Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-12-2010) 22-03-2011, n. 11328 Estinzione delle misur Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di S.M. ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Roma che il 28.06.2010 ha confermato l’ordinanza del GIP del Tribunale di quella città che respingeva l’istanza di revoca o sostituzione della misura custodiale in carcere chiesta dalla difesa del S. per il venir meno delle esigenze cautelari originariamente ravvisate ovvero l’espletamento di una perizia psichiatrica sulla compatibilità delle condizioni di salute del S. con il regime carcerario.

1.1. Con i motivi il ricorrente deduce il vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) e l’inosservanza di norme di legge nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost. e art. 275 c.p.p., e art. 292 c.p.p., comma 2, lett. e) e art. 299 c.p.p., comma 4 ter considerato che il consulente di parte Prof. M. ha ritenuto il S. affetto da tre tipologie di disturbi psichici ritardo mentale, disturbo antisociale di personalità, schizofrenia paranoide ed ha spiegato che la sinergia di tali disturbi determina la controindicazione del regime carcerario per l’imputato, il Tribunale del riesame avrebbe travisato tali risultanze probatorie dando rilievo solo a due dei predetti disturbi ed affermando che il consulente di parte avrebbe escluso ogni questione di incompatibilità con il regime carcerario: il travisamento sta proprio nell’aver valutato il disturbo schizofrenico in modo autonomo dagli altri disturbi e nel non aver considerato le conseguenze che l’interconnessione dei disturbi determina, con un conseguente grave errore di valutazione formulata senza il supporto tecnico di una relazione tecnico-scientifica.

Deduce, pertanto, il ricorrente che la decisione dei Tribunale determinerebbe una lesione al diritto , costituzionalmente garantito, alla cura, perchè come già affermato da questa Corte occorre valutare in modo prospettico la situazione clinica del detenuto accertata al fine di stabilire la compatibilità del regime carcerario. La scelta del Tribunale di rigettare la richiesta, in assenza di accertamenti medici specifici, contrasterebbe con i principi costituzionali comportando il sacrificio del diritto alla salute, costituzionalmente protetto.
Motivi della decisione

2. Il ricorso non è fondato.

2.1 Questo collegio non ignora che, secondo la giurisprudenza delle SS.UU., nel caso in cui il giudice non ritenga di accogliere, sulla base degli atti, la richiesta di revoca o di sostituzione della custodia cautelare in carcere, basata sulla prospettazione di condizioni di salute incompatibili con lo stato di detenzione o comunque tali da non consentire adeguate cure inframurarie, egli è tenuto a disporre gli accertamenti medici del caso, nominando un perito, secondo quanto disposto dall’art. 299 c.p.p., comma 4 ter.

Nell’affermare detto principio, la Corte ha precisato,tuttavia, che è comunque consentito al giudice di delibare sull’ammissibilità della richiesta, onde attivare la procedura decisoria, ma solo al fine di verificare che sia stata prospettata una situazione di salute della specie prevista dall’art. 275 c.p.p., comma 4, senza la possibilità di alcuna valutazione di merito, mentre gli è inibito respingere la domanda solo perchè, in via preliminare, si prefiguri la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, non potendo tale apprezzamento che essere successivo all’accertamento peritale che offre il parametro di comparazione (SS.UU. sent. 3 del 1999, ric. Femia, RV 212756).

2.2 Tanto premesso, va osservato però, che opportunamente talune pronunce di questa Corte, che questo collegio condivide, sviluppando il predetto principio giurisprudenziale sono approdate, anche le più rigorose, ad affermare che, in tema di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, la previsione dell’art. 299 c.p.p., comma 4 ter, impone al giudice la nomina del perito solo se sussiste un apprezzabile fumus e cioè se risulti formulata una chiara diagnosi di incompatibilità con il regime carcerario o comunque si prospetti una situazione patologica tale da non consentire adeguate cure in carcere (Cass., Sez. 6, 3 marzo 2006, Gallinotti, rv. 233740; Sez. 4, 22 gennaio 2003, Sorrenti, rv.

223932; rv. 239374).

2.3 Proprio l’assenza di tale elemento, esaltata dalla predetta valutazione, nel caso in esame, ha portato il Tribunale del riesame ad escludere che: "con riguardo alla più severa patologia della schizofrenia paranoide, nel corso del periodo di detenzione cautelare del S. nessuno degli psichiatri in servizio presso il carcere, aveva evidenziato elementi significativi di una qualche incompatibilità e che una tale valutazione appare coerente con la relazione psichiatrica più recente, redatta in data 24.05.2010 dai sanitari della C.C. Rebibbia Nuovo complesso, dov’è ristretto il S., in cui non si da atto di condizioni di salute particolarmente gravi, secondo quanto previsto dall’art. 274 c.p.p., comma 4 bis, ma al contrario, si registra l’assenza di cenni spontanei, da parte del detenuto, in merito ai disturbi allucinatori uditivi allegati nelle precedenti visite e si riferisce in ordine al trattamento farmacologico somministrato ed alla effettuazione di regolari visite periodiche" e ad affermare che: "neppure il CTP prof M. indica esplicitamente le ragioni per le quali detto trattamento farmacologico sarebbe inadeguato a fronteggiare la psicopatologia in questione…". 2.4 E’ pertanto di tutta evidenza che non vi è stato quel travisamento della valutazione tecnico scientifica delle condizioni di salute del S. che deduce il ricorrente quanto piuttosto una ponderata e logica valutazione degli elementi offerti dalla consulenza in relazione agli accertamenti medico sanitari cui è sottoposto costantemente il S. nell’ambiente carcerario sicchè la prospettata incompatibilità delle condizioni di salute del S. con il regime carcerario ha formato oggetto di una censura negativa che attiene al merito della valutazione contenuta nell’ordinanza impugnata, la cui motivazione è sorretta da ineccepibili argomentazioni logiche e giuridiche che la rendono non sindacabile nel giudizio di legittimità. 2.5 Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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