T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sent., 18-03-2011, n. 1570 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame – notificato il 30 novembre 2009 e depositato in segreteria il 10 dicembre 2009 – la società G.I. s.r.l., operante nel settore della distribuzione di carburanti, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con il quale il Comune di Villa Literno ha respinto la sua domanda – presentata il 24 febbraio 2009 e integrata in data 30 settembre 2009 – intesa ad ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti, con relativo permesso di costruire, su suolo di proprietà di essa società istante ubicato alla via S. Maria a Cubito, in catasto al f. 13, p.lle 52, 117, 49 e 114.

Il diniego comunale è motivato sulla misura di salvaguardia conseguente all’adozione del nuovo regolamento edilizio annesso al p.u.c. (delibere 4 e 5 del 27 febbraio 2008), che avrebbe collocato l’area interessata dall’intervento in zona "C" di espansione urbana, comparto 1, nella quale i nuovi interventi sono subordinati all’adozione di un previo piano attuativo (p.u.a.), nonché sulla sottoposizione dell’area di progetto a tutela paesaggistica ex art. 142 del d.lgs. n. 142 del 2004 (così dette aree "Galasso").

Avverso tale diniego parte ricorrente ha dedotto in ricorso diversi motivi di violazione di legge e di eccesso di potere.

Il Comune di Villa Literno non si è costituito in giudizio.

Con ordinanza n. 140/2010 del 15 gennaio 2010 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, sul rilievo della natura pretensiva dell’interesse azionato.

Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2011 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è in parte fondato e merita, per quanto di ragione, di essere accolto.

Come bene argomentato in ricorso, nessuno dei due motivi ostativi all’accoglimento addotti dal Comune intimato vale a sorreggere la legittimità del contestato provvedimento negativo.

Non il primo argomento – ossia la necessità di previo strumento attuativo, giusta l’adottato regolamento edilizio del piano urbanistico comunale – atteso che la misura di salvaguardia, ex art. unico l. n. 1902 del 1952 e 3, ultimo comma, l. n. 765 del 1967, avrebbe al più consentito la sospensione dell’esame della domanda, ma non anche il suo definitivo rigetto.

Non il secondo argomento, atteso che la sottoposizione dell’area interessata dall’intervento a vincolo ex lege "Galasso" (ora art. 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio) non implica la assoluta inedificabililtà dell’area medesima e, quindi, l’inammissibilità del progetto di parte ricorrente, bensì, più semplicemente, la necessità di rilascio, in aggiunta al permesso di costruire, anche dell’autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell’art. 146 del citato codice di settore del 2004, posto che, come è noto, il vincolo paesaggistico non è assoluto, ma solo relativo, nel senso che i nuovi interventi di trasformazione antropica dell’area vincolata sono consentiti solo previa autorizzazione paesaggistica, costituente un provvedimento autorizzativo autonomo e presupposto rispetto al titolo edilizio, di competenza, peraltro, in Campania, giusta la subdelega regionale, della stessa autorità comunale. Di talché è illegittimo un diniego di titolo edilizio (e, come nella specie, di autorizzazione alla realizzazione di un impianto commerciale) sol perché l’area è sottoposta a vincolo paesaggistico, dovendo, invece, il Comune, richiedere al cittadino e all’impresa che ha domandato il titolo, l’integrazione della domanda con la documentazione richiesta dall’art. 146 del ripetuto codice del 2004, ai fini dell’istruttoria dell’autorizzazione paesaggistica.

Nei limiti di quanto sin qui esposto, dunque, il ricorso può ritenersi fondato e può ottenere accoglimento.

Non risultano, invece, fondate le altre prospettazioni di parte ricorrente, intese a dimostrare, da un lato, la pretesa formazione, sulla sua domanda autorizzatoria, di un silenzioassenso, dall’altro, la inidoneità della prescrizione di previo piano attuativo a "paralizzare" la sua pretesa realizzativa, asseritamente consentita in tutte le zone di piano, ad eccezione del centro storico.

La tesi del silenzioassenso – ex art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 32 del 1998 ed art. 9, comma 4, della legge regionale n. 6 del 2006 – è impedita dal vincolo paesaggistico, poiché – cfr. artt. 19 e 20 l. n. 241 del 1990 – i meccanismi acceleratori della d.i.a. (oggi s.c.i.a.) e del silenzioassenso sono testualmente ed espressamente esclusi allorquando si tratti di interventi ricadenti in aree sottoposte a vincolo.

La tesi secondo cui gli impianti di distribuzione di carburanti sono realizzabili in tutte le zone omogenee del piano regolatore, ad eccezione della zona A (art. 16, comma 1, della citata legge regionale n. 6 del 2006), non implica che sia vietato subordinare l’installazione di tali impianti al vincolo formaleprocedurale di previo piano attuativo, che obbedisce non già alla funzione di escludere a priori taluni interventi in determinate aree del territorio comunale, bensì di subordinare tali realizzazioni a una previa razionalizzazione delle azioni di trasformazione urbanisticoedilizia di taluni comparti.

Parimenti infondata si evidenzia la censura svolta negli ultimi motivi di ricorso, circa un’asserita esorbitanza illegittima dei motivi di diniego definitivo rispetto a quelli anticipati in sede di preavviso di rigetto. Nel caso di specie, a quel che emerge dagli atti, tale eccedenza del provvedimento finale si risolverebbe nella allegazione del profilo ostativo paesaggistico, non preannunciato nell’atto ex art. 10bis l. n. 241 del 1990. Ora, è noto che il rapporto tra atto finale e preavviso di diniego deve costruirsi in termini di coerenza logica, ma non anche di vera e propria identità motivazionale, nel senso che sarebbe illegittimo un diniego basato su argomenti del tutto nuovi e in nessun modo coerenti con il percorso argomentativo dell’istruttoria e della stessa interlocuzione del privato, ma deve invece considerarsi del tutto legittimo un provvedimento conclusivo di diniego che – come è accaduto nel caso di specie in esame – abbia aggiunto un motivo ulteriore di diniego scaturito proprio dalla dialettica procedimentale, atteso che, guardando al caso in esame, il vincolo paesaggistico risulta in questo senso addotto proprio per smentire la tesi di parte ricorrente dell’intervenuta formazione del silenzio assenso sulla propria domanda realizzativa.

In conclusione, il ricorso è solo in parte fondato e può essere accolto esclusivamente per quanto concerne la mancata sospensione (anziché definitivo rigetto) sulla domanda autorizzativa di parte ricorrente e la mancata richiesta di integrazioni documentali finalizzate a istruire la connessa domanda di autorizzazione paesaggistica, in relazione alla presenza di un vincolo sull’area interessata dall’intervento. Il provvedimento di diniego impugnato dovrà, pertanto, in questi termini essere annullato, salvo il riesercizio della funzione da parte dell’amministrazione locale intimata in conformità alla regola giuridica posta nella presente sentenza.

Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico dell’ente locale evocato in giudizio, nell’importo liquidato in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, per quanto specificato in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento di diniego impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti del Comune intimato.

Condanna il Comune di Villa Literno, in persona del suo legale rapp.te p.t., al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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