Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-05-2011, n. 11808 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o del ricorso.
Svolgimento del processo

M.N. ha chiesto alla Corte d’appello di Napoli condannarsi il Ministero dell’Economia a corrisponderle l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul "Diritto ad un processo equo" della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848 in relazione ad un processo amministrativo introdotto presso il Tar Campania. Con decreto depositato il 1 aprile 2009 la Corte di merito, in relazione ad equo indennizzo liquidato in Euro 6.829,00, ha determinato le spese giudiziali, compensate per la metà, nell’importo residuo di Euro 22,50 per spese, Euro 310,00 per diritti ed Euro 450,00 per onorario. Avverso questo decreto M. N. ha proposto ricorso per Cassazione in base a sei motivi.

L’Amministrazione intimata ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale non resistito dal ricorrente principale.

Il P.G. ha concluso per l’inammissibilità o in subordine il rigetto del ricorso principale ed il rigetto dell’incidentale.

Il collegio ha disposto darsi luogo a motivazione semplificata.
Motivi della decisione

I ricorsi, indirizzati avverso il medesimo decreto, vengono riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

In ordine al ricorso principale, il primo e terzo motivo che deducono, e quindi chiedono con conclusivo quesito di diritto se al caso di specie si applichi la tariffa prevista per i procedimenti contenziosi, palesemente affidati ad astratti e tautologici principi privi di collegamento con la fattispecie in esame, sono inammissibili. Ne condivide la sorte il secondo motivo che lamenta, con analoga astrattezza e genericità, insufficiente liquidazione delle spese giudiziali in violazione del disposto dell’art. 6 par. 1 della Convenzione EDU, inapplicabili nel presente procedimento (Cass. n. 22305/2009), ed enuncia, ma senza argomentarla, censura in ordine alla compensazione delle spese, motivatamente disposta dal giudice di merito nell’esercizio del suo potere discrezionale. Parimenti inammissibili sono il quarto e sesto motivo che, sulla medesima questione, denunciano vizio d’omessa o insufficiente motivazione senza tuttavia esporre la sintesi conclusiva, illustrativa del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume viziata e le ragioni per le quali il dedotto vizio rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, secondo quanto prescrive il disposto dell’art. 366 bis c.p.c..

Col quinto motivo la ricorrente impugna infine la liquidazione delle spese assumendo che il giudice del merito non si sarebbe potuto immotivatamente distaccare dalla nota spese depositata e, richiamando la censura espressa nel secondo motivo, che la liquidazione avrebbe comunque dovuto essere parametrata agli standard europei degli onorari liquidati dalla CEDU, costantemente applicati. Il motivo non specifica le singole voci delle competenze e/o degli onorari spettanti in relazione alle singole prestazioni effettuate che sarebbero state liquidate in misura inferiore rispetto alla tariffa applicabile ed in ordine alle quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore (Cass. nn. 18086/2009, 19419/2009). Tanto meno indica, con l’autosufficienza che assiste il ricorso per cassazione, le singole voci che in concreto il giudice avrebbe dovuto liquidare, limitandosi ad esporre applicabili al caso in via meramente esemplificativa. Si risolve insomma in una generica doglianza che non specifica neppure l’importo preteso a titolo di spese ed onorari nella fase di merito, trasfusa nel quesito di diritto che, articolato in forma meramente interrogativa, è privo di concretezza siccome pone questione astratta che non consente di quantificare in concreto le competenze reclamate.

Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Il ricorso incidentale è privo di fondamento. Denuncia violazione del parametro di liquidazione dell’indennizzo costantemente applicato in Euro 750,00 per i primi tre anni, da cui la Corte d’appello si sarebbe discostata in assenza di concreti elementi d’apprezzamento della peculiare rilevanza del danno e si conclude con pertinente quesito di diritto. Elaborato in sede giurisprudenziale, l’invocato parametro ha valore meramente indicativo e non di canone legale. Ad ogni buon conto, osta alla sua stessa reclamabilità l’applicazione in concreto del criterio annuo di liquidazione, ad esso inferiore, dimezzato all’importo di Euro 600,00. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione integrale delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il principale e rigetta l’incidentale. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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