Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-12-2010) 22-03-2011, n. 11461 danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 7 maggio 2010 la Corte d’appello di Milano, sezione terza penale, ha parzialmente riformato la sentenza emessa il 4 giugno 2009 dal Tribunale di Milano, che aveva dichiarato A. G. responsabile dei reati di molestie e ingiurie continuate, commessi in (OMISSIS), e l’aveva condannato, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione e concesse le circostanze attenuanti generiche, alla pena di euro quattrocento di multa, dichiarata interamente condonata, con la condanna al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile R.A., liquidati equitativamente in complessivi Euro 5.000,00.

La Corte d’appello ha, in particolare, dichiarato non doversi procedere in ordine ai fatti di molestia commessi a tutto il mese di (OMISSIS) per essere estinti per intervenuta prescrizione, riducendo la pena inflitta a euro trecentottanta di multa.

1.1. In base alla contestazione formulata, A.G. aveva recato molestia e disturbo a R.A. e J.M. dal (OMISSIS) con lettere, fax e numerosi e frequenti messaggi telefonici e telefonate, diretti sia a utenze del luogo di lavoro (Microelettrica Scientifica spa) sia a utenze cellulari e delle abitazioni delle parti offese, e, con le stesse condotte e nello stesso periodo, aveva ripetutamente offeso l’onore e il decoro di R.A., rivolgendole frasi ingiuriose.

1.2. Ad avviso dei giudici di merito prove univoche di colpevolezza dell’imputato in ordine ai fatti contestati erano costituite dalle "molteplici e convergenti circostanze ed elementi" conducenti allo stesso, tratti:

a) dalle numerose testimonianze rese, sia da J.M., parte offesa e amministratore delegato della Microelettrica Scientifica spa, che dalle dipendenti della detta società R.A., costituita parte civile, B.M. e M.A., da B.G., investigatore privato assunto da J. M., e da P.R., commissario della Polizia di Stato che aveva acquisito i tabulati telefonici;

b) dai tabulati telefonici delle utenze fisse della società Microelettrica Scientifica, con sede amministrativa in (OMISSIS), e delle utenze cellulari in uso alle persone offese, relative al secondo semestre del 2005, acquisiti dalla Polizia di Stato;

c) dalla emersa "complessa e variegata personalità" dell’imputato, già consulente della società Microelettrica e all’epoca dei fatti legato da relazione sentimentale con M.A. dipendente della società, con possibilità di accesso ai numeri delle utenze della stessa società, esperto di telefonia e tecnologia, della conversione dei messaggi in voci metalliche, e del loro tramutamento in chiamate telefoniche differite nel tempo rispetto alla digitazione sull’apparecchio da parte del chiamante;

d) dall’abituale frequentazione dei luoghi ubicati in (OMISSIS) e zone limitrofe, da cui erano risultati in uscita, attraverso impianti pubblici, i messaggi e le chiamate incriminati, e dalla coincidenza di alcuni episodi riferiti dai testi con la presenza documentata o ammessa dell’imputato nei luoghi;

e) dalla relazione dell’investigatore privato Be. e dalla ripresa filmata (riprodotta su supporto visionato in udienza nel contraddittorio delle parti), dallo stesso effettuata il 23 dicembre 2005, dell’imputato che usciva da una cabina telefonica ubicata nell’area di servizio di (OMISSIS), dalla quale era partita una telefonata sospetta diretta alla utenza fissa della società Microelettrica e dalla concomitante cessazione della serie di chiamate e messaggi.

1.3. Le questioni processuali e di merito formulate dalla difesa dinanzi al Tribunale, che le aveva disattese con argomentazioni che la Corte riteneva giuridicamente corrette, logiche e condivisibili, e riproposte nei medesimi termini dinanzi alla Corte d’appello, venivano ritenute non fondate.

In particolare la Corte riteneva valido il decreto di citazione a giudizio per essere indicati sia pure sinteticamente i luoghi e le date dei commessi reati e per essere descritte nei capi di imputazione le specifiche modalità della condotta; riteneva insussistente il difetto di motivazione del decreto di acquisizione dei tabulati telefonici per essere stata espressa la necessità investigativa di procedere alla loro acquisizione per la prosecuzione immediata delle indagini; rigettava l’eccezione di inutilizzabilità degli esiti delle investigazioni difensive svolte dall’investigatore privato incaricato dal difensore nominato dalla parte civile, documentate con le modalità previste dal codice e depositate, senza formalità non previste; rigettava, ritenendole infondate, le eccezioni di inammissibilità della costituzione di parte civile per violazione dell’art. 78 c.p.p., comma 2, lett. d) ed e), di inammissibilità della lista testi della parte civile per decorrenza del termine di cui all’art. 468 c.p.c. e di nullità delle ordinanze per omessa motivazione in ordine alle istanze istruttorie del difensore dell’imputato.

2. Avverso la predetta decisione ha proposto ricorso per Cassazione, per mezzo del suo difensore, A.G., il quale, dopo la preliminare dichiarazione di rinuncia alla prescrizione dei reati, sviluppa una serie articolata di motivi:

2.1. con il primo motivo lamenta violazione di legge in relazione all’assoluta genericità del capo di incolpazione dell’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p. e del capo di imputazione del decreto di citazione a giudizio, eccependo la nullità di tali atti con conseguente nullità delle sentenze di primo e di secondo grado e deducendo vizio di motivazione per omessa spiegazione delle ragioni per le quali il capo di imputazione del decreto di citazione a giudizio è stato ritenuto preciso dal giudice di appello, che si è limitato al richiamo di massime giurisprudenziali;

2.2. con il secondo motivo lamenta assoluto difetto di motivazione e violazione di norme processuali per l’omesso esame del motivo d’appello con il quale è stata eccepita la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari;

2.3. con il terzo motivo denuncia inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione della sentenza d’appello in relazione alla nullità della sentenza di primo grado per difetto di motivazione, attinente alla nullità del decreto di acquisizione dei tabulati telefonici e alla conseguente inutilizzabilita dei risultati;

2.4. con il quarto motivo denuncia ancora inosservanza di norme processuali in relazione alla inutilizzabilita degli esiti delle investigazioni difensive svolte dall’investigatore privato in violazione degli artt. 327 bis e 391 bis c.p.p., e vizio di motivazione della sentenza d’appello per avere il giudice d’appello svolto una motivazione apparente che ha travisato il motivo d’appello e le emergenze processuali;

2.5. con il quinto motivo denuncia inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione della sentenza d’appello, in relazione alla inammissibilità della costituzione di parte civile per la violazione dell’art. 78 c.p.p., comma 2, per essere stata notificata la costituzione all’imputato presso la sua abitazione e non al domicilio eletto presso lo studio del difensore ai sensi dell’art. 161 c.p.p.;

2.6. con il sesto motivo denuncia inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione della sentenza d’appello, in relazione alla inammissibilità della costituzione di parte civile per la violazione dell’art. 78 c.p.p., comma 1, lett. d) ed e), per non essere indicate le ragioni costituenti la causa petendi e il petitum e per essere l’atto privo della sottoscrizione del difensore;

2.7. con il settimo motivo denuncia inosservanza di norme processuali riguardo alla inammissibilità della lista testi presentata dalla parte civile dopo la scadenza del termine di cui all’art. 468 c.p.p.;

2.8. con l’ottavo motivo denuncia inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione, nonchè mancata assunzione di prova decisiva, in relazione alla nullità delle ordinanze per omessa motivazione sulle istanze istruttorie presentate all’udienza del 18 febbraio 2009 e del 17 aprile 2009, e trascritte in ricorso, accolte limitatamente all’esame, poi espletato ai sensi dell’art. 507 c.p.p., della teste M.A.;

2.9. con il nono motivo censura il vizio di motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), con riguardo alla valutazione della completezza e concludenza delle indagini, avuto riguardo alla incerta collocazione temporale delle chiamate la cui delimitazione è rimasta indefinita, al ristretto periodo interessato dall’acquisizione dei tabulati telefonici, alla omessa selezione con strumenti obiettivi dei dati ricavabili dai tabulati, alla mancanza di indagini della polizia giudiziaria e alla estrema eterogeneità delle chiamate per l’orario, l’utenza di origine e quella raggiunta e la tipologia.

Il nono motivo di ricorso è articolato in sottomotivi, con i quali si deduce:

2.9.1. vizio di motivazione sulla valutazione delle prove e in particolare della produzione difensiva di documenti (scontrini fiscali, ricevute alberghiere, biglietti ferroviari e aerei utilizzati), attestanti l’assenza del ricorrente dal luogo di origine delle telefonate, e della rilevanza del suo alibi;

2.9.2. vizio di motivazione sotto il profilo dell’omessa valutazione della incoerenza delle affermazioni del teste Be., emergenti dal suo esame e dalla relazione investigativa, apodittica e inattendibile per essere omessa l’indicazione delle persone incaricate delle indagini e per essere date per scontate circostanze confutate dalle emergenze della istruzione dibattimentale;

2.9.3. vizio di motivazione sotto il profilo dell’omessa valutazione della concludenza probatoria dell’esame dell’imputato, emergente dall’esame pure allegato al ricorso;

2.9.4. vizio di motivazione sotto il profilo dell’omessa valutazione di taluni elementi emersi dall’esame del teste I., con riguardo particolare alla conoscenza da parte dei responsabili delle molestie di dati personali del teste, che l’imputato non poteva conoscere;

2.9.5. vizio di motivazione sotto il profilo dell’omessa valutazione di taluni elementi emersi dall’esame della teste R., riportati in ricorso;

2.9.6. vizio di motivazione sotto il profilo dell’omessa valutazione di taluni elementi emersi dall’esame della teste M., evidenzianti la superficialità delle indagini e la divergenza conoscitiva tra la stessa, indicata come pretesa fonte di informazioni dell’imputato, e l’autore delle molestie;

2.9.7. manifesta illogicità della motivazione alla luce degli elementi istruttori evidenzianti l’inconsistenza dell’accusa e l’estraneità del ricorrente ai fatti contestati.

2.10. Con il decimo motivo, infine, si deduce la mancata assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione in ordine alla reiezione della richiesta di perizia su plico chiuso proveniente dall’autore delle molestie e recante le di lui impronte.
Motivi della decisione

1. Il ricorso, che contiene espressa rinuncia alla prescrizione, è infondato in ogni sua deduzione e deve essere rigettato.

2. Con riguardo ai motivi del ricorso si osserva:

2.1. Quanto al primo motivo, l’infondatezza discende dal rilievo che la Corte di merito ha esattamente interpretato il disposto dell’art. 552 c.p.p., alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, e puntualmente richiamati con riferimento al caso concreto, avuto riguardo alla indicazione nel decreto di citazione a giudizio, sia pure in forma sintetica, dei luoghi e delle date dei commessi reati, e alla circostanziata descrizione nei capi di imputazione delle modalità specifiche delle condotte contestate, non impeditive dell’esercizio del diritto di difesa.

2.2. Il secondo motivo, che attiene al difetto di motivazione in ordine alla eccepita nullità dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, trascura di rilevare che la prima doglianza dell’atto di appello ha riguardato espressamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, e non quella dell’avviso di conclusione per le indagini preliminari, la cui invalidità è stata invece dedotta solo come passaggio motivo della nullità fatta valere.

2.3. Infondato è anche il terzo motivo.

Questa Corte, già intervenendo sulla specifica questione prospettata, ha affermato il principio, che questo Collegio condivide, che, ai fini dell’acquisizione dei tabulati relativi al traffico telefonico, non è richiesta, stante il diverso livello di intrusione nella sfera di riservatezza che ne deriva, l’osservanza delle disposizioni relative alla intercettazione delle conversazioni di cui all’art. 266 c.p.p., e segg., e che l’obbligo di motivazione del provvedimento acquisitivo è soddisfatto anche con espressione molto sintetica, sufficiente essendo che con essa si sottolinei la necessità dell’investigazione in relazione al proseguimento delle indagini ovvero all’individuazione dei soggetti coinvolti nel reato (Sez. 1, n. 46086 del 26/09/2007, dep. 11/12/2007, Toma, Rv. 238170;

Sez. U, n. 6 del 23/02/2000, dep. 08/05/2000, D’Amuri, Rv. 215841).

Nel caso di specie il decreto acquisitivo emesso dal P.M. presentava le caratteristiche indicate, perchè l’avere esplicitato la necessità dell’acquisizione e l’avere di fatto correlato tale necessità alla immediata prosecuzione delle indagini risponde alla richiesta esigenza di succinta motivazione.

Tanto si rileva non senza trascurare che non risulta, in ogni caso, che la deduzione della nullità del provvedimento di acquisizione dei tabulati concernenti il traffico telefonico – che non presenta carattere assoluto e non comporta l’inutilizzabilità degli elementi raccolti, posto che tale sanzione non è prevista espressamente dalla legge e non si tratta di prova assunta in violazione di un divieto legale – sia stata effettuata prima della pronuncia della sentenza di primo grado (Sez. 4, n. 20558 del 24/02/2005, dep. 01/06/2005, Pietroleonardo e altro, Rv. 231920).

2.4. Il quarto motivo, nel dedurre la inutilizzabilità degli esiti delle investigazioni difensive, introduce insussistenti violazioni di norme processuali, atteso che risulta dallo stesso testo della sentenza che il titolare dell’agenzia di investigazione privata, interpellata da J.M., ha ricevuto l’incarico professionale nell’estate del 2005, dopo che la parte civile aveva conferito il mandato difensivo il 28 giugno 2005; l’art. 391 sexies c.p.p., non prevede, nel caso di accesso ai luoghi come nel caso di specie, l’obbligatoria redazione del verbale, e l’inserimento del materiale investigativo difensivo nel fascicolo del difensore non è sanzionato da alcuna norma, essendo invece prevista la possibilità per il difensore di presentare, in ogni caso, al pubblico ministero, a norma dell’art. 391 octies c.p.p., gli elementi di prova a favore del proprio assistito.

2.5. Destituito di fondamento è il quinto motivo.

L’infondatezza deriva non solo dal rilievo che, realizzandosi con la costituzione di parte civile l’inserzione nel processo penale di un rapporto civilistico per il risarcimento del danno e per le restituzioni, la costituzione di tale rapporto tra il danneggiato e l’imputato non richiede che la costituzione sia notificata al domicilio eletto presso il difensore, ma soprattutto dal rilievo del superamento della necessità della notifica per effetto della presentazione della dichiarazione di costituzione di parte civile in udienza il 23 novembre 2007, rilevata dal giudice di merito e non contestata dal ricorrente.

2.6. Quanto al sesto motivo, sono aspecifiche le deduzioni svolte, che consistono nella ripetizione, in sede di legittimità, delle doglianze esposte con il quinto motivo d’appello e non tengono conto della motivazione della sentenza impugnata.

Questa Corte, con orientamento costante ha affermato che devono considerarsi non specifici, ma soltanto apparenti, i motivi di ricorso che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appello, motivatamente esaminati e disattesi dalla Corte di merito, sia perchè il carattere autonomo di ogni atto di impugnazione postula che esso abbia in sè tutti i requisiti voluti dalla legge per provocare e consentire il controllo devoluto al giudice superiore sia in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, P.M. in proc. Candita e altri, Rv.

244181; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Giagnorio, Rv. 231708; Sez. 6, n. 12023 del 07/04/1988, dep. 06/12/1988, D’Alterio, Rv. 179874).

La sentenza, nel caso di specie, congruamente motivando, con riferimento all’eccepita mancanza delle indicazioni del petitum e della causa petendi nell’atto di costituzione di parte civile, ha ritenuto soddisfatto il fondamento della pretesa creditoria attraverso il richiamo alle condotte tenute dall’imputato, e, con riferimento alle formalità di costituzione di parte civile, ne ha evidenziato il regolare adempimento con il rilascio di rituale procura speciale al difensore e l’autentica della sottoscrizione della costituzione da parte del difensore.

2.7. La censura sviluppata con il settimo motivo attiene alla inammissibilità della lista testi presentata dalla parte civile dopo la scadenza del termine di cui all’art. 468 c.p.p..

Il motivo, generico nella parte in cui si limita a enunciare ragioni e argomenti già sviluppati con il sesto motivo d’appello, è infondato nella parte in cui si deduce che la lista testi non può farsi rientrare nel novero degli atti indicati dall’art. 90 c.p.p., per essere atto proprio della parte che suppone l’esercizio della facoltà di costituirsi parte civile, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice d’appello richiamando la sentenza n. 28748 del 2005 di questa Corte.

Questo Collegio ritiene, invece, che vada condiviso il principio affermato con detta sentenza (Sez. 5, n. 28748 del 08/06/2005, dep. 29/07/2005, Neroni, Rv. 232297), corrispondente a orientamento costante di questa Corte(Sez. 6, n. 43211 del 25/11/2010, dep. 06/12/2010, Aliquò, Rv. 248828; Sez. 6, n. 9967 del 13/07/1999, dep. 05/08/1999, Cucinotta G., Rv. 214182), e riaffermato che, in tema di diritti e facoltà della persona offesa, l’art. 90 c.p.p., consente alla parte offesa, anche se non costituita (o non ancora costituita) parte civile, di indicare elementi di prova e quindi anche di chiedere al giudice di merito l’ammissione di testimoni.

2.8. L’ottavo motivo, nel denunciare la nullità delle ordinanze per omessa motivazione sulle istanze istruttorie presentate all’udienza del 18 febbraio 2009 e del 17 aprile 2009, ripercorre testualmente le censure svolte con il settimo motivo d’appello, che integra con la deduzione dell’omessa spiegazione da parte del giudice di secondo grado delle ragioni della pretesa inutilità dei chiesti accertamenti. Tale generica integrazione non rende tuttavia la censura meno aspecifica difettando il riferimento alle ragioni della decisione impugnata rispetto alla quale non si pone come censura meditata.

2.9. E’ infondato il nono motivo.

Il motivo, ampiamente articolato con i suoi sette sottomotivi, attiene a difetti motivazionali della decisione impugnata e, nel ripercorrere le censure sviluppate con l’ottavo motivo d’appello, frazionato in quattro paragrafi e plurimi sottoparagrafi, e nel riprodurre gli atti già inseriti nel fascicolo dibattimentale, tende a impegnare questa Corte in una inammissibile nuova lettura degli atti probatori per pervenire a una diversa interpretazione degli stessi, in un’ottica più favorevole alla tesi difensiva.

Le deduzioni sono inficiate dall’equivoco di fondo di ritenere che, con il ricorso per Cassazione, si possa accedere a un terzo grado di merito e che la verifica di questa Corte sulla correttezza della motivazione si identifichi con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite ovvero con la possibilità di formulare un giudizio diverso da quello espresso dai giudici di merito sull’intrinseca adeguatezza della valutazione dei risultati probatori o sull’attendibilità delle fonti di prova.

2.9.1. Deve rilevarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato, ai sensi del vigente art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), deve mirare a verificare che la trama motivazionale della pronunzia: a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia sia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia "manifestamente illogica", in quanto sia sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" così da risultare vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Il ricorrente, che intende dedurre la sussistenza del vizio di motivazione per incompatibilità con gli "atti del processo", in particolare, non può limitarsi ad addurre che detti atti siano "contrastanti" con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità, nè che siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudicante, ma deve invece identificare, con l’atto processuale cui intende far riferimento, l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione adottata dal provvedimento impugnato, dare la prova della verità di tali elementi o dati invocati, nonchè dell’esistenza effettiva dell’atto processuale in questione, indicare le ragioni per cui quest’ultimo inficia o compromette in modo decisivo la tenuta logica e l’interna coerenza della motivazione (Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, dep. 29/03/2006, Casula, Rv. 233708; e, tra le plurime successive, Sez. 1, Sentenza n. 42369 del 16/11/2006, dep. 28/12/2006, De Vita, Rv. 235507; Sez. 4, n. 21602 del 17/04/2007, dep. 01/06/2007, Ventola, Rv. 237588; Sez. 1, n. 35848 del 19/09/2007, dep. 1/10/2007, Alessandro, Rv. 237684; Sez. 4, n. 3360 del 16/12/2009, dep. 26/01/2010, Mutti, Rv. 246499; Sez. 6, n. 29263 del 08/07/2010, dep. 26/07/2010, Cavanna e altro, Rv. 248192). li giudice di legittimità è, pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti "atti del processo". Tale controllo, per sua natura, è destinato a tradursi – anche a fronte di una pluralità di deduzioni connesse a diversi "atti del processo" e di una correlata pluralità di motivi di ricorso – in una valutazione, di carattere necessariamente unitario e globale, sulla reale "esistenza" della motivazione e sulla permanenza della "resistenza" logica del ragionamento del giudice.

Al giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai giudici di merito, cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza, rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione (Sez. U, n. 16 del 19/09/1996, dep. 22/10/1996, Di Francesco, Rv. 205621; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944; (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, dep. 23/06/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, n. 47289 del 24/9/2003, dep. 10/12/2003, Petrella, Rv. 226074; e tra le successive conformi, Sez. 3, n. 40542, del 12/10/2007, dep. 06/11/2007, Marrazzo e altro, Rv. 238016; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, dep. 15/12/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, dep. 18/11/2010, Merja, Rv. 248698).

2.9.2. La motivazione della sentenza impugnata, esaminata alla luce degli indicati principi, condivisi dal Collegio, si sottrae alle censure mosse.

La sentenza, infatti, con motivazione esente da evidenti incongruenze e da interne contraddizioni (saldata con la struttura motivazionale della decisione di primo grado per formare un unico complesso corpo argomentativo: Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, dep. 04/06/1992, P.M., p.c, Musumeci e altri, Rv. 191229), ha diffusamente analizzato le risultanze processuali, illustrando e coerentemente giustificando la ricostruzione degli elementi fattuali, sistematicamente organizzati e logicamente correlati, sulla base dei dati probatori acquisiti, e rappresentando le ragioni dimostrative della responsabilità dell’imputato in ordine ai reati contestatigli, pure alla luce delle deduzioni difensive formulate con i motivi di appello, cui ha fornito esauriente risposta.

La valutazione condotta dalla Corte non ha, infatti, trascurato di tenere conto del contenuto delle denunce presentate dalle parti offese e delle relative deposizioni, nonchè della loro coincidenza quanto alle modalità e ai tempi in cui sono state attuate le condotte contestate; delle emergenze derivate dall’acquisizione dei tabulati telefonici, idonee a consentire l’individuazione dei luoghi e delle utenze di provenienza delle telefonate moleste e della irrilevanza della acquisizione dei tabulati per periodo meno circoscritto e per il periodo, compreso tra il (OMISSIS), in cui il ricorrente ha lavorato presso la società Microelettrica Scientifica; degli esiti dell’attività di indagine della P.G. quanto alla individuazione delle cabine pubbliche di provenienza delle chiamate moleste e alla identificazione dei luoghi con località frequentate dall’imputato o nelle quali lo stesso aveva suoi interessi; delle modalità di espletamento dell’indagine investigativa, partita da accertamenti svolti ad ampio raggio e giunta, dopo vari accertamenti, alla identificazione del responsabile; delle risultanze del filmato, visionato in udienza, nella parte relativa all’episodio del (OMISSIS) e della coincidenza della rilevata uscita dell’imputato da una cabina pubblica con la telefonata molesta pervenuta alla parte offesa J.; della non incidenza sulle linee essenziali del quadro probatorio, ritenuto esauriente, della interpretazione delle deposizioni dei testi fornita dal difensore.

2.10. Infondato è anche il decimo motivo, con il quale si censura la reiezione in primo e secondo grado della richiesta di perizia su plico chiuso proveniente dall’autore delle molestie e recante le di lui impronte.

La motivazione della Corte di merito che ha ritenuto inutile la richiesta, peraltro molto tardiva, è congrua e logicamente coordinata con le emergenze acquisite. Sulla tardività della richiesta concorda implicitamente la stessa difesa nell’indicare la data della sua formulazione, in rapporto alle cadenze del processo di primo grado. Il suo accoglimento avrebbe supposto, in ogni caso, una valutazione di insussistenza di elementi sufficienti per decidere, e nella specie entrambe le decisioni di primo e di secondo grado concordano nella valutazione della irrilevanza e superfluità della richiesta istruttoria a fronte della copiosa mole di elementi accusatori.

3. Il ricorso deve essere, pertanto rigettato.

4. Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente ai pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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