T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 14-03-2011, n. 2279 vincoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, con istanza del 9/12/04 ha chiesto il rilascio della sanatoria ai sensi della L. 326/03 con riferimento ad un immobile di sua proprietà realizzato nel Comune di Cerveteri sul terreno distinto in catasto al foglio 11, part. 274, destinato in parte ad abitazione ed in parte a magazzino per un totale di circa mq. 85 per una cubatura di mc. 252 circa.

L’area sulla quale ricade il manufatto abusivo è gravata da vincolo ai sensi dell’art. 142 comma 1 lett. c) e g) del D.Lgs. n. 42/04.

Il ricorrente ha quindi chiesto al Comune di Cerveteri il rilascio dell’autorizzazione paesistica ai sensi dell’art. 159 del D.Lgs. 42/04.

Con il provvedimento del 4/3/08 n. 16 il Comune di Cerveteri ha rilasciato il parere favorevole ai fini della sanatoria.

Detto provvedimento è stato annullato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma, Rieti e Viterbo con decreto del 26/6/09.

Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di impugnazione:

1. Violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90.

Lamenta il ricorrente la violazione della suddetta disposizione.

2. Illegittimità per difetto di presupposti, difetto di motivazione, violazione dei limiti posti dalla legge al riesame da parte della Soprintendenza.

Sostiene il ricorrente che l’istruttoria eseguita dal Comune sarebbe stata completa ed infatti il parere favorevole sarebbe stato rilasciato dopo aver accertato che il fabbricato sarebbe di modestissima entità, che il fosso si troverebbe in fondo ad un vallone profondo e a notevole distanza dal luogo ove si trova la costruzione, che – peraltro – sorgerebbe al di fuori della zona boscosa; inoltre l’attuale fabbricato sarebbe stato realizzato al posto di un rudere che costituiva un ben più grave vulnus all’ambiente circostante.

L’annullamento sarebbe stato disposto sulla base di una motivazione stereotipata e dopo aver svolto valutazioni di merito.

3. Violazione di legge.

Rileva, infine, il ricorrente che il provvedimento impugnato non potrebbe fondarsi neppure sulla disposizione di cui all’art. 32 comma 27 del D.L. 269/03, convertito in L. 326/03 e dell’art. 3 della L.R. Lazio n. 12/04, in quanto il divieto di sanatoria per i manufatti edificati in zone vincolate non riguarderebbe i casi di costruzioni conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, situazione che ricorrerebbe nel caso di specie, essendo egli un imprenditore agricolo e dunque autorizzato a realizzare manufatti a servizio delle attività agricole ai sensi dell’art. 55 della L.R. Lazio n. 38/99.

4. Illogicità manifesta.

Sostiene il ricorrente che il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato dopo una frettolosa istruttoria che non avrebbe tenuto conto dello stato dei luoghi e dell’esistenza di molti altri edifici a ridosso del fosso, come risulterebbe dalla documentazione prodotta in giudizio.

Insiste quindi il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

In prossimità dell’udienza di discussione il ricorrente ha prodotto documenti e una memoria ed ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza pubblica del 25 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Con domanda del 9/12/04, il ricorrente ha presentato al Comune di Cerveteri domanda di sanatoria ai sensi della L. 326/03 relativamente ad un immobile da lui realizzato in zona agricola del Comune di Cerveteri sottoposta a vincolo paesistico ai sensi dell’art. 142 comma 1 lett. c) e g) del D.Lgs. 42/04.

Con la determinazione n. 16/08 del 4 marzo 2008, il Comune di Cerveteri ha rilasciato il parere favorevole ex art. 159 del D.Lgs. 42/04 avendo ritenuto che non ricorressero ragioni di contrasto tra le opere ed il contesto paesistico vincolato a condizione che fossero osservate talune prescrizioni ivi indicate relative alla tinteggiatura, alla copertura, agli infissi, alla conservazione delle alberature esistenti e così via.

Con il decreto del 26/6/09, la Soprintendenza ha annullato il nulla osta paesaggistico rilasciato dal Comune di Cerveteri con provvedimento n. 16 del 4/3/08 rilevando:

– che l’intervento ricade in zona vincolata ai sensi dell’art. 142 c. 1 lett. c) e g) del D.Lgs. 42/04;

– che l’Autorità comunale non avrebbe spiegato come e perché l’intervento sarebbe compatibile con le esigenze di tutela ambientale;

– che l’intervento non sarebbe autorizzabile ai sensi del combinato disposto della lett. d) comma 27, art. 32 della L. 326/03 e della lett. b) dell’art. 3 della L.R. n. 18/04;

– che l’autorizzazione, qualora attuata, comporterebbe l’alterazione dei tratti caratteristici della località protetta e che quindi attraverso l’autorizzazione paesistica si consentirebbe la modifica del provvedimento di vincolo;

– che, quindi, il provvedimento comunale sarebbe viziato da eccesso di potere per carenza di motivazione e da violazione di legge perché in contrasto con le norme richiamate.

Con il primo motivo di ricorso lamenta il ricorrente la violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90.

La censura è infondata in quanto la disposizione non è applicabile al procedimento in questione.

La giurisprudenza, anche della sezione, ha chiarito che l’annullamento da parte della Soprintendenza del nulla osta paesaggistico non può essere considerato come la conclusione negativa di un complesso iter procedimentale nel quale dovrebbero trovare applicazione le disposizioni procedurali di cui all’art. 10 bis l. n. 241 del 1990, quanto piuttosto alla stregua di una fase ulteriore (ovvero di secondo grado, secondo la terminologia utilizzata al riguardo dalla Corte Costituzionale – sentenza 5 novembre 1996 n. 383) la quale, determinando la caducazione del precedente nulla osta comunale, non potrebbe essere in alcun modo assimilata alla reiezione di un’istanza di parte la quale costituisce, invece, l’oggetto della disciplina di cui all’art. 10 bis citato

(cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 23 aprile 2008, n. 3505; T.A.R. Puglia sez. Lecce I 7/6/06 n. 3288; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 13 ottobre 2009, n. 5407; T.A.R. Campania Sez. II Salerno, 25/6/09 n. 3316).

Ne consegue l’infondatezza della censura.

Con il secondo ed il terzo motivo il ricorrente censura la motivazione del provvedimento impugnato.

Deduce infatti il ricorrente – in estrema sintesi – che il provvedimento di annullamento sarebbe stato adottato dopo un’istruttoria frettolosa che non avrebbe tenuto conto di alcuni elementi essenziali:

– il fabbricato oggetto di sanatoria avrebbe sostituito un preesistente manufatto in lamiera (del quale ha allegato le fotografie) che avrebbe arrecato sicuramente un maggior danno all’ambiente circostante;

– il fabbricato non ricadrebbe nel divieto di sanatoria ai sensi del comma 27 dell’art. 32 della L. 326/03 e dell’art. 3 della L.R. n. 12/04 in quanto sarebbe conforme alle disposizioni urbanistiche vigenti;

– l’autorizzazione paesistica rilasciata dal Comune di Cerveteri avrebbe tenuto conto della reale situazione dei luoghi ed il Comune avrebbe reso il parere favorevole in presenza dei vincoli di cui all’art. 142 lett. c) e g) dopo aver verificato che il manufatto si trova a notevole distanza dal fosso che è collocato in un profondo vallone e che il fabbricato non ricade in zona boscata; lo stesso Comune avrebbe poi dato specifiche prescrizioni al fine di garantire la migliore armonizzazione del manufatto con il contesto vincolato;

– il provvedimento della Soprintendenza sarebbe quindi viziato per difetto di istruttoria e per carenza di motivazione.

Le doglianze del ricorrente sono fondate nei limiti in seguito precisati.

Deve essere innanzitutto esaminata la questione relativa alla sanabilità delle opere abusive realizzate in zona sottoposta a vincolo.

Secondo la giurisprudenza, la presenza del vincolo non comporta automaticamente l’insanabilità dell’opera in quanto "ai sensi dell’art. 32 comma 27 d.l. n. 269 del 2003, conv. dalla l. n. 326 del 2003, il condono delle opere realizzate su aree vincolate è comunque ammissibile in due ipotesi, previste disgiuntamente, costituite a) dalla realizzazione delle opere abusive prima dell’imposizione dei vincoli b) dal fatto che le opere oggetto di sanatoria, benché non assentite o difformi dal titolo abilitativo, risultino comunque conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 15 febbraio 2010, n. 940; T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 01 febbraio 2010, n. 199), e che quindi "è legittima l’esclusione dal condono dei cosiddetti abusi sostanziali, essendo sanabili esclusivamente quelli meramente formali e cioè gli interventi di cui al punto d) del comma 27 dell’art. 32, d.l. n. 269 del 2003, realizzati in conformità alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del d.l. n. 269 del 2003" (T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 07 gennaio 2010, n. 4).

E’ stato quindi ritenuto che l’art. 3 comma 1 lett. b) della L.R. Lazio 12/04 fa salvi dal divieto di sanatoria i manufatti, pur realizzati su immobili soggetti a vincoli ambientali, che siano peraltro conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (cfr. T.A.R. Lazio Sez. II bis 8/1/07 n. 52).

Secondo il ricorrente l’abuso da lui realizzato sarebbe conforme alla disciplina urbanistica dovendosi applicare nel caso di specie la norma dell’art. 55, comma 3 della L.R. Lazio n. 38/99 che consente la demolizione e ricostruzione di manufatti al servizio di attività agricole realizzati in zona agricola da imprenditori agricoli.

Detti presupposti ricorrerebbero nel caso di specie: egli, infatti, in possesso della qualità di imprenditore agricolo, proprietario di circa cinque ettari di terreno coltivati a vigneto, avrebbe ricostruito in zona agricola un fabbricato destinato in parte a residenza ed in parte a magazzino, dopo aver demolito un preesistente manufatto fatiscente destinato a servizio dell’attività agricola.

Pertanto, essendo l’intervento conforme alle disposizioni urbanistiche vigenti, non sussisterebbe l’automatico diniego di sanatoria previsto dal comma 27 dell’art. 32 della L. 326/03 e dall’art. 3 della L.R. n. 12/04 con riferimento alle aree sottoposte a vincolo paesistico.

Ritiene il Collegio che la questione – così come rappresentata dal ricorrente – non sia stata oggetto di disamina da parte della Soprintendenza: l’Amministrazione, infatti, si è limitata a rilevare che in base alla L. 326/03 e alla L.R. 12/04 in zona vincolata non è ammissibile il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, ma non ha provveduto ad approfondire la questione relativa alla possibile conformità urbanistica dell’intervento in applicazione della speciale disciplina recata dalla L.R. n. 38/99, che – ove riscontrata – comporterebbe il venir meno del divieto di sanatoria ai sensi dello stesso comma 27 dell’art. 32 della L. n. 326/03 e dell’art. 3 della L.R. 12/04.

Risulta quindi fondata la doglianza di difetto di istruttoria.

Altrettanto fondata è la censura di difetto di motivazione, tenuto conto del costante orientamento della giurisprudenza secondo cui, in sede di annullamento del nulla osta paesistico, l’Amministrazione è tenuta a motivare esternando le specifiche ragioni per le quali ritiene che un’opera non sia idonea ad inserirsi nell’ambiente, provvedendo ad individuare specificatamente gli elementi di contrasto, non potendo limitarsi a richiamare valutazioni generiche di incompatibilità ambientale (cfr., tra le tante, T.A.R. Lazio Sez. II Quater 8/10/08 n. 8829).

Nel caso di specie – come ha correttamente rilevato il ricorrente – il giudizio di incompatibilità ambientale è stato reso usando una formula comune a tutti i provvedimenti di annullamento di autorizzazione paesistica senza che l’Amministrazione abbia concretamente formulato rilievi che tengano conto della concreta situazione dei luoghi, tanto da poter definire la motivazione come "di stile".

In simili casi la giurisprudenza ha ritenuto sussistente il vizio di difetto di motivazione (cfr. Cons. Stato Sez. VI 24/2/09 n. 1077).

Ne consegue la fondatezza delle proposte doglianze con il conseguente annullamento – nei limiti in precedenza indicati – del provvedimento impugnato.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato così come precisato in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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