Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-12-2010) 22-03-2011, n. 11299

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 14.12.2009 il G.M. presso il Tribunale di Napoli dichiarava non doversi procedere nei confronti del Q. in ordine al reato sub a) di cui all’art. 617 bis c.p. perchè il fatto non costituisce reato e per il reato sub b) di cui all’art. 640 c.p. per difetto di querela.

Il Q. come tecnico dipendente Telecom avrebbe deviato alcune utenze alla volta della direttrice 899 con danno degli utenti.

Il Tribunale (pagg. 12 e 13 del provvedimento impugnato) rilevava che, dopo le segnalazioni di alcuni utenti, i verbalizzanti avevano sorpreso il Q. all’interno della centrale Chiaia ove si erano verificate le segnalate anomalie con un microtelefono collegato ad un utenza privata e che tale utenza si trovava nella striscia ove erano state installate le 8 utenze telefoniche deviate alla direttrice 899 partite tutte dalla centrale di Chiaia: l’intervento della PG era stato in tempo reale.

Ricorre l’imputato che allega l’interesse all’impugnazione per ottenere la formula di proscioglimento per non aver commesso il fatto per eventuali ripercussioni in sede civile e disciplinare: si deduce la contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato che da un lato affermava i ricordati elementi a carico dell’imputato, ma trascurava la deposizione pure riportata in sentenza della Somma nel giudizio civile dalla quale emergeva che era impossibile l’operazione contestata senza il possesso di una apparecchiatura particolare di cui non godeva, per la stessa decisione, l’imputato.

Sono stati depositati motivi aggiunti che illustrano quanto già esposto nel ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Va ricordato con riferimento al vizio di motivazione che le S.U. della Corte (S.U. 24.9.03, Petrella) hanno confermato che l’illogicità della motivazione censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. In conclusione il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6A 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv.

207944, Dessimone). Ora la motivazione della sentenza impugnata appare congrua e immune da vizi logici: Il Tribunale ha ricordato che, dopo le segnalazioni di alcuni utenti i verbalizzanti avevano sorpreso il Q. all’interno della centrale Chiaia ove si erano verificate le segnalate anomalie con un microtelefono collegato ad un utenza privata e che tale utenza si trovava nella striscia ove erano state installate le 8 utenze telefoniche deviate alla direttrice 899 partite tutte dalla centrale di Chiaia. L’intervento della P.G. era stato peraltro disposto in tempo reale. Tali elementi determinano l’impossibilità di una assoluzione per non aver commesso il fatto perchè sono logicamente spiegabili solo con la partecipazione del ricorrente ai fatti contestati. Le censure sono peraltro solo di merito e non dimostrano l’illogicità manifesta ed incontrovertibile del provvedimento impugnato.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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