Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 01-07-2010, n. 15668 PENSIONI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

1. Con sentenza dell’11 dicembre 2003 il Tribunale di Lecce, giudice del lavoro, accoglieva, nei soli confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, la domanda di C.A., avanzata anche nei confronti dell’INPS, intesa ad ottenere l’indennità di accompagnamento dalla data di presentazione della domanda amministrativa, e condannava il predetto Ministero a corrispondere la richiesta provvidenza con decorrenza dal 1 marzo 2003. La decisione, impugnata in via principale dal C. (con riguardo alla decorrenza della prestazione) e in via incidentale dal Ministero (quanto alla legittimazione ad causam), veniva parzialmente riformata dalla Corte d’appello della stessa città, che, con sentenza del 21 febbraio 2007, dichiarava la legittimazione passiva dell’INPS, e non del Ministero, e condannava l’Istituto a corrispondere la prestazione, confermando, in base alle valutazioni della c.t.u. medico – legale rinnovata in appello, la decorrenza determinata dal primo giudice.

2. Di tale decisione il C. domanda la cassazione, con ricorso affidato a due motivi, cui l’INPS resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorrente denuncia, con il primo motivo, vizio di motivazione, lamentando che la decisione impugnata, venendo meno ai principi affermati dalla giurisprudenza, abbia omesso ogni accertamento e valutazione in ordine alla insorgenza del diritto alla prestazione, limitandosi ad una generica adesione alla consulenza medico – legale e trascurando i rilievi che, al riguardo, erano stati sollevati con l’atto di appello, soprattutto in relazione all’accertamento della riduzione della vista sin dalla data della domanda amministrativa.

2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, art. 4, della L. n. 18 del 1980, art. 1 e della L. n. 508 del 1988, art. 1 nonchè vizio di motivazione, per avere la Corte di merito omesso di valutare, ai fini dell’accertamento delle condizioni previste dalla legge per il riconoscimento della prestazione, la complessità delle patologie denunciate, ivi comprese le malattie diverse dalla cecità, così finendo per trascurare la ratio della indicata normativa in materia di indennità di accompagnamento.

3. Tali motivi, da esaminare congiuntamente per l’intima connessione, non sono fondati.

3.1. La decisione impugnata si fonda su un accertamento medico – legale, rinnovato in grado d’appello, specificamente valutato anche in ordine alla decorrenza della prestazione; in particolare, i giudici di merito hanno condiviso le conclusioni del c.t.u. ritenendo al riguardo inidonee le contrarie osservazioni medico – legali di parte attrice, intese ad ottenere una diversa determinazione della data di insorgenza del diritto, evidenziandone la genericità nonchè l’insufficienza sul piano medico – legale. Orbene, non reputa la Corte – nell’ambito del controllo della motivazione proprio del giudizio di legittimità – che la complessiva valutazione, così operata dai giudici di merito in coerenza con le risultanze istruttorie e con le approfondite considerazioni del consulente medico – legale, sia meritevole di censura sotto alcuno dei profili evidenziati dal ricorrente, atteso lo specifico e puntuale esame delle deduzioni mosse da quest’ultimo ai fini della decorrenza della prestazione.

3.2. Quanto, in particolare, alle dedotte malattie "concorrenti", le censure sollevate in questa sede si compendiano, essenzialmente, in una diversa configurazione dell’incidenza di tali patologie ai fini della complessiva valutazione delle condizioni del C.: tesi che, però, da un lato si risolve, inammissibilmente, in una divergenza rispetto alle conclusioni del consulente d’ufficio, condivise dai giudici di merito, e dall’altro, comunque, prospetta osservazioni medico – legali che hanno trovato nel giudizio di merito puntuali risposte, non inficiate da una dimostrata devianza da canoni fondamentali della scienza medica (cfr. ex pluribus Cass. n. 8654 del 2008; n. 9988 del 2009), nè da errata valutazione dei presupposti di legge ovvero da inesatta applicazione dei criteri elaborati dalla giurisprudenza per il riconoscimento della prestazione in esame (cfr.

Cass. n. 12521 del 2009).

4 In conclusione, il ricorso deve essere respinto, senza provvedimenti in ordine alle spese ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003).

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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