Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 31-05-2011, n. 12069 contratti collettivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 27.9 – 30.10.2006 la Corte d’Appello di Caltanissetta rigettò l’impugnazione proposta da M.G. nei confronti del Comune di Caltanissetta, suo datore di lavoro, avverso la pronuncia di prime cure reiettiva della domanda volta al conseguimento del compenso per il lavoro svolto nell’ambito del progetto obiettivo per l’individuazione dei contribuenti evasori ICI e Tarsu per gli anni d’imposta 1993 e 1994. A sostegno del decisum la Corte territoriale osservò che:

– in base a quanto disposto dall’art. 33, u.c., CCNL Comparto Regioni – Autonomie locali del 6.4.1995, l’avvenuto raggiungimento dell’obiettivo di cui al progetto era affidato esclusivamente all’organo interno di controllo (il Collegio dei Sindaci Revisori) o al Nucleo di valutazione, restando precluso all’Autorità Giudiziaria sostituirsi a tali organi amministrativi al fine di accertare il concreto raggiungimento dell’obiettivo in assenza di decisioni formali del Comune;

a tal fine nessun valore poteva essere attribuito alle certificazione del raggiungimento degli obiettivi rilasciate il 14.4.2000 e il 6.9.2000 rispettivamente dal Capo Ufficio Tributi e dal Segretario Generale;

– dall’esame degli atti appariva evidente che verosimilmente non si era verificato il raggiungimento degli obiettivi, sia per il mancato inventario dei beni comunali, sia soprattutto per il rilievo della non corretta attività connessa ad alcuni avvisi di liquidazione, riferibili agli anni 1993 e 1994, effettuato dal Collegio dei Revisori in sede di parere per il bilancio di previsione per il 2001, circostanza che risultava ulteriormente confermata dalla Delib.

Giunta n. 379 del 2000, con la quale era stata affidata ad una ditta privata la notifica degli accertamenti lei e lo svolgimento di un’attività finalizzata alla creazione di un’anagrafe tributaria ai fini dell’emissione degli avvisi di liquidazione per l’Ici evasa, senza che elementi decisivi in senso contrario potessero essere tratti dalla dichiarazione testimoniale richiamata dalla parte appellante;

– non poteva trovare accoglimento la domanda subordinata di pagamento del lavoro straordinario svolto, trattandosi di istituto avente diverse connotazioni giuridiche, nel cui ambito non era automaticamente sussumibile l’attività lavorativa svolta in quello del progetto obiettivo.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale M. G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi.

L’intimato Comune di Caltanissetta ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione

1. Osserva preliminarmente il Collegio che, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, l’improcedibilità del ricorso per cassazione a norma dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non può conseguire al mancato deposito del contratto collettivo di diritto pubblico, ancorchè la decisione della controversia dipenda direttamente dall’esame e dall’interpretazione delle relative clausole, atteso che, in considerazione del peculiare procedimento formativo, del regime di pubblicità, della sottoposizione a controllo contabile della compatibilità economica dei costi previsti, l’esigenza di certezza e di conoscenza da parte del giudice era già assolta, in maniera autonoma, mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 47, comma 8, sicchè la successiva previsione, introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006, deve essere riferita ai contratti collettivi di diritto comune (cfr, Cass., SU, nn. 23329/2009; 21558/2009); non è quindi ostativa alla procedibilità del ricorso l’omessa produzione dei CCNL di diritto pubblico sulle cui interpretazione il ricorso medesimo si fonda.

2. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia nullità del sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., assumendo che la Corte territoriale aveva fondato la propria decisione motivandola ai sensi dell’art. 33, comma 2, CCNL del 1995, laddove con l’atto introduttivo del giudizio il riconoscimento del compenso era stato richiesto per l’attività espletata in applicazione del CCNL 1998 – 2001. 2.1 La Corte territoriale ha pronunciato in ordine alla domanda svolta, sicchè l’applicazione ai fini del decidere del CCNL del 1995 potrebbe semmai impingere nella violazione della normativa contrattuale applicabile, ma non già in quella del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato; la doglianza, prima ancora che infondata per le ragioni testè espresse, presenta peraltro evidenti profili di inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo stati ivi trascritti i termini con i quali, nel ricorso introduttivo del giudizio e, in prosieguo, nel ricorso d’appello, sarebbe stata invocata, secondo l’assunto, l’applicazione del CCNL 1998-2001. 3. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione di norme di legge e di contratto collettivo nazionale (CCNL del 6.4.1995 con riferimento agli artt. 2, 15, 17, 18 CCNL 1.4.1999 e all’art. 6 CCNL 31.3.1999; art. 1362 c.c. e segg.), deducendo che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 33, u.c., CCNL del 6.7.1995, nel mentre avrebbero dovuto trovare applicazione gli artt. 15, 17 e 18 CCNL 1.4.1999 e l’art. 6 CCNL 31.3.1999, quest’ultimo avendo demandato la valutazione delle prestazioni e dei risultati dei dipendenti al dirigente;

correttamente, pertanto, il Nucleo di valutazione, con nota del 30.6.1999, aveva demandato al dirigente la valutazione circa il raggiungimento totale o parziale degli obiettivi; e tale valutazione di raggiungimento dell’obiettivo richiesto dal progetto risultava dall’attestazione in data 14.4.2000 del funzionario responsabile del Reparto finanze – Ufficio tributi e dalla successiva certificazione in data 6.9.2000 a firma del medesimo funzionario e del Segretario Generale.

Con il terzo motivo, deducendo vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, parte ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto decisivo al fine della prova del raggiungimento degli obiettivi il mancato giudizio del nucleo di valutazione, nonostante le ridette certificazioni del funzionario responsabile dell’Ufficio tributi e del Segretario Generale e benchè la realizzazione dell’attività progettuale fosse risultata anche dalla prova testimoniale assunta e dalla documentazione allegata, essendo altresì emerso che il riordino dell’inventario non formava oggetto dell’attività di progetto e dovendo ritenersi il parere del Collegio dei Revisori afferente ad attività estranee alle finalità del progetto medesimo.

Con il quarto motivo, deducendo ulteriormente vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, parte ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia omesso l’esame della documentazione prodotta, con riferimento alle ricordate note del Nucleo di valutazione, del funzionario responsabile dell’Ufficio tributi e del Segretario Generale.

I motivi, tra loro collegati, vanno esaminati congiuntamente.

3.1 Al riguardo deve rilevarsi l’inammissibilità del terzo e del quarto motivo per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis alla presente controversia.

In base alla norma suddetta, infatti, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Secondo l’orientamento di questa Corte, (a censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007). Nel caso che ne occupa, sia con il terzo che con il quarto motivo di ricorso sono stati denunciati vizi di motivazione ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ma entrambi tali motivi sono privi del momento di sintesi diretto a circoscrivere i limiti delle censure inerenti ai lamentati vizi motivazionali.

3.2 Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi che, secondo l’art. 2 CCNL Comparto Regioni – Enti Locali del 5.7.1995, detto contratto concerneva il periodo 1 gennaio 1994 – 31 dicembre 1997 per la parte normativa ed era valido dal 1 gennaio 1994 fino al 31 dicembre 1995 per la parte economica (comma 1); il successivo comma 4 prevedeva poi il tacito rinnovo contrattuale alla scadenza, salva disdetta, e che, in caso di disdetta, le disposizioni contrattuali sarebbero rimaste in vigore fino a quando non fossero state sostituite dal successivo contratto collettivo.

A sua volta il CCNL Comparto Regioni – Enti Locali per il periodo 1998 – 2001, stipulato il 1.4.1999, aveva previsto, salva diversa prescrizione, che gli effetti giuridici decorressero dal giorno successivo alla data di stipulazione (art. 2, comma 2).

Ne consegue che, essendosi pacificamente attuata l’approvazione del progetto in epoca anteriore all’1 aprile 1999, lo stesso, nel suo momento genetico, venne ad essere disciplinato dall’art. 33 CCNL del 1995 (Fondo per la produttività collettiva e per il miglioramento dei servizi).

3.3 Deve tuttavia esaminarsi se fosse ancora applicabile, al fine della valutazione dei risultati raggiunti, propedeutica alla liquidazione finale del compenso e non ancora conclusasi nel corso del 1999 (le certificazioni richiamate dalla parte ricorrente ed asseritamente idonee allo scopo risalendo al 2000), il disposto del comma 4 di tale articolo, secondo cui "i risultati raggiunti, per ciascuna amministrazione, in termini di maggiore produttività e di miglioramento del livello qualitativo e quantitativo dei servizi, mediante l’impiego del fondo di cui al presente articolo, sono oggetto di monitoraggio e valutazione da parte del competente servizio per il controllo interno o del nucleo di valutazione di cui al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 20. L’attività di monitoraggio si conclude con un rapporto da trasmettere all’A.RA.N".

Deve ritenersi la soluzione negativa, alla luce delle modifiche normative (di legge e contrattuali collettive) medio tempore intervenute.

Va infatti considerato che:

a) il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 20 come sostituito dal D.Lgs. n. 470 del 1993, art. 6 (prevedente, al comma 2, che "Nelle amministrazioni pubbliche, ove già non esistano, sono istituiti servizi di controllo intemo, o nuclei di valutazione, con il compito di verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei rendimenti, la realizzazione degli obiettivi, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa. I servizi o nuclei determinano almeno annualmente, anche su indicazione degli organi di vertice, i parametri di riferimento del controllo"), è stato abrogato (salvo il comma 8, che non rileva nella presente causa) dal D.Lgs. n. 286 del 1999, art. 10, comma 2, (di Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 11);

b) il CCNL Comparto Regioni ed Autonomie locali personale non dirigente – Revisione del sistema di classificazione professionale, del 31.3.1999, aveva previsto, all’art. 6 (Sistema di valutazione) che "In ogni ente sono adottate metodologie permanenti per la valutazione delle prestazioni e dei risultati dei dipendenti, anche ai fini della progressione economica di cui al presente contratto; la valutazione è di competenza dei dirigenti, si effettua a cadenza periodica ed è tempestivamente comunicata al dipendente, in base ai criteri definiti ai sensi dell’art. 16, comma 2";

c) la suddetta previsione collettiva era stata espressamente richiamata dall’art. 17 (Utilizzo delle risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività), comma 2, lett. a) CCNL Comparto Regioni e Autonomie locali 1998 – 2001, secondo cui "…le risorse di cui all’art. 15 sono utilizzate per: a) erogare compensi diretti a incentivare la produttività e il miglioramento dei servizi, attraverso la corresponsione di compensi correlati al mento e all’impegno di gruppo per centri di costo, e/o individuale, in modo selettivo e secondo i risultati accertati dal sistema permanente di valutazione di cui all’art. 6 del CCNL del 31.3.99;

…". Risulta dunque sostanzialmente coerente con le suddette previsioni collettive la decisione del Nucleo di valutazione del giugno 1999 di demandare la responsabilità della liquidazione dei progetti ai singoli dirigenti, anche per ciò che concerne la responsabilità della dichiarazione del raggiungimento totale o parziale degli obiettivi. 3.4 Tale essendo il quadro normativo di riferimento, deve tuttavia rilevarsi che la sentenza impugnata afferma espressamente la circostanza che tanto il Capo Ufficio tributi che il Segretario Generale erano privi di qualunque potere di valutazione, sia alla stregua della normativa contrattuale che della successiva delega; affermazione da leggersi per di più in relazione all’individuazione, operata dal primo Giudice, nel Dirigente del Settore Finanze del soggetto delegato a compiere l’attività del Nucleo di valutazione (e che, in concreto, aveva rifiutato di rilasciare la certificazione di raggiungimento degli obiettivi).

Tale affermazione, implicante un accertamento fattuale, non è stata validamente censurata dalla parte ricorrente, che, apoditticamente, si limita a sostenere l’idoneità allo scopo delle certificazioni rese dal Funzionario responsabile dell’Ufficio tributi e dal Segretario Generale.

Ne consegue il rigetto anche del motivo all’esame, previa parziale correzione in diritto, nei termini anzidetti, della motivazione della sentenza impugnata.

4. Con il quinto motivo parte ricorrente denuncia nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., assumendo che la Corte territoriale aveva omesso di pronunciarsi sul motivo d’appello inteso al riconoscimento del diritto al pagamento dell’attività svolta ai sensi degli artt. 3 e 36 Cost. e dell’art. 2126 c.c., essendosi limitata a ritenere, erroneamente, che la richiesta non fosse sussumibile nella categoria del lavoro straordinario.

4.1 Il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo stato ivi trascritto l’esatto contenuto dello specifico motivo di gravame in ordine al quale la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi.

5. In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 51,00, oltre ad Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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