della gravata decisione).

6 – La sentenza va dunque cassata in relazione ai motivi accolti e il conseguente ulteriore giudizio è demandato a diversa sezione della Corte di Appello di Trieste che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il quarto e quinto motivo di ricorso e rigetta gli altri;

cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Trieste in diversa composizione che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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