Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-12-2010) 22-03-2011, n. 11304

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a del Foro di La Spezia che chiede l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

M.F., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Genova, in data 20.1.2010 che, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di cassazione per nullità procedurali della sentenza della Corte di appello del 10.2.2006, confermava la sentenza 6.11.2003 del Tribunale di La Spezia sez. di Sarzana con cui il M. era stato condannato alla pena di un anno, mesi quattro di reclusione ed Euro 400,00 di multa per il reato di cui all’art. 648 c.p. (ricettazione di due foglietti col timbro del medico dr. S.G., su uno dei quali era vergata la prescrizione di Darchene).

Il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata deducendo:

1) carenza di motivazione sulla inutilizzabilità della prova, avendo la Corte di appello rinviato alla motivazione sul punto della sentenza di primo grado senza indicare le ragioni per le quali la relativa censura, svolta in appello "con diversa prospettazione", era stata rigettata;

2) erronea applicazione della legge penale,laddove la Corte territoriale aveva rigettato l’eccezione difensiva di inutilizzabilità della prova, sostenendo che sebbene la perquisizione personale fosse stata effettuata dai Carabinieri, ai sensi della L. n. 152 del 1975, art. 4, ovvero per controllare l’eventuale possesso di armi o esplosivi, il sequestro dei due "foglietti" di cui all’imputazione era da ritenersi comunque valido;

l’esito negativo di tale perquisizione con riferimento al possesso di armi, non avrebbe, invece, legittimato il sequestro di detti foglietti, stante il carattere eccezionale della norma di cui alla L. n. 152 del 1975, art. 4, e difettando un preventivo decreto autorizzativo del Magistrato; non ricorreva, peraltro, l’ipotesi dell’art. 253 c.p.p., comma 1, dal momento che le due prescrizioni mediche sequestrate non potevano qualificarsi come corpo di reato;

3) carenza, manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte di merito ritenuto non credibile e smentito dal verbale di sequestro l’assunto che il medico avesse apposto la propria firma sulla prescrizione " in bianco" solo per mostrarla ai Carabinieri, al fine di un confronto con quella risultante sull’altra prescrizione e, tuttavia, aveva ritenuto i due documenti provento di furto, escludendo apoditticamente che il medico avesse volontariamente consegnato ad altri la prescrizione da lui firmata "in bianco". Del pari illogicamente i giudici di appello avevano escluso la rilevanza dell’argomentazione difensiva secondo cui il verificarsi del furto del timbro medico del Dr. S., in epoca successiva al sequestro delle prescrizioni mediche, comportava che la timbratura delle stesse fosse stata effettuata dal medico stesso.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato. Le prime due doglianze attengono a questioni già esaminate dalla Corte territoriale e risolte con corretta e logica motivazione, laddove è stato evidenziato che la perquisizione con conseguente sequestro due foglietti in questione, con il timbro del medico, non era stata disposta dall’autorità giudiziaria, ma su iniziativa della polizia giudiziaria, con successiva convalida ex art. 355 c.p.p..

La dedotta inutilizzabilità è stata, quindi, correttamente esclusa, posto che, nella specie, non sussisteva alcun obbligo nè della polizia giudiziaria nè del P.M. di nominare un difensore di ufficio, prescrivendo il comma 2, della norma citata la consegna della copia del decreto di convalida solo alla persona cui sono state sequestrate le cose e non anche al difensore (Cass. n. 39003/2007; n. 29493/2003).

Peraltro, con motivazione esente da vizi di manifesta illogicità, come tale incensurabile in cassazione, la Corte territoriale ha ritenuto detti foglietti provento di furto, posto che "nè l’imputato nè il medico hanno fatto riferimento ad una regolare prescrizione da parte del sanitario seguita dal rilascio della ricetta nè è pensabile che un medico consegni a qualcuno un foglio firmato in bianco".

La censura sub 3); integrando, quindi, una ricostruzione alternativa dei fatti, esula dal sindacato di legittimità della Corte di Cassazione anche quanto all’assunto difensivo secondo cui il timbro era stato sottratto dopo il sequestro della ricetta e del modulo firmato in bianco.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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