T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 18-03-2011, n. 440 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 1/3/1995 parte ricorrente depositava presso l’amministrazione comunale istanza di condono ai sensi dell’art. 39 della L. 724/94, per la sanatoria di alcuni abusi edilizi perpetrati con la costruzione di diversi corpi di fabbrica sui fondi di proprietà.

In data 20/5/1996 l’Assessore all’Urbanistica si pronunciava negativamente sulla domanda, adducendo:

o l’infedeltà della domanda per la difformità – rispetto a quanto dichiarato nel progetto – delle altezze dei manufatti, della tamponatura tra la baracca in ferro ed il rustico, e della profondità del portico;

o l’incompatibilità con il vincolo ambientale gravante sull’area, dovuta al contrasto tra i materiali usati – (ferro, latta, legno, ondolux di copertura) uniti in modo del tutto disordinato – ed il paesaggio circostante caratterizzato dalla presenza di ulivi; era accettabile una costruzione realizzata con materiale tipico della zona, con un minimo di ordine e nel rispetto di elementi tipologici caratteristici, mentre è impossibile dettare prescrizioni dirette a migliorare il manufatto, che dovrebbe essere integralmente abbattuto e ricostruito;

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la Società ricorrente impugna l’atto in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:

a) Incompetenza dell’assessore ad emanare il provvedimento di rigetto;

b) Eccesso di potere per travisamento, poiché lo stato dei luoghi è conforme a quanto descritto nel progetto di sanatoria, salvo qualche trascurabile scostamento insuscettibile di far qualificare la domanda come dolosamente infedele;

c) Violazione di legge per difetto di motivazione, in quanto non si comprende la fonte del vincolo invocato né l’impossibilità di adottare gli accorgimenti opportuni per integrare il manufatto nel contesto circostante, quando il ricorrente è disponibile ad eseguire quanto è necessario per il raggiungimento di quel risultato;

d) Eccesso di potere per difetto di motivazione, poiché le ragioni dedotte non consentono di individuare l’interesse pubblico attuale che sorregge il diniego.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale, chiedendo la reiezione del gravame e precisando in punto di fatto che le opere ricadono in ambito vincolato sotto il profilo paesaggistico in forza del decreto del Ministro dei Beni Culturali ed Ambientali del 27/4/1976, che ha dichiarato di notevole interesse pubblico l’intero territorio comunale (doc. 4 Comune).

Alla pubblica udienza del 24/2/2011 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. La questione controversa si incentra sul diniego opposto dal Comune sull’istanza di condono edilizio per alcuni manufatti realizzati sui terreni di proprietà del ricorrente.

2. Non coglie nel segno la prima censura, afferente all’incompetenza dell’Assessore all’urbanistica ad adottare il provvedimento. La difesa comunale ha chiarito sul punto che il prof. G.R. ricopriva all’epoca la carica di Assessore ed era titolare tra l’altro dei settori "edilizia privata, edilizia pubblica, urbanistica, ecologia e ambiente" secondo quanto statuito dalla deliberazione giuntale 28/9/1993 n. 73 (cfr. doc. 7).

3. Con la terza censura parte ricorrente deduce la violazione di legge per difetto di motivazione, in quanto non si comprende la fonte del vincolo invocato né l’impossibilità di adottare gli accorgimenti opportuni per integrare il manufatto nel contesto circostante, quando il ricorrente è disponibile ad eseguire quanto è necessario per il raggiungimento di quel risultato.

La doglianza è priva di pregio.

3.1 Va premesso che, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza, le valutazioni di compatibilità ambientale concretano un apprezzamento tecnicodiscrezionale rispetto al quale il sindacato del giudice è circoscritto alle situazioni connotate da evidenti illegittimità e da incongruenze manifeste, mentre non può tradursi nella formulazione di giudizi che spettano solo all’autorità competente: non a caso le valutazioni tecniche spettanti alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale e paesaggistico/territoriale non sono surrogabili in base all’art. 17 della L. 241/1990 (T.A.R. Abruzzo Pescara – 20/6/2009 n. 448).

3.2 Al contempo è stato anche sottolineato che il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo deve recare l’indicazione delle ragioni assunte a fondamento della ritenuta compatibilità o incompatibilità di un dato intervento edilizio con le esigenze di tutela paesistica sottese all’imposizione del vincolo stesso. Ne discende che l’eventuale diniego deve essere assistito da un apparato motivazionale che – sia pure in forma sintetica – si soffermi sulla realtà dei fatti e sugli elementi ambientali che sconsigliano di assentire un determinato intervento: devono quindi emergere in concreto le ragioni per le quali il manufatto, per le sue caratteristiche architettoniche ed estetiche, viene giudicato pregiudizievole dell’integrità del contesto paesaggistico in cui si inserisce e, con essa, degli specifici interessi pubblici alla cui tutela il vincolo è preordinato (T.A.R. Toscana, sez. II – 14/3/2008 n. 295; T.A.R. Liguria, sez. I – 22/12/2008 n. 2187).

3.3 Nella fattispecie la motivazione che assiste il provvedimento sfavorevole evidenzia un sufficiente dettaglio valutativo, compatibile con un’adeguata conoscenza dello stato dei luoghi. La documentazione fotografica in atti dà conto del contrasto tra il vincolo e la natura e la tipologia dei manufatti realizzati i quali – per il tipo di materiali usati, la totale disomogeneità e il disordine generale – non si armonizzano con il contesto circostante introducendo un’immagine inaccettabile da un punto di vista estetico. Il potere spettante all’autorità procedente, chiamata ad esprimere apprezzamenti tecnici, è connotato da ampia discrezionalità "estetica", rispetto alla quale non sono emersi travisamenti fattuali o evidenti illogicità suscettibili di inficiarne lo spessore (cfr. sentenza T.A.R. Brescia, sez. II – 2/2/2011 n. 224). Peraltro la valutazione preordinata al rilascio del nulla osta paesistico ha per oggetto la tutela di un bene primario, direttamente tutelato dall’art. 9 della Costituzione, e l’inderogabilità dei valori salvaguardati dal vincolo si riflette sull’azione amministrativa, che deve essere improntata alla massima cautela nell’esaminare ogni profilo dell’intervento edilizio che possa risolversi nella compromissione dei valori ambientali.

4. Alla luce delle considerazioni svolte è infondato anche il quarto motivo, fondato sull’eccesso di potere per difetto di motivazione: il provvedimento impugnato è ben preciso nell’indicare le ragioni ostative al condono alla luce dei sottesi interessi pubblici di rilevanza costituzionale.

5. Con la seconda censura il ricorrente lamenta l’eccesso di potere per travisamento, poiché lo stato dei luoghi è conforme a quanto descritto nel progetto di sanatoria, salvo qualche trascurabile scostamento insuscettibile di integrare la dolosa infedeltà della domanda.

5.1 Il profilo ostativo della lesione dell’interesse paesaggistico risulta autonomamente capace di sostenere l’atto gravato. La Sezione ha già statuito (cfr. sentenze 1/12/2009 n. 2391; 19/11/2010 n. 4662) che, qualora un provvedimento amministrativo sia sorretto da una pluralità di motivazioni, si applica il principio di resistenza, per cui la validità anche soltanto di una delle argomentazioni poste a base del provvedimento medesimo è sufficiente di per sé a supportarne il contenuto (si veda anche T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 22/9/2009 n. 4700). Per indirizzo giurisprudenziale consolidato, nei casi in cui il provvedimento impugnato risulti sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome – logicamente indipendenti e non contraddittorie – il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base della decisione controversa (idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità), ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I – 8/6/2010 n. 2721). La conservazione dell’atto implica la sopravvenuta carenza di interesse all’esame delle ulteriori doglianze mosse contro le motivazioni residue poiché – anche qualora dovessero essere accolte – esse non potrebbero comunque provocare l’effetto caducatorio (T.A.R. Campania Napoli, sez. III – 9/9/2008 n. 10065; T.A.R. Lazio Roma, sez. II – 28/1/2008 n. 608).

5.2 Peraltro il motivo è infondato, poiché il tentativo di ridimensionare le conclusioni dell’amministrazione si infrange con le risultanze fattuali – non contestate – caratterizzate da plurimi e significativi scostamenti dei quali il provvedimento dà diffusamente conto nella sua prima parte.

In conclusione il gravame è infondato e deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e possono essere liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la Società ricorrente a corrispondere all’amministrazione resistente la somma di 2.500 Euro a titolo di competenze ed onorari di difesa, oltre alle spese generali.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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