Cass. civ. Sez. II, Sent., 07-06-2011, n. 12306 Garanzia per i vizi della cosa venduta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Bologna, pronunziando sentenza n. 43/2002, respinse la domanda proposta dalla snc Golden Cafè di Negri Gian Luca e Del Grosso Lucia contro la srl La.Gi., diretta alla riduzione del prezzo di acquisto di un arredo da bar per vizi al piano di lavoro – che aveva presentato una abnorme permeabilità, con assorbimento dei liquidi e l’insorgere di aloni e macchie indelebili, ritenendo che non vi fosse la prova della tempestività della denunzia dei medesimi; la Corte di Appello di Bologna, con decisione n. 1176/2004, riformò la precedente pronunzia, ritenendo che la denuntiatio avesse rispettato il termine di otto giorni previsto dall’art. 1495 c.c., comma 1, e giudicando che i difetti lamentati diminuissero in modo apprezzabile il valore dell’arredo fornito dalla Fa.Gi.; condannò dunque l’appellata a pagare Euro 1.500,00 oltre interessi dalla domanda, di cui Euro 1.085,00 per restituzione parziale del prezzo pagato ed Euro 415,00 per risarcimento del danno – calcolato in via di equità- con riferimento al mancato guadagno per il periodo necessario alla sostituzione del ripiano.

La società Fa.Gi. ha ricorso per la cassazione di tale sentenza facendo valere tre motivi; si è costituita la snc Negri Gian Luca e Del Grosso Lucia -assumendo la identificazione con la società all’epoca convenuta – proponendo ricorso incidentale condizionato, cui ha risposto la Fa.Gi con controricorso.
Motivi della decisione

I ricorsi vanno riuniti ricorrendo i presupposti di cui all’art. 335 c.p.c..

1 – Con il primo motivo viene denunziata la "violazione e falsa applicazione degli arti. 1490-1497 c.c. – art. 112 c.p.c. ed insufficiente, contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5" assumendosi che erroneamente il giudice del gravame avesse ritenuto che il vizio denunciato dall’attrice integrasse una diminuzione apprezzabile del valore del bene, menomandone l’identità funzionale, compromettendone l’uso in modo non conforme al servizio cui era destinato, con ciò non dando applicazione al disposto dell’art. 1490 cod. civ. – che presuppone l’inidoneità oggettiva del bene derivante da un’imperfezione materiale del bene derivante dal processo produttive, o conservativo della res compravenduta – bensì ponendo a base della decisione la soggettiva percezione del vizio.

1/a – Il motivo è inammissibile in quanto tende a sostituire la valutazione della ricorrente a quella della Corte di merito circa l’idoneità del vizio a rientrare in quelli legittimanti l’esercizio di una azione quanti minoris, in presenza di una adeguata e non contraddittoria motivazione: sul punto la Corte richiama e fa proprio l’ormai costante orientamento di legittimità secondo il quale il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. (cfr. Cass. 15499/04; Cass. 16312/05; Cass. 10127/06; Cass. 4178/07; Cass. 7394/2010). 1/b – Va peraltro sottolineato che, in punto di fatto, neppure è vero che la Corte distrettuale avesse fatto riferimento ad un vizio apprezzabile solo soggettivamente, emergendo al contrario dalla lettura della sentenza che, ferma la indubitabile oggettiva consistenza del medesimo – costituito, come visto, da un’eccessiva permeabilità del materiale scelto per la copertura del bancone- il giudice dell’appello aveva sottolineato la ragione per la quale la menda del materiale assumesse un aspetto di gravità nell’ambito di un esercizio commerciale frequentato da numerosi avventori e nel quale era importante anche la percezione di cura e pulizia del locale , messa in forse dalla persistenza di macchie e di aloni sulla parte dell’arredo più a contatto con gli avventori.

1/c – Nell’ambito del medesimo motivo la ricorrente lamenta anche un vizio di ultrapetizione, sostenendo che invece doveva dirsi proposta un’azione diretta a far valere la mancanza di qualità promesse, disciplinata dall’art. 1497 cod. civ. 1/d – Anche tale difesa è inammissibile, difettando nel ricorso il requisito di autosufficienza in quanto, non riportando l’intero contenuto dell’atto di citazione innanzi al Tribunale come neppure della sentenza e dell’atto di appello della Golden Cafe, non ha messo in grado questa Corte di effettuare un efficace scrutinio circa la – sostanzialmente lamentata- mutatio libelli da parte dell’attrice che, in appello ( per come riportato nella narrativa di fatto della sentenza oggetto dello scrutinio di questa Corte), aveva insistito per l’accoglimento della domanda ex art. 1490 o in subordine di quella ex art. 1497 cod. civ.: da ciò deriva che correttamente la Corte territoriale, con motivazione congrua, dopo aver riscontrato la tempestività della denunzia dei vizi – presupposto comune alle due domande ritenne di accogliere la domanda di riduzione del prezzo e non quella di risoluzione prevista dall’art. 1497 cod. civ. non essendo a ciò vincolata dalla qualificazione, peraltro espressa in modo alternativo, della parte.

2 – Con il secondo motivo la ricorrente fa valere la "violazione e falsa applicazione degli artt. 1490, 2697 c.c., insufficiente, contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 " assumendo che la Corte bolognese sarebbe pervenuta a ritenere diminuito in modo apprezzabile il valore del bancone solo sulla base di una consulenza di parte, senza scendere al merito dell’imputabilità ad essa deducente del vizio lamentato.

2/a Il motivo è inammissibile sia per quanto sopra osservato in merito ai limiti della rilevabilità del vizio di violazione di legge sia in quanto non viene spiegato perchè la motivazione della Corte distrettuale fosse insufficiente e contraddittoria nelle sue proposizioni, riducendosi allora il motivo ad una inammissibile critica della valutazione concreta della fattispecie operata dal giudice dell’appello che, a riprova del riconoscimento obiettivo dell’esistenza di mende nel prodotto fornito, aveva anche richiamato l’atteggiamento processuale tenuto dalla Fa.Gi. al momento della costituzione e la conferma delle conclusioni del consulente di parte ad opera del teste V.O..

3- Con il terzo motivo viene fatta valere la "violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. dell’art. 1495 c.c.; insufficiente, contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5" per aver ritenuto il giudice dell’appello la tempestività della denunzia dei vizi nonostante la parte acquirente non fosse stata in grado di determinare con esattezza il momento in cui sarebbe stata comunicata a controparte.

3/a – Il motivo non è ammissibile, relativamente alla violazione delle norme che presidiano la ripartizione dell’onere della prova in materia di denunzia di vizi nella compravendita, per quanto sopra osservato; con riferimento poi al vizio di motivazione, lo stesso non sussiste – e quindi il motivo risulta infondato- dal momento che la Corte bolognese ha adeguatamente motivato la propria decisione richiamando la particolare natura del difetto – non percepibile come tale immediatamente ma solo dopo aver acquisita la certezza che le macchie e gli aloni non sarebbero stati eliminabili- , la immediata denunzia orale del medesimo e la consequenziale denunzia per iscritto, circoscrivendo dunque un arco temporale – terminato con la denunzia scritta contenuta nella missiva 19 febbraio 1999 compatibile con il rispetto del termine di cui all’art. 1495 cod. civ.: detto apprezzamento di fatto, essendo congruamente motivato ed in linea con i principi di questa Corte in materia, non appare suscettibile di ulteriore e diverso scrutinio in questa sede.

4 – Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale, espressamente condizionato all’accoglimento del primo. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidandole in Euro 2000,00 per onorario ed Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

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