T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 14-03-2011, n. 2265

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato in data 20 febbraio 2009, depositato il successivo 6 marzo, la società ricorrente impugna, chiedendone l’annullamento, la nota 23 dicembre 2008 n. 28930, con la quale il Ministero dell’ambiente ha imposto "l’attivazione di specifiche caratterizzazioni e misure di messa in sicurezza di emergenza". Chiede, inoltre, la condanna dell’amministrazione alla reintegrazione in forma specifica, ovvero, in subordine, al risarcimento dei danni per equivalente, nella misura determinata in corso di causa, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.

La ricorrente premette che la nota ora impugnata è stata adottata "nell’ambito di un procedimento di bonifica che risulta aperto fin dal 2001" ed all’epoca condotto dal Comune di Bussi nei confronti della società Ausimont s.p.a. (controllata da M. s.p.a., poi divenuta E. s.p.a.), società dalla quale il Gruppo S. "ha acquistato ed assunto la titolarità dello stabilimento e del sito di Bussi".

Benchè non responsabile dell’inquinamento,la soc. S.S. "ha proseguito nell’attuare ogni misura di tutela ambientale che sia stata richiesta dall’amministrazione competente in merito al sito di Bussi sul Tirino".

Tuttavia, il problema ambientale ha acquisito dimensioni sempre più ampie, ed è stato affrontato dapprima con la nomina di un Commissario straordinario delegato per la realizzazione di interventi urgenti nell’asta fluviale del bacino del fiume Aterno", poi direttamente dalla Regione Abruzzo, ciò soprattutto a seguito della "scoperta di una grandissima discarica, da subito denominata significativamente dalla stampa come "megadiscarica dei veleni", attualmente ancora di proprietà di M. s.r.l.".

Quest’ultima – espone la ricorrente – già in questa fase del procedimento "è stata chiamata, in accoglimento di una istanza presentata da S.S., a far parte del procedimento relativo al sito di Bussi di proprietà S.S., evidentemente nella qualità di soggetto inquinatore".

Successivamente "a seguito della scoperta della gravissima contaminazione indotta dalla mega discarica dei veleni", con OPCM 4 ottobre 2007 i poteri del Commissario straordinario sono stati estesi ed è stato istituito il "Sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino" ( D.M. 29 maggio 2008).

Descritte le vicende relative all’acquisto di Ausimont e affermato che "solo dopo avere acquisito la gestione dello stabilimento di Bussi, S.S. subentrata nella gestione del sito dal 2002, ha dovuto constatare che la situazione ambientale in cui versava il sito era ben più compromessa di quella falsamente rassicurante rappresentata da M. durante le trattative del 2001 per la cessione delle azioni Ausimont"; affermata altresì l’estraneità della soc. S.S. e propria all’inquinamento, "riconducibile ai precedenti proprietari e gestori del sito in quanto gli inquinanti rinvenuti erano legati a processi produttivi svolti dal gruppo M. fino all’inizio degli anni settanta (pagg. 7- 16 ric.), la società ricorrente dichiara preliminarmente di vedersi "costretta a proporre la presente impugnativa per l’ipotesi in cui la nota del ministero… sia rivolta anche alla società ricorrente". Quest’ultima (come si precisa a pag. 8 del ricorso) non è proprietaria degli immobili (appartenenti alla soc. S.S.), ma è, dal 1 gennaio 2005, soggetto gestore dell’ impianto di produzione di elementi per la chimica di base in diritto di superficie su sedime di proprietà della predetta S.S..

Propone, quindi, i seguenti motivi di ricorso:

a) violazione e falsa applicazione artt. 242 ss. d. lgs. n. 152/2006 e art. 174 Trattato C.E. "chi inquina paga"; violazione art. 1 l. n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; ciò in quanto il Ministero ha imposto attività di messa in sicurezza dei suoli e della falda a S.S., che non ha alcuna responsabilità nelle cause dell’inquinamento, soltanto perché la società è proprietaria del sito", laddove le norme prescrivono che sia il "responsabile del’inquinamento il soggetto chiamato a occuparsi dei processi di messa in sicurezza e bonifica dei siti inquinati". Al contrario, "a carico del proprietario dell’area inquinata, che non sia anche responsabile della contaminazione, non incombe invece alcun obbligo di porre in essere gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza, anche se di natura emergenziale", poiché questi "ha soltanto la facoltà di eseguirli spontaneamente, al fine di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sulla proprietà sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare". Né, infine, gli interventi imposti possono essere considerati "misure di prevenzione ascrivibili come tali anche al proprietario e al gestore incolpevole", essendo essi "vere e proprie misure di messa in sicurezza di emergenza, la cui esecuzione spetta esclusivamente al responsabile dell’inquinamento";

b) violazione e falsa applicazione art. 5 l. n. 225/1992; incompetenza; violazione e falsa applicazione art. 242 d. lgs. n. 152/2006; artt. 1, 14 e 14ter l. n. 241/1990; difetto di istruttoria; incompetenza; poiché il Ministero "ha prescritto alla ricorrente l’adozione di misure straordinarie senza avere acquisito – né in conferenza di servizi né dopo – il consenso del commissario straordinario", ed ha inoltre adottato la nota impugnata al di fuori ed in assenza di una conferenza dei servizi decisoria cui dovevano partecipare gli enti e le autorità competenti;

c) violazione e falsa applicazione art. 242 ss. d. lgs. n. 152/2006; violazione artt. 1, 14 e 14ter, l. n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; violazione del principio di efficienza dell’azione amministrativa; difetto di istruttoria e della motivazione; poiché nel caso di specie è stata imposta "l’attuazione di rilevanti interventi di messa in sicurezza senza avere minimamente svolto la doverosa attività istruttoria e di indagine circa l’effettiva utilità e indifferibilità delle misure prescritte, le cause e la riconducibilità (anche ipotetica) di queste al soggetto cui dette misure e prescrizioni sono impartite";

d) violazione art. 21quinquies l. n. 241/1990; violazione art. 1 l. n. 241/1990 e del principio di efficienza dell’azione amministrativa; difetto di istruttoria e della motivazione; poiché con l’adozione della nota impugnata, il Ministero "ha implicitamente revocato gli atti del procedimento di messa in sicurezza e di bonifica ambientale adottati dalle autorità competenti nei procedimenti "comunale", "regionale" e "commissariale", che hanno portato alla approvazione definitiva dei piani di caratterizzazione… nonché delle determinazioni amministrative degli enti che hanno approvato gli interventi sui suoli e sulla falda acquifera", e ciò "senza specificare le ragioni di pubblico interesse sottese a tale mutamento di indirizzo";

e) violazione e falsa applicazione art. 242 ss. d. lgs. n. 152/2006; difetto dei presupposti di fatto e di diritto; contraddittorietà con precedenti determinazioni delle P.A. competenti; irragionevolezza; poiché gli interventi imposti "sono inutili e privi di alcun fondamento normativo", poiché "si pongono in aperto contrasto rispetto a quanto già realizzato da S.S. nel corso del procedimento di bonifica" e fanno riferimento a parametri e soluzioni tecniche privi di riscontro normativo; inoltre, detti interventi sono "irragionevoli e contraddittori", poiché molte delle attività richieste "comportano un inutile dispendio di risorse, aggravando in modo intollerabile la posizione di S.C.B. che, in qualità di gestore del sito non è tenuta a porre in essere".

2. Con successivo ricorso per motivi aggiunti (depositato il 12 aprile 2010), la società ricorrente ha impugnato una pluralità di atti e, in particolare, il decreto del direttore del Ministero dell’ambiente 17 febbraio 2010, di adozione delle determinazioni conclusive della conferenza di servizi decisoria, relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di "Bussi sul Tirino" del 11 febbraio 2010.

Preliminarmente la società premette che oggetto di gravame "sono gli atti del procedimento di bonifica del sito industriale di Bussi sul Tirino, nella parte in cui non identificano come obbligato o quantomeno coobbligato E. s.p.a. (già M. s.p.a.) e, quindi, anche per il successivo iter del procedimento di bonifica non prevedano la partecipazione diretta della controinteressata alla predisposizione e all’esecuzione degli interventi di bonifica del sito e delle aree oggi di proprietà di S.S. s.p.a.".

Ciò in quanto – precisa la ricorrente – "l’accertamento delle cause dell’inquinamento e delle relative responsabilità nel procedimento sarà infatti determinante ai fini dell’azione di rivalsa che S.C.B., in qualità di gestore non responsabile dell’inquinamento, eserciterà… nei confronti di E. s.p.a. (già M. s.p.a.), soggetto responsabile della contaminazione del sito e delle aree di S.S., gestite da S.C.B., per le spese da questa sostenute e che dovrà sostenere in futuro nonché per l’eventuale maggior danno che essa subirà".

La ricorrente premette altresì che con il decreto impugnato, il Ministero "questa volta all’esito di una rituale conferenza di servizi", ha in questo modo "sostanzialmente assorbito il decreto del 23 dicembre 2008 impugnato con il primo ricorso, continuando però a non coinvolgere nelle relative attività e a non identificare il vero responsabile dell’inquinamento; E., l’odierna controinteressata".

Al contrario, il ministero ha ordinato "a S.C.B. oltre che e a S.S. – e a queste soltanto – una serie di messa in sicurezza di emergenza e di caratterizzazione dei suoli e delle falde acquifere".

Propone, quindi, i seguenti, ulteriori motivi di ricorso:

a) violazione e falsa applicazione artt. 242, 244 e 245 d. lgs. n. 152/2006; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; violazione art. 1 l. n. 241/1990 e del principio di efficienza dell’azione amministrativa; difetto di istruttoria e di motivazione; poiché si sono ascritti solo a S. "rilevanti e onerosissimi obblighi di messa in sicurezza del sito e di bonifica, senza contemplare più E.", laddove occorre individuare il soggetto che ha causato l’inquinamento, ordinandogli la bonifica; d’altra parte, il mancato coinvolgimento del soggetto responsabile pregiudica o comunque seriamente ostacola il diritto di rivalsa per obblighi di bonifica "che pure si volesse spontaneamente assumere come proprietario non responsabile";

b) violazione e falsa applicazione artt. 242, 244 e 245 d. lgs. n. 152/2006; violazione del principio "chi inquina paga"; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria; poiché non si è considerata la posizione di E., la quale "in qualità di soggetto responsabile della politica ambientale del gruppo e segnatamente della gestione diretta che essa ha avuto dello stabilimento de quo è certamente responsabile della contaminazione del sito"; peraltro, le norme in materia di responsabilità ambientale lì dove si riferiscono al soggetto inquinatore, certamente coinvolgono anche una controllante che si sia manifestamente ingerita nell’attività della controllata (cioè E. nei confronti di Ausimont);

c) violazione e falsa applicazione degli artt. 242 ss. d. lgs. n. 152/2006; art. 1 l. n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria e di motivazione; poichè "la mancata identificazione di E. come inquinatore o almeno coinquinatore provoca anche un evidente difetto di istruttoria", non acquisendosi da tale soggetto "informazioni rilevantissime ai fini della corretta individuazione degli interventi di bonifica";

d) violazione e falsa applicazione artt. 239 ss. d. lgs. n.152/2006 e del principio "chi inquina paga"; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; irragionevolezza e contraddittorietà con precedenti determinazioni delle P.A. competenti e difetto di istruttoria; poiché gli interventi imposti "sono irragionevoli, contraddittori e privi di fondamento giuridico";

e) violazione artt. 239 ss. d. lgs. n. 152/2006 e del principio "chi inquina paga"; violazione e falsa applicazione dell’art. 174 Trattato C.E.; violazione artt. 311, 313, 314 d.lgs. n. 152/2006; difetto di istruttoria; violazione art. 3 l. n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;ciò relativamente alla trasmissione alla ricorrente della relazione ISPRA, posto che essa è gestore non responsabile dell’inquinamento, che non è stata comunque consultata nel procedimento, di modo che la quantificazione del danno "di per sé abnorme e sproporzionata… è stata effettuata senza alcuna comprensione delle cause e dei fenomeni di inquinamento rilevati",

f) incompetenza e violazione di legge, posto che il provvedimento risulta adottato anche dal Commissario straordinario, mentre non possono coesistere nel medesimo sito di interesse nazionale i poteri ordinari del Ministro e quelli straordinari del Commissario.

3. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione Abruzzo.

Si è costituta in giudizio la società M., la quale, fin dalla memoria depositata il 27 aprile 2010, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso ed il proprio difetto di legittimazione passiva, posto che essa non è mai stata "la proprietaria degli stabilimenti del polo chimico di Bussi sul Tirino, né mai ne ha assunto la gestione". Ha comunque concluso richiedendo il rigetto dei ricorsi, stante la loro infondatezza.

Si è altresì costituita in giudizio la società E. s.p.a., che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, poiché con esso si "mira ad ottenere l’emanazione di una sentenza che, oltre ad annullare i provvedimenti impugnati, disponga il coinvolgimento di E. nel procedimento amministrativo in corso, quale soggetto responsabile dell’inquinamento, sovrapponendo il convincimento del Tribunale ad una valutazione riservata esclusivamente alla Pubblica Amministrazione"; in definitiva, il Tribunale finirebbe per esercitare giurisdizione di merito in casi non previsti. Ha comunque concluso richiedendo il rigetto dei ricorsi, stante la loro infondatezza.

All’odierna udienza la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

4. Il ricorso ed il ricorso per motivi aggiunti sono inammissibili per difetto di legittimazione attiva ed interesse ad agire.

Come si è evidenziato nella esposizione in fatto, la società ricorrente, con riferimento al ricorso introduttivo, dichiara preliminarmente di vedersi "costretta a proporre la presente impugnativa per l’ipotesi in cui la nota del Ministero… sia rivolta anche alla società ricorrente", la quale (come si precisa a pag. 8 del ricorso) non è proprietaria degli immobili (appartenenti alla soc. S.S.), ma è, dal 1 gennaio 2005, soggetto gestore dell’ impianto di produzione di elementi per la chimica di base in diritto di superficie su sedime di proprietà della predetta S.S..

Quanto al decreto 17 febbraio 2010 del Direttore del Ministero dell’ambiente, la ricorrente ritiene che lo stesso ordini anche ad essa (oltre che alla soc. S.S.) precisi interventi da effettuare nell’ambito del sito contaminato.

In disparte ogni considerazione sul fatto che la nota 28 dicembre 2008 n. 28930, risulta superata (come la stessa ricorrente afferma) dalla successiva emanazione del decreto 17 febbraio 2010, impugnato con il ricorso per motivi aggiunti (di modo che il ricorso originario risulterebbe in ogni caso improcedibile), occorre innanzi tutto precisare, in punto di fatto, che:

– con nota 23 dicembre 2008 n. 28930, indirizzata alla società S.S., il Direttore generale della Direzione generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, constatato che, nel sito di interesse nazionale da bonificare di Bussi sul Tirino, "a fronte del grave e diffuso stato di contaminazione non risultano essere state adottate misure di messa in sicurezza dei suoli e delle citate discariche", ordinava alla società in indirizzo di procedere ad una pluralità di interventi (pagg. 36 della nota), riservandosi "ulteriori prescrizioni in merito alle attività di caratterizzazione e di progettazione degli interventi di bonifica e messa in sicurezza d’emergenza";

– con successivo decreto 17 febbraio 2010 n. 8813, (indirizzato sia alla soc. "S.S. s.p.a. (ex Ausimont)", sia alla soc. "S.C.B.", il medesimo Direttore generale del Ministero dell’ambiente, a seguito della conferenza di servizi decisoria del 11 febbraio 2010, tenuto conto che nel verbale di detta conferenza "sono individuati gli interventi necessari per la bonifica del sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino nonché i soggetti obbligati alla loro realizzazione"; tenuto altresì conto che "i soggetti così individuati hanno l’obbligo di adempiere alle prescrizioni stabilite dall’amministrazione procedente", approvava e considerava "come definitive tutte le prescrizioni stabilite nel verbale della conferenza di servizi decisoria del 11 febbraio 2010".

Dal verbale della conferenza di servizi 11 febbraio 2010, si evince che ciò che riguarda la (sola) soc. S.S. è il terzo punto all’o.d.g.,, con riferimento agli interventi sub lettere a)e). In particolare (pag. 9) si legge che "i partecipanti alla odierna conferenza di servizi deliberano di prendere atto dei citati documenti presentati da S.S. subordinatamente al recepimento delle succitate prescrizioni dal numero 1 al numero 16".

Da tale affermazione, occorre dedurre che le "prescrizioni" costituiscono gli "interventi necessari", di cui al decreto dirigenziale impugnato, e che il "soggetto obbligato ala loro realizzazione" è la soc. S.S. (in quanto presentatore dei documenti oggetto di esame in conferenza).

Appare dunque evidente dalla lettura degli atti, che né nel verbale della conferenza di servizi del 11 febbraio 2010, cui il provvedimento impugnato rinvia per relationem, né nello stesso decreto dirigenziale impugnato, si procede alla individuazione del "soggetto responsabile dell’inquinamento" (e pertanto gli interventi prescritti non sono conseguenza di un accertamento di responsabilità), ma che le prescrizioni che i soggetti hanno "l’obbligo di adempiere" conseguono alla accertata proprietà dei beni sui quali gli interventi devono essere attuati, e ciò in conseguenza di presentazione di documenti (relativi ad attività di caratterizzazione, ad attività di messa in sicurezza d’emergenza, ad indagini idrogeologiche, etc.) effettuata proprio nella predetta qualità di proprietari degli immobili.

In definitiva, laddove il decreto dirigenziale afferma essere intervenuta una individuazione dei "soggetti obbligati alla loro realizzazione" (degli interventi necessari per la bonifica del sito), lo stesso deve essere inteso escludendo che esso intenda riferirsi ad obblighi conseguenti ad un definitivo accertamento di responsabilità, bensì ad "obblighi" connessi alle prescrizioni (interventi) impartite, come da verbale della conferenza di servizi. E ciò a prescindere dalla definitiva attribuzione delle obbligazioni quale conseguenza dell’accertamento della responsabilità dell’inquinamento.

Ciò che risulta nei confronti di S.S. s.p.a (punto 3 o.d.g. conferenza di servizi), è riscontrabile, in pratica con lo stesso modus operandi, sia nei confronti di E. s.p.a. (punto 4 o.d.g.) e di ENEL s.p.a. (punto 6 o.d.g.).

A fronte di tali rilevi, la soc. S.C.B., pur inclusa nell’elenco dei destinatari del decreto (e nemmeno indicata quale destinataria della nota precedente), non è né il soggetto coinvolto nel procedimento né il proprietario delle aree, né il soggetto individuato come responsabile dell’inquinamento. Pertanto – a prescindere da ogni valutazione in ordine alla legittimità (o meno) del provvedimento medesimo – non possono ritenersi ad essa imposti gli obblighi di eseguire gli interventi indicati nel verbale della conferenza di servizi.

La inclusione della società ricorrente tra i destinatari del decreto non può che giustificarsi, di conseguenza, in virtù della sua posizione di soggetto gestore del sito e, come tale, interessato alle vicende che coinvolgono lo stesso.

Per queste ragioni, non essendo la soc. S.C.B. destinataria delle prescrizioni previste dalla nota oggetto di impugnazione con il ricorso introduttivo e di quelle previste dal decreto impugnato con ricorso per motivi aggiunti, appare evidente il suo difetto di legittimazione attiva ed il conseguente difetto di interesse all’annullamento dei medesimi atti, con conseguente declaratoria di inammissibilità di ambedue i ricorsi.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da S.C.B. (n. 1813/2009 r.g.), lo dichiara inammissibile.

Compensa tra le parti le spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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