Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-12-2010) 16-03-2011, n. 10704 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 25.10.2009, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania dispose la custodia cautelare in carcere di P.G., indagato per i reati di associazione a delinquere, rapina, estorsione armi.

1.1 Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame, ma il Tribunale di Catania, con ordinanza del 23.12.2009, la respinse.

1.2 Ricorre per Cassazione il difensore dell’indagato, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza e deducendo:

– come primo motivo la nullità-inefficacia della misura custodiale per violazione dell’art. 111 Cost., comma 2, in relazione all’art. 294 c.p.p., comma 1; rileva il ricorrente che non è congruo il termine di soli cinque giorni, previsto dall’art. 294 c.p.p., comma 1, per effettuare l’interrogatorio di garanzia dell’indagato nei casi in cui, come quello in esame, il provvedimento si appalesa di particolare complessità per il numero delle imputazioni o degli imputati o per la peculiarità dei fatti delittuosi ascritti e che la mancata previsione della possibilità di una proroga del termine si risolve in una illegittimità costituzionale.

– come secondo motivo il vizio di motivazione, con riferimento al reato associativo, perchè la motivazione è adeguata ad un’associazione aspecifica mancando ogni riferimento agli elementi che ne caratterizzano il carattere mafioso.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto dichiarato inammissibile.

2.1 Si deve anzitutto premettere che secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di misure cautelari personali, l’ordinanza del Tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro. (Cass. Sez. 6A sent n. 3678 del 17.11.1998 dep. 15.12.1998 rv 212685). E’, pertanto, corretto il richiamo del Tribunale, alla motivazione del G.I.P., condivisa e fatta propria e ad essa deve farsi riferimento per l’ampia motivazione delle ragioni che sottendono il carattere mafioso dell’associazione e nessun vizio di motivazione può essere perciò ascritto al provvedimento del Tribunale.

2.2 Anche la motivazione relativa al termine per l’interrogatorio di garanzia ed alla infondatezza della questione di legittimità costituzionale non merita censura.

Quanto alla pretesa illegittimità costituzionale il Tribunale ha adeguatamente chiarito, con motivazione che questo Collegio condivide, che la norma si giustifica con l’esigenza di creare un immediato contatto fra l’indagato ed il giudice, al fine di una verifica spedita della ritualità e della fondatezza del provvedimento cautelare nonchè delle condizioni di applicabilità della misura.

2.3 In ordine al primo profilo di censura, inoltre, a riprova dell’inammissibilità del motivo di doglianza, va ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, da cui non vi sono valide ragioni per discostarsi, "in materia di impugnazioni avverso i provvedimenti limitativi della libertà personale, nel procedimento incidentale di riesame disciplinato dall’art. 309 c.p.p. – e nel successivo giudizio di Cassazione – non sono deducibili, nè rilevabili di ufficio, questioni relative all’inefficacia della misura cautelare diverse da quelle concernenti l’inosservanza dei termini stabiliti dai commi 5 e 9 dello stesso articolo (Nella specie, si trattava di asserita inefficacia della misura per il mancato interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p.;

la Suprema Corte, nell’enunciare il principio di cui in massima, ha ritenuto inammissibile la questione, riproposta in Cassazione in conseguenza di declaratoria di inammissibilità pronunciata in sede di riesame, ed ha precisato che la questione stessa – in quanto estranea all’ambito del riesame – avrebbe dovuto formare oggetto di istanza al giudice del procedimento principale, con conseguente provvedimento ex art. 306 c.p.p. soggetto all’appello previsto dall’art. 310 c.p.p." (rv. N.246768; Sez. 4, 6.5.1999, n, 1430, Barbaro, m. 214243; Sez. 6, 10.6.2003, n. 29564, Vinci, m. 226222).

2.4 Il ricorso deve,pertanto, essere dichiarato inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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