Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-12-2010) 22-03-2011, n. 11305 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.C. e C.R., tramite difensore di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, in data 12.3.2010, della Corte di appello di Torino che, in parziale riforma della sentenza 9.5.2008 del Tribunale monocratico di Mondovì, in accoglimento dell’appello incidentale del P.G., applicava al V. la contestata recidiva,aumentando la pena allo stesso inflitta, per il reato di cui agli artt. 110 e 640 c.p., a mesi dieci di reclusione ed Euro 500,00 di multa, confermando la sentenza di primo grado nei confronti della C., condannata, per detto reato, alla pena di mesi 4 di reclusione ed Euro 200,00 di multa. I ricorrenti erano imputati, in concorso tra loro, di aver acquistato da P.S. un trattore consegnando in pagamento un assegno postale per l’importo di Euro 3.000,00, a firma di Z. M. e risultato protestato.

I ricorrenti chiedevano l’annullamento della sentenza impugnata deducendo:

1) mancanza,contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla prova sulla individuazione dei responsabili del reato; l’identificazione degli imputati era avvenuta sulla base della rilevazione del numero di targa del furgone guidato da colui che aveva speso l’assegno privo di provvista e di un riconoscimento fotografico presso la caserma dei carabinieri, senza che la Corte di merito avesse valutato l’attendibilità della testimonianza resa dalla persona offesa e senza acquisire la prova delle modalità di detto riconoscimento; non si era tenuto conto, inoltre, che la rilevazione parziale della targa, che aveva consentito agli organi inquirenti di accertare la proprietà del mezzo (ove era stato caricato il trattore di cui all’imputazione) in capo al V., non provava che quest’ultimo lo avesse guidato al momento del fatto; la convivenza della C. con il V. non era, peraltro, provata e, d’altro canto, non implicava che i due fossero anche concorrenti nel reato contestato, come ritenuto nella sentenza impugnata. Quanto al riconoscimento fotografico, effettuato prima dell’avvio delle indagini preliminari, a mezzo della visione di album fotografico, la impossibilità di verifica dei criteri di scelta delle fotografie di confronto, escludeva ogni garanzia di validità della individuazione fotografica che, comunque, ai sensi dell’art. 192 c.p.p., comma 2, costituiva un mero indizio di prova, necessitante di altri elementi indizianti – gravi, precisi e concordanti al fine di pervenire ad una pronuncia di condanna.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha dato conto, con motivazione esente da vizi di manifesta illogicità, come tale incensurabile innanzi alla S.C., dell’attendibilità del riconoscimento degli imputati, da parte a della persona offesa, P.S., che ha individuato gli stessi come le persone che si erano da lui recate per acquistare il trattore, pagandolo con un assegno privo di provvista e caricandolo poi su un furgone, risultato intestato al V. che, peraltro, non ha contestato di averne avuto la proprietà e la disponibilità il giorno del fatto contestato. E’stato, inoltre, evidenziato, nella sentenza impugnata, che la difesa degli imputati non aveva contestato specificatamente il comportamento del V. e cioè l’essersi questi presentato con il diverso nome dei Z.M. ed in compagnia della C., indicata falsamente come moglie, l’aver consegnato l’assegno privo di provvista a nome di detto Z. e l’essere tornato presso il P., il giorno dopo, per caricare il trattore, sempre in compagnia della C..

Sulla base di detti accertamenti le doglianze dei ricorrenti, sotto il profilo apparente del vizio di motivazione, si risolvono, in realtà, in inammissibili censure in fatto ed in valutazioni alternative sulla individuazione dei responsabili della truffa.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, di ciascuno, della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *