T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 18-03-2011, n. 432 Ministero dei beni culturali Vincoli storici, archeologici, artistici e ambientali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito dell’abusiva realizzazione di un fienile e deposito macchine ed attrezzi agricoli funzionali alla conduzione del fondo, il sig. G., il 22 febbraio 1995, presentava domanda di condono edilizio ai sensi della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

Nell’ambito del relativo procedimento, il Sindaco, ritenendo, erroneamente secondo la costruzione del proprietario, che l’area fosse soggetta anche a vincolo ambientale (genericamente individuato come vincolo "ai sensi dell’art. 1 della legge 8/8/1995, n. 431"), rilasciava l’autorizzazione n. 51/96 del 2 agosto 1996, ai sensi dell’art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497.

Peraltro, mentre, con deliberazione n. 65/153/96 del 22 ottobre 1996, la giunta provinciale rilasciava la necessaria autorizzazione dovuta alla presenza del vincolo idrogeologico, la suddetta autorizzazione veniva invece annullata dal Ministero, rendendo concreto ed attuale l’interesse del proprietario alla contestazione anche della stessa autorizzazione a suo tempo rilasciata (nella parte in cui dà atto dell’esistenza di un vincolo negata dal ricorrente) e non immediatamente contestata proprio in ragione dell’esito comunque positivo del procedimento, nonostante l’asserita presenza del vincolo.

In ragione di ciò esso impugnava entrambi i provvedimenti, deducendo:

1. violazione dell’art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, dell’art. 1, lett. G) della legge 8 agosto 1985, n. 43, dell’art. 3 della legge n. 241/90 e dell’art. 1 della L.R. 5 aprile 1976, n. 8 e s.m.. Né l’annullamento ministeriale, né l’autorizzazione comunale consentirebbero di individuare quale vincolo ambientale è stato ritenuto ostativo al rilascio della concessione in sanatoria. Ciò integrerebbe, in primo luogo, un difetto di motivazione, ma sarebbe anche sintomatico di un’istruttoria inadeguata. È difficile immaginare, secondo parte ricorrente, che sia possibile un efficace controllo sulla gestione del vincolo, se il vincolo stesso non viene puntualmente individuato. In particolare, nel caso di specie, non parrebbe possibile immaginare una violazione del vincolo proprio delle aree boschive, posto che la zona non sarebbe qualificabile come "boschiva". Le uniche piante presenti sarebbero state, infatti, i cipressi che costituivano una fascia a monte del porticato realizzato, nonché le piante ad alto fusto collocate a valle dello stesso per meglio inserire la struttura nell’ambiente.

Lo stesso strumento urbanistico adottato nel 1994, inoltre, non farebbe rientrare l’area in questione tra quelle boschive;

2. violazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge n. 241/90, per omessa comunicazione di avvio del procedimento di verifica della regolarità della gestione del vincolo, precludendo al ricorrente di presentare le proprie osservazioni;

3. violazione e falsa applicazione dell’art. 82 del DPR 616/1977, come modificato dall’art. 1 della legge n. 431/1985: erroneamente quello che avrebbe dovuto essere un controllo di legittimità dell’autorizzazione si è trasformato in un vero e proprio riesame del merito, in violazione dei limiti al potere dell’autorità di controllo così come delineati anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 1112 del 20 dicembre 1988;

4. violazione e falsa applicazione dell’art. 82 del DPR 616/1977, come modificato dall’art. 1 della legge n. 431/1985, in quanto l’annullamento disposto dal Ministero sarebbe motivato esclusivamente dalla ravvisata carenza di motivazione dell’autorizzazione sindacale.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione statale intimata, ma senza spiegare una specifica difesa.

Dopo il decesso dell’originario ricorrente, gli eredi dello stesso hanno riassunto la causa.
Motivi della decisione

Il ricorso merita accoglimento.

Come la giurisprudenza ormai consolidata ha avuto modo di chiarire, con un orientamento costante da cui il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi, "Il potere riconosciuto al Ministero per i Beni Culturali ai sensi dell’art. 82, D.P.R. n. 616 del 1977 (ora, art. 159, d.lg. n. 42 del 2004), è da intendersi quale espressione non già di un generale riesame nel merito della valutazione dell’ente delegato, bensì di un potere di annullamento per motivi di legittimità, riconducibile al più generale potere di vigilanza, che il legislatore ha voluto riconoscere allo Stato nei confronti dell’esercizio delle funzioni delegate alle Regioni e ai Comuni in materia di gestione del vincolo, fermo restando che il controllo di legittimità può riguardare tutti i possibili profili dell’eccesso di potere" (da ultimo, T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 20 ottobre 2010, n. 3685).

Ne deriva, nel caso di specie, la fondatezza delle doglianze (3 e 4 del ricorso), attraverso cui parte ricorrente deduce l’illegittimo esercizio del potere da parte del Ministero che, dietro la facciata della formula della ravvisata carenza di motivazione ha, in realtà, chiaramente connesso l’annullamento dell’autorizzazione ad una ravvisata difformità di materiali, forma e sagoma rispetto alla tipologia edilizia del luogo. Il Ministero ha, quindi, evidentemente, indugiato su una rivalutazione della sussistenza dei presupposti di merito per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica che ha condotto ad un esito negativo, ancorchè formalmente giustificato da un’impropria carenza di motivazione contestata nei confronti dell’autorizzazione comunale.

Sia l’autorizzazione comunale, che il successivo annullamento della stessa appaiono, inoltre, viziati, in quanto non è dato comprendere a quale tipo di vincolo la zona fosse soggetta, così precludendo ogni possibile esternazione delle ragioni a tutela della posizione dei proprietari.

Ne discende l’annullamento del provvedimento di secondo grado adottato dal Ministero, per superamento dei limiti della competenza propria dell’Autorità statale preposta al controllo del vincolo, nonché l’annullamento anche della autorizzazione rilasciata dal Comune, in ragione del vizio formale rappresentato dalla mancata esplicitazione del vincolo cui la zona sarebbe stata assoggettata al momento dell’adozione del provvedimento stesso.

Sono fatti salvi gli ulteriori provvedimenti che le Amministrazioni intimate intenderanno adottare nell’ambito della ripresa dell’iter del procedimento di condono.

Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti.

Condanna il ricorrente al pagamento, a favore dell’Amministrazione costituita, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre al rimborso forfetario delle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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