Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-12-2010) 22-03-2011, n. 11319

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 30.7.2010 il Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Nola disponeva nei confronti di R.D. la misura cautelare della Custodia in carcere per i reati di cui: a) agli artt. 110 e 628 c.p.; b) artt. 110 e 337 c.p..

La difesa dell’indagato, avverso il suddetto provvedimento, proponeva richiesta di riesame che il Tribunale di Napoli, con ordinanza 13.8.2010 respingeva ritenendo che a carico del prevenuto risultavano gravi indizi desunti: 1) dal p.v. di arresto; dal p.v. di sequestro di cose pertinenti al reato e dalle dichiarazioni ammissive dell’indagato; 2) ricorrevano esigenze cautelari rappresentate dalla necessità di impedire la commissione di ulteriori reati analoghi tenuto conto della pericolosità dell’indagato, desunta vuoi dalle modalità esecutive del reato (rapina commessa con un complice, facendo uso di armi e ponendo in essere una reazione violenta nei confronti dei militari che erano intervenuti sul posto) vuoi dai precedenti dell’indagato; 3) quella adottata essere l’unica misura adeguata alla luce della rilevata pericolosità del prevenuto.

Avverso la suddetta ordinanza ricorre per Cassazione la difesa lamentando: 1) la violazione dell’art. 311 c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c), ed e); perchè il Tribunale del riesame avrebbe omesso di prendere in considerazione le ragioni illustrate nei c.d. "motivi nuovi" proposti ex art. 309 c.p.p., comma 6, con conseguente nullità dell’ordinanza ex art. 121 c.p.p. e art. 178 c.p.p., lett. c), perchè sarebbe stato impedito all’imputato di intervenire in modo concreto nel processo ricostruttivo e valutativo del fatto.

2) la violazione dell’art. 309 c.p.p., comma 6, art. 292 c.p.p., comma 2 ter, art. 121 c.p.p., art. 178 c.p.p., lett. c), art. 274 c.p.p., lett. c) art. 275 c.p.p., comma 3, artt. 282, 283 e 284 c.p.p. in relazione ai reati di cui ai capi a) e b) perchè il Tribunale avrebbe aderito acriticamente alle motivazioni della ordinanza cautelare del 30.7.2010 omettendo di spiegare in modo adeguato: a) la sussistenza della esigenza cautelare di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c); b) i requisiti di proporzionalità ed adeguatezza della misura cautelare. Inoltre il Tribunale non avrebbe preso in considerazione le "disagiate e precarie condizioni economiche" dell’indagato, le condizioni di salute della di lui figlia, le possibilità di svolgere una attività lavorative, operando nel contempo un giudizio svalutativo del contenuto della confessione.

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Infatti, in relazione alla profilata violazione delle norme penali sostanziali ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), la difesa non ha sviluppato ed illustrato le ragioni poste a fondamento della doglianza con la conseguenza che per questo aspetto il motivo è inammissibile ex art. 591 c.p.p., perchè generico.

Il motivo è altresì inammissibile anche con riferimento alla denunciata violazione di norme penali processuali ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e). In particolare la difesa deduce che il Tribunale del riesame non avrebbe preso in considerazione il contenuto di una memoria, depositata nel corso della udienza camerale contente "motivi nuovi" (e allegata documentazione) con i quali si attestava: a) la possibilità per l’odierno ricorrente di esercitare una onesta attività lavorativa; b) le condizioni di salute della figlia del medesimo. Il Tribunale del riesame, senza prendere in considerazione la prospettiva lavorativa del prevenuto, nè le condizioni di salute della figlia, ha appuntato la propria attenzione sulla gravità del quadro indiziario e in particolare sulla pericolosità del prevenuto e sul pericolo di reiterazione della condotta illecita, traendone le relative conseguenze.

La motivazione del provvedimento appare adeguata e non carente così come lamentato dalla difesa; infatti, come già affermato da altra sezione di questa Corte con sentenza che il Collegio condivide, va ribadito che "Nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata".(in tal senso v. Cass. Sez. 4, 24.10.2005 n. 1149 in Ced Cass. Rv 233187).

Nel caso in esame il Tribunale del riesame ha formulato con riferimento alle esigenze cautelari ex art. 274 c.p.p., lett. c) e art. 275 c.p.p., un giudizio che appare esauriente, sul piano logico, illustrando in modo adeguato ed esaustivo le ragioni per le quali appare necessario il mantenimento della misura cautelare e che si pongono in un insanabile contrasto con quelle indicate dalla difesa (possibilità di svolgere attività lavorativa e condizioni di salute della figlia). Pertanto nel caso in esame non si profilano aspetti di violazione dell’art. 125 c.p.p., o di una più generale violazione dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c). D’altro canto la difesa illustrando il contenuto della doglianza non ha fornito indicazione alcuna in merito al carattere di assorbente rilevanza dei detti motivi sì, che gli stessi, se presi in considerazione avrebbero determinato una decisione di contenuto diverso.

Infatti le deduzioni difensive (possibilità per lo indagato di svolgere attività lavorativa e condizioni di salute della figlia) non appaiono in questa sede idonee a superare gli aspetti connessi alla affermata indispensabilità della custodia cautelare così come rilevata dal Tribunale. La doglianza deve pertanto essere considerata manifestamente infondata, da un lato per la insussistenza della denunciata violazione di legge e dall’altro per la genericità del contenuto della censura.

2. La difesa censura l’ordinanza in ordine ad aspetti inerenti alla sua motivazione considerata alla luce dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e). La doglianza è infondata.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il provvedimento del giudice del riesame svolge una disamina completa della fattispecie concreta portata alla sua attenzione, adottando una motivazione che appare adeguata perchè immune da carenze, contraddizioni o illogicità. In primo luogo il Tribunale ha evidenziato gli elementi indizianti indicando le fonti di prova (risultanze del p.v. di arresto, risultanze del p.v. di sequestro, dichiarazioni confessorie dell’indagato), rilevandone la concordanza univoca e l’efficacia dimostrativa in relazione alle fattispecie di reato contestate (rapina aggravata e resistenza a pubblico ufficiale). Il Tribunale ha quindi preso in considerazione la sussistenza delle esigenze cautelari sotto il profilo di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) mettendo in evidenza le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente il pericolo che l’imputato possa commettere gravi delitti con uso di armi o ulteriori reati della stessa specie di quello per il quale si procede, desumendo la pericolosità del prevenuto dalla natura e dalle concrete modalità di esecuzione del reato quali il fatto che trattasi di rapina commessa in concorso con altra persona e con l’uso di armi e che l’indagato ha cercato di assicurarsi l’impunità ponendo in essere una reazione violenta nei confronti dei militari che cercavano di bloccarlo.

Il Tribunale ha quindi rilevato come l’imputato si sia reso responsabile di precedenti fatti analoghi facendo presente che i suddetti "precedenti" sono recenti nel tempo attesa la condanna per associazione per delinquere finalizzata proprio alla commissione di delitti di rapina.

Si tratta pertanto di un giudizio prognostico desunto in modo concreto da fatti già accaduti e specificamente indicati (v. in tal senso Cass. Sez. 3, 4.8.1995 n. 2531 in Ced Cass. Rv. 202627), la cui valutazione sotto il profilo del merito non è suscettibile di sindacato nella presente sede, attesa la esaustività della motivazione che appare immune da contraddittorietà o illogicità manifeste (peraltro neppure poste in evidenza dalla difesa). Le ragioni legittimamente addotte dal giudice del merito appaiono assorbenti su ogni diversa considerazione relazionata al comportamento processuale, alla prospettiva di svolgimento di una attività lavorativa e delle condizioni di salute della figlia, elementi questi ultimi che non mettono in evidenza una loro assorbente inconciliabità proprio con il paventato pericolo di reiterazione di analoghe illecite condotte.

Il giudizio espresso, in modo implicito, ma inequivocabile pone altresì in evidenza che qualsivoglia altra misura, meno afflittiva, appare inadeguata a contenere il pericolo di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) nella previsione, ragionevole, che il prevenuto non può beneficiare del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Per le suddette ragioni il ricorso deve quindi essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Ai sensi dell’art. 94 disp. Att. c.p.p., si deve disporre la comunicazione, a cura della cancelleria, della copia della presente decisione al sign. Direttore dell’Istituto penitenziario ove trovasi ristretto il ricorrente, perchè provveda a quanto stabilito, dal comma 1 bis della richiamata disposizione.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Manda al Cancelliere per le comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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