Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-05-2011, n. 11820 Parti comuni dell’edificio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

icorso principale.
Svolgimento del processo

C.A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli D.L. esponendo: di essere proprietaria di un vano magazzino sito in (OMISSIS), confinante, lateralmente, con il fabbricato di proprietà di I.N. e, superiormente, con la proprietà di L. D., riportato in catasto alla partita 1687, foglio 42, particella n. 35/2; che il fabbricato in cui erano ubicate le unità immobiliari dei predetti era unico e tra le parti comuni dell’edificio dovevano annoverarsi i lastrici solari, posto che dai titoli di proprietà essi non risultavano trasferiti ad un unico proprietario; che il D. aveva trasformato la destinazione di detti lastrici pavimentando il terrazzo, munendolo di parapetto e attrezzandolo con una scala di accesso in modo da garantirsi il godimento dello stesso; che in tal modo il D., impedendole di fare lo stesso uso della cosa comune, ne aveva alterato la destinazione, violando le prescrizioni dell’art. 1102 cod. civ.;

pertanto, l’attrice chiedeva che fosse dichiarata la natura condominiale del lastrico solare con la condanna del convenuto al ripristino dello stato dei luoghi, oltre al risarcimento dei danni.

D.L., ritualmente costituitosi, eccepiva la non integrità del contraddittorio, in ordine alla domanda di accertamento della proprietà condominiale del terrazzo, che dai titoli di proprietà non risultava tale; nel merito, chiedeva il rigetto della domanda, deducendo che il terrazzo costituiva una pertinenza esclusiva dell’appartamento ubicato al primo piano di sua proprietà, solo dal quale era possibile accedere.

Al presente giudizio era riunito quello proposto da D. nei confronti degli altri condomini, oltrechè dell’attrice, con il quale il predetto aveva chiesto l’accertamento del diritto di proprietà esclusiva del terrazzo di cui assumeva di essere titolare.

Con sentenza n. 1061/03 il Tribunale accoglieva in parte la domanda proposta dall’attrice, dichiarando che il terrazzo de quo era comune ai proprietari delle unità immobiliari ubicate nell’edificio;

rigettava la domanda di ripristino sul rilievo che i lavori eseguiti non avevano alterato la destinazione della cosa comune nè avevano impedito agli altri l’uso. Con sentenza dep. il 19 maggio 2005 la Corte di appello di Napoli rigettava l’impugnazione principale proposta dall’attrice, da M.P. e M.M. nonchè quella incidentale avanzata dal D. a Per quanto concerneva l’impugnazione principale, i Giudici ritenevano che secondo quanto riferito dai testi escussi, il lastrico di copertura era già munito di parapetto almeno su tre lati mentre il teste Co. aveva riferito di avere progettato dei lavori al terrazzo con l’accordo di tutti e tre i proprietari; in ogni caso, i lavori di pavimentazione e di completamento del parapetto, anche se fossero stati eseguiti dal D., sarebbero andati a beneficio anche degli appellanti, per cui i medesimi erano al riguardo carenti di interesse a fare valere la domanda di ripristino.

La presenza della scala di accesso dall’appartamento del convenuto risultava dal titolo di acquisto del medesimo, mentre lo spostamento della botola e la sostituzione dell’originaria scala in legno con altra in muratura non aveva inciso sull’accessibilità al terrazzo da parte degli altri condomini e che l’accesso comunque doveva avvenire attraverso l’appartamento del D..

Per quel che concerneva l’impugnazione incidentale, l’eccezione di difetto di integrità del contraddittorio avanzata dal D. era respinta sul rilievo che, per quanto riguardava la domanda proposta dall’attrice, ciascun condomino è legittimato ad agire a tutela delle cose comuni e, per quanto concerneva l’accertamento della proprietà esclusiva del terrazzo, nei giudizi riuniti erano stati presenti tutti i condomini. Nel merito, dal titolo di acquisto non era risultata la pertinenzialità all’appartamento del D. del lastrico solare, il quale svolgeva funzione di copertura del fabbricato e non era destinato al servizio esclusivo dell’unità immobiliare del predetto, essendo ritenuta irrilevante la ripartizione delle spese ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., atteso che l’accordo relativo non poteva costituire rinuncia al diritto da parte dei condomini che ne avevano beneficiato nè attribuzione della proprietà esclusiva a favore del condomino gravato da tale accordo; infine per quanto riguardava il rimborso delle spese sostenute per la riparazione del terrazzo, il convenuto non aveva offerto la relativa prova.

Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione la C., M.P. e M.M. sulla base di un unico motivo illustrato da memoria.

Resiste con controricorso il D., proponendo ricorso incidentale affidato a quattro motivi.
Motivi della decisione

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perchè sono stati proposti avverso la stessa sentenza.

RICORSO PRINCIPALE. Con l’unico motivo i ricorrenti, lamentando violazione o falsa applicazione dell’art. 1102 cod. civ., censurano la sentenza impugnata che non si era uniformata ai principi in materia di godimento della cosa comune da parte del comproprietario e dei limiti imposti al riguardo dall’art. 1102 cod. civ.:

il convenuto aveva trasformato il lastrico adibito a scolo delle acque in terrazza calpestatole, sottraendolo all’uso e alla destinazione comune ed asservendolo alla sua proprietà, sicchè anche la modifica della scala di accesso e il mancato ripristino dei luoghi comportavano l’estensione del possesso esercitato dal convenuto idoneo all’usucapione.

Il motivo è infondato.

La sentenza ha innanzitutto escluso che il D. avesse compiuto lavori di trasformazione ovvero avesse esteso arbitrariamente il godimento del lastrico sottraendolo a quello dei convenuti: al riguardo, è stato evidenziato che l’accesso era stato da sempre praticato dal suo appartamento attraverso una scala – che era indicata nel contratto di acquisto – a mezzo della quale gli altri condomini raggiungevano il lastrico e tale situazione non era stata minimamente modificata, mentre i lavori di pavimentazione e di impermeabilizzazione costituivano miglioramento della cosa comune di cui si avvantaggiavano anche gli altri comproprietari.

Orbene, i precedenti di legittimità citati dai ricorrenti sono del tutto inconferenti, perchè formulati con riferimento a fattispecie del tutto diverse da quella in esame atteso che, come si è detto, a stregua degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito nell’ambito dell’indagine al medesimo riservata, le opere realizzate dal convenuto non avevano minimamente inciso nè sulla destinazione della cosa comune nè sul pari uso da parte degli altri condomini, i quali anzi venivano a beneficiare della loro realizzazione, perchè si trattava di opere che consentivano la migliore utilizzazione del bene comune: i Giudici hanno escluso la ricorrenza dei presupposti in base ai quali potessero ritenersi violati i limiti sanciti dall’art. 1102 cod. civ. La doglianza, invece, si basa su presupposti fattuali del tutto diversi da quelli posti dai giudici di merito a base della decisione e, pur facendo riferimento ai violazioni di legge e a vizi di motivazione, si risolve nella prospettazione di una ricostruzione del fatto difforme da quella accolta dai Giudici di merito, dovendo qui ricordarsi che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre il vizio di falsa applicazione delle legge riguarda la sussunzione del fatto, accertato dal giudice di merito, nella ipotesi normativa:

viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione che nella specie è insussistente e che peraltro non è stato dedotto secondo il paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dovendo qui ricordarsi che il vizio deducibile ai sensi della norma citata deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto). Pertanto, il ricorso principale va rigettato. RICORSO INCIDENTALE. Con il primo motivo il ricorrente, lamentando nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 102 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata che non aveva rilevato la non integrità del contraddittorio, in violazione del principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui nel caso in cui la domanda sia diretta alla all’accertamento della proprietà di un bene e alcuni condomini ne eccepiscano la proprietà esclusiva, si configura un ipotesi di litisconsorzio necessario che va integrato nei confronti di tutti i condomini. Del tutto irrilevante è il riferimento all’avvenuta riunione dei giudizi in questione, attesa l’autonomia e individualità delle cause riunite.

Il motivo è infondato.

Occorre premettere che: nel primo giudizio l’attrice, deducendo ai sensi dell’art. 1102 cod. civ. l’alterazione della destinazione del lastrico solare, aveva chiesto che ne fosse dichiarata la natura condominiale e che il convenuto fosse condannato al suo ripristino;

il convenuto aveva chiesto il rigetto della domanda eccependo che il terrazzo costituiva pertinenza esclusiva del suo appartamento; nel successivo giudizio, l’attore aveva chiesto l’accertamento della proprietà esclusiva del lastrico solare, convenendo in giudizio tutti i condomini.

Orbene, l’azione proposta dall’attrice, essendo volta alla tutela della proprietà comune, cui è legittimato ogni comproprietario, non richiedeva la presenza in giudizio degli altri condomini: in tale sede il convenuto, d’altra parte, si era limitato a sollevare un eccezione riconvenzionale che, a differenza della domanda riconvenzionale, è finalizzata a paralizzare l’avversa domanda e non forma oggetto di autonoma pronuncia e di accertamento suscettibile di passare in cosa giudicata, per cui nessun pregiudizio era configurabile nei confronti degli altri condomini nè la sentenza poteva ritenersi inutiliter data. Dunque, non ricorrevano i presupposti per configurare l’esistenza di un litisconsorzio necessario. Il secondo motivo, lamentando violazione o falsa applicazione degli artt. 817, 818, 1117, 1362, 2733 cod. civ. degli artt. 115 e 228 cod. proc. civ. nonchè omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata laddove aveva escluso il diritto di proprietà esclusiva del convenuto sul terrazzo di copertura, disattendendo le risultanze istruttorie, attese le dichiarazioni confessorie rese dall’attrice in sede di interrogatorio formale e di quanto emerso dalla deposizione del teste Co., relativamente all’accordo per la ripartizione delle spese del terrazzo. La Corte aveva erroneamente negato la natura pertinenziale del terrazzo che, essendo accessibile unicamente dall’appartamento di proprietà di esso convenuto, era un bene destinato all’uso e al godimento esclusivo del condomino, per cui andava escluso dai beni comuni di cui all’art. 1117 cod. civ., dovendo considerarsi secondaria la funzione di copertura. La sentenza aveva violato la norma di cui all’art. 817 cod. civ., atteso che per effetto della sua natura pertinenziale, la proprietà del terrazzo doveva ritenersi trasferita unitamente alla vendita dell’appartamento; il che era confermato dal fatto che l’attrice, in venti anni, non era mai salita sul terrazzo de quo. Il motivo è infondato.

La sentenza ha verificato che il lastrico solare è destinato a copertura del fabbricato, facendo correttamente discendere da tale essenziale funzione -svolta a vantaggio dell’intero edificio di cui esso costituisce parte necessaria – la natura di bene comune secondo la presunzione di cui all’art. 1117 cod. civ.: in presenza di tale situazione è evidentemente del tutto irrilevante di per sè che il convenuto abbia un accesso al terrazzo praticabile esclusivamente dal suo appartamento. Al riguardo, va ricordato che il diritto di condominio sulle parti comuni dell’edificio ha il suo fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per l’esistenza dell’edificio stesso, ovvero che siano permanentemente destinate all’uso o al godimento comune, sicchè in presenza di tali presupposti opera la presunzione di comproprietà posta dall’art. 1117 cod. civ.: nelle specie non ricorre evidentemente l’ipotesi in cui la presunzione di comunione è superata per essere la cosa, in considerazione delle obbiettive caratteristiche strutturali, destinata al servizio in modo esclusivo all’uso o al godimento di una parte dell’immobile. Ed invero, in presenza della ricordata funzione del lastrico solare, sarebbe stato onere del convenuto fornire la prova del titolo contrario su cui fondare il diritto di proprietà esclusiva ovvero l’acquisto per usucapione. In proposito, occorre considerare che – a prescindere dal rilevare che in generale l’acquisto della proprietà immobiliare richiede la forma scritta ad substantiam del relativo atto traslativo e non potrebbe certo essere fornita dalla confessione giudiziale della controparte – titolo contrario alla presunzione di comproprietà di cui al citato art. 1117 è l’atto relativo alla prima vendita di una unità immobiliare a seguito della quale viene a costituirsi una situazione di condominio, situazione che è determinata dal frazionamento dell’edificio conseguente all’alienazione dall’originario unico proprietario il titolo deve contenere una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente ad uno dei condomini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri.

La sentenza ha al riguardo escluso che la proprietà esclusiva del lastrico solare a favore del convenuto fosse risultata dal titolo o che si fossero verificati in presupposti dell’usucapione.

Il terzo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. degli artt. 1102, 1117 e 1126 cod. civ., denuncia l’omessa pronuncia in ordine alla domanda alternativa relativa alla titolarità del diritto di uso esclusivo del terrazzo di copertura del fabbricato, rilevando che tale domanda, avanzata con l’atto di citazione, era stata riproposta in grado di appello anche ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. Il motivo va disatteso.

Il ricorrente, avendo denunciato la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., aveva a pena di inammissibilità della censura l’onere – che non ha assolto – di allegare e dimostrare di avere formulato con i motivi di appello una specifica censura, trascrivendo le argomentazioni poste a base della doglianza, non essendo al riguardo sufficiente la mera riproposizione di domande rispetto alle quali il medesimo era risultato integralmente soccombente.

Il quarto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. dell’art. 1126 cod. civ., denuncia l’omessa pronuncia in ordine alla domanda di cui al punto 4) dell’atto di citazione, con cui era stato chiesto che venisse determinato in generale il criterio di ripartizione delle spese relative al terrazzo, domanda che pertanto era ben diversa e separata da quella di cui al capo 5) dell’atto di citazione.

Il motivo è infondato.

La sentenza ha in effetti preso in esame la domanda di rimborso delle spese effettuate relativamente al terrazzo (rigettandola), avendo evidentemente interpretato tale domanda nel senso che la richiesta di accertamento che i convenuti erano tenuti a partecipare alle spese di cui al punto 4) costituisse la premessa logico – giuridica della richiesta di condanna formulata con il successivo punto 5), su cui si è pronunciata: l’interpretazione della domanda è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se non per violazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e segg. o per vizi di motivazione, che non sono stati specificamente dedotti. Anche il ricorso incidentale va rigettato.

In considerazione della soccombenza reciproca sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese della presente fase.
P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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