Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-12-2010) 22-03-2011, n. 11310 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Genova con sentenza del 15.2.2010, in parziale riforma della sentenza emessa il 29.1.2008 dal GUP presso il Tribunale di La Spezia dichiarava non doversi procedere a carico degli odierni ricorrenti per plurime imputazioni di cui all’art. 56 c.p., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 e art. 12, comma 5 ee rideterminava la pena inflitta a G.R. in anni tre e mesi nove di reclusione e nei confronti del C.M.J.A. in anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 390,00 di multa per concorso in associazione a delinquere e plurimi episodi di falso, ricettazione; il G. è stato condannato anche per il reato di cui all’art. 453 c.p..

Si è contestato ai due ricorrenti di avere il G. promosso o comunque organizzato un’associazione diretta a realizzare falsi documenti in favore di soggetti extracomunitari, utilizzando moduli in bianco per la falsificazione degli stessi ed al coimputato C. di aver concorso nella detta associazione.

La Corte territoriale rilevava che sussisteva il reato associativo in quanto sussisteva una struttura permanente diretta alla commissione di un numero indeterminato di reati con divisione di compiti tra gli aderenti. Circa la posizione del G. la Corte rilevava che l’imputato aveva un’impresa artigiana del quale era dipendente il D., la cui sede era il centro di smistamento dei documenti falsi inviati al K. o da questi spediti al G..

Il D. aveva specificato il ruolo di destinatario e di smistatore dei documenti svolto dal G. nella consapevolezza della loro natura illecita ed erano emersi i contatti tenuti con il P., altro appartenente all’organizzazione. Il D. era il vero animatore della stessa e teneva i contatti con il K. che fungeva da intermediatore con i soggetti interessati. Lo stesso imputato non aveva alla fine negato i contatti con il D. e il contenuto della posta a lui inviata.

Circa il reato di ricettazione la Corte territoriale rammentava che i moduli in bianco per la redazione dei permessi di soggiorno erano a disposizione della sola pubblica amministrazione e che pertanto il G. non poteva non sapere che gli stessi erano di provenienza illecita.

Circa il reato di cui all’art. 543 c.p. il D. aveva telefonato al G. chiedendogli dove nascondere oggetti che erano chiaramente le banconote false e lo stesso aveva risposto di riporle nella sua officina. Altre telefonate erano chiaramente riferite al possesso delle banconote di cui l’imputato ben sapeva la falsità.

Circa la posizione del C. inizialmente lo stesso era stato cliente dell’organizzazione, poi aveva iniziato a lavorare per la stessa procurando dei clienti, come da intercettazione captate; aveva quindi partecipato attivamente all’associazione ben consapevole dei fini della stessa.

Ricorre il G. che con il primo motivo deduce che l’imputazione relativa all’associazione era assolutamente generica in quanto non specificava il ruolo del G.; inoltre non era stato chiarito in alcun modo come il G. a capo di un’impresa artigiana potesse avere organizzato o promosso un’associazione a delinquere o comunque in che termini abbia nella stessa partecipato attivamente.

Con il secondo motivo si deduce che i reati di falso erano prescritti.

Inoltre (terzo motivo) il Tribunale del riesame aveva escluso la sussistenza del reato associativo.

Non emergeva alcuna prova certa in ordine al reato di cui all’art. 453 c.p..

Non sussisteva alcuna giustificazione del perchè per il G. il reato più grave fosse stato prescelto nel reato associativo, mentre per il coimputato fosse stata scelta l’imputazione di ricettazione punita meno gravemente.

Il motivo seguente solleva nuovamente la questione della scelta del reato più grave.

Per il C. con il primo motivo si allega che non era emerso alcun elemento per ritenere che l’imputato conoscesse la provenienza illecita dei moduli dei documenti in bianco. L’imputato, non inserito nel contesto sociale del nostro paese, si era affidato in buona fede ad altri soggetti senza conoscere gli aspetti legali della vicenda e convinto che facessero l’interesse delle persone in cerca di documenti.

Con il secondo motivo si ribadisce l’assenza di ogni prova in ordine all’elemento psicologico del reato di ricettazione e la mancata verifica della sussistenza del reato di cui all’art. 712 c.p..
Motivi della decisione

I ricorsi, salvo il motivo riguardante l’intervenuta prescrizione dei reati di falso, non appaiono fondati.

Sul primo motivo la Corte territoriale ha ampiamente motivato: il G. era titolare di un’impresa artigiana, ma la sua officina era diventata il deposito di documenti per i permessi illegali in uscita ed in arrivo ed era strettamente in contatto con il P. ed il D. per smistare tali documenti. Il ruolo direttivo e costituente svolto dal ricorrente è ben esemplificato nell’intercettazione al quale il D. si rivolge al ricorrente gli dice "abbiamo imboccato il filo buono.. Cioè sfruttiamolo finchè dura..". L’accordo associativo era a carattere stabile e non coinvolgeva singoli episodi di falsificazione di permessi di soggiorno. Il ruolo svolto dal G. è stato chiaramente indicato e la contestazione appare precisa ed idonea a consentire all’imputato di difendersi. Fondato appare il secondo motivo in quanto i vari reati di falso, pur considerando i periodi di sospensione, risultano prescritti prima della data della sentenza di appello. Infondato è il terzo motivo perchè gli elementi idonei ad integrare la sussistenza del reato associativo sono già stati ricordati: la motivazione appare congrua e logicamente coerente e le censure appaiono di mero fatto, del tutto generiche o irrilevante come il rilevo per cui il Tribunale del riesame aveva inizialmente escluso il reato associativo.

Circa il reato di cui all’art. 453 c.p. la Corte territoriale ha già ricordato le intercettazioni dalle quali emerge chiaramente che si stava parlando di banconote falsificate e si progettava di nasconderle nell’officina del G.. Di fronte a riscontri così evidenti e non spiegabili altrimenti la menzionata consulenza appare del tutto superflua. Non sussiste alcuna disparità di trattamento con il coimputato in ordine alla determinazione del reato più grave, posto che al C. non è stato contestato un ruolo direttivo o promozionale nell’associazione. Per quanto riguarda il ricorso del C. la Corte territoriale ha escluso in radice la buona fede del ricorrente posto che lo stesso inizialmente si servì dell’associazione per procurarsi un permesso di soggiorno illegale.

Al ricorrente non poteva sfuggire la provenienza dei moduli ed il carattere illegale dell’attività svolta posto che egli stesso era un clandestino e che si era prestato successivamente per altre operazioni analogamente illegali. La motivazione appare persuasiva e logicamente coerente, mentre le censure sono di mero fatto e già esaminate dai giudici di merito. Per il secondo motivo valgono le precedenti considerazioni; la buona fede dell’imputato deve essere esclusa in radice stante le risultanze processuali.

Pertanto va annullata la sentenza impugnata limitatamente ai reati di falso di cui agli artt. 476 e 482 c.p. perchè estinti per prescrizione, rigetta nel resto e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte di appello di Genova per la determinazione della pena in ordine ai restanti reati.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio sentenza impugnata limitatamente ai reati di falso di cui agli artt. 476 e 482. c.p. perchè estinti per prescrizione, rigetta nel resto e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte di appello di Genova per la determinazione della pena in ordine ai restanti reati.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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