Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 30-05-2011, n. 11905 Contratti collettivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Genova, giudice del lavoro, accogliendo parzialmente la domanda proposta da L.R.F. nei confronti della società Autostrade – Concessioni e Costruzioni Autostrade s.p.a., accertava che fra le parti era intercorso un rapporto di lavoro a tempo pieno a decorrere dal 1 dicembre 1998, dacchè il rapporto formalmente instaurato a part-time si era concretamente svolto secondo orari superiori ai limiti massimi stabiliti dal contratto collettivo, e condannava la società datrice di lavoro al pagamento delle relative differenze retributive.

2 Tale decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Genova che, con la sentenza ora impugnata, dichiarava la sussistenza del rapporto a tempo pieno con decorrenza dal 1999, rilevando che, alla stregua delle risultanze documentali, da tale data il ricorrente aveva prestato con continuità la sua attività di lavoro secondo orari uguali, o superiori, all’orario normale.

3. Di questa decisione domandano la cassazione Autostrade s.p.a.

(già Autostrade – Concessioni e Costruzioni Autostrade s.p.a.) e Autostrade per l’Italia s.p.a. (cessionaria delle attività aziendali svolte in regime di concessione) con unico ricorso affidato a due motivi, cui il lavoratore resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. 4. Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Motivi della decisione

5. Primo motivo: le ricorrenti lamentano violazione della L. n. 863 del 1984, art. 5, anche in relazione all’art. 3, comma 7 del C.C.N.L. 4 aprile 1995 e all’art. 3.6 del C.C.N.L. 16 febbraio 2000, nonchè vizio di motivazione, deducendo che, pure alla luce delle richiamate disposizioni collettive, sussisteva piena compatibilità tra la prestazione ad orario ridotto e lo svolgimento di un’eventuale ulteriore attività da parte del lavoratore e che, comunque, all’eventuale violazione della L. n. 863 cit. e delle disposizioni collettive sul contratto a tempo parziale non poteva conseguire la conversione del contratto da tempo parziale a tempo pieno.

6. Secondo motivo: si denuncia vizio di motivazione, lamentando che la decisione impugnata non abbia considerato che lo svolgimento del lavoro supplementare non poteva comportare l’esistenza di un rapporto a tempo pieno, in assenza degli ulteriori elementi distintivi di tale rapporto, in particolare l’obbligo di reperibilità del lavoratore al di fuori dei turni programmati, ben potendo egli rifiutare le prestazioni supplementari, di volta in volta concordate; nè poteva configurarsi alcuna novazione del rapporto, in mancanza degli elementi costitutivi della fattispecie novativa e in presenza della mera modifica di modalità accessorie della prestazione.

7. Osserva il Collegio che, nel censurare la violazione e falsa applicazione delle disposizioni collettive di settore, le ricorrenti non hanno adempiuto l’onere, prescritto dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, a pena di improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti o accordi collettivi di diritto privato sui quali il ricorso si fonda, onde va dichiarata l’improcedibilità, in parte qua, del ricorso.

8. Le restanti censure, congiuntamente esaminate per l’intima connessione, non sono fondate alla stregua dei precedenti specifici di questa Corte, resi in controversie simili alla presente, cui il Collegio intende dare continuità (v., ex multis, Cass. 21160/2010).

9. Il rapporto a tempo parziale si trasforma in rapporto a tempo pieno per fatti concludenti, in relazione alla prestazione lavorativa resa, costantemente, secondo l’orario normale, o addirittura con orario superiore. Il comportamento negoziale concludente, nel senso di modificare stabilmente l’orario di lavoro, è conseguente all’accertamento che la prestazione eccedente quella inizialmente concordata – resa in modo continuativo secondo modalità orarie proprie del lavoro a tempo pieno, o addirittura con il superamento dell’orario normale – non risponda ad alcuna specifica esigenza di organizzazione del servizio, idonea a giustificare, secondo le previsioni della contrattazione collettiva, l’assegnazione di ore ulteriori rispetto a quelle negozialmente pattuite.

10. La libertà del lavoratore di rifiutare la prestazione oltre l’orario dei part-time è ininfluente, posto che, come rilevato dalla Corte di merito, l’effettuazione, in concreto, delle prestazioni richieste, con la continuità risultante dalle buste paga, ha evidenziato l’accettazione della nuova regolamentazione, con ogni conseguente effetto obbligatorio, risultandone una modifica non accessoria dei contenuti del sinallagma negoziale.

11. Il ricorso è respinto e le ricorrenti vanno condannate, secondo soccombenza, al pagamento delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese in Euro 20,00, oltre Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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