T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, 01-07-2010, n. 2420 OPERE PUBBLICHE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Le ditte G.P.I.T. s.r.l. e B.P. s.r.l. hanno partecipato alla gara indetta dall’Azienda Ospedaliera Ospedale Maggiore di Crema per l’affidamento dei lavori di realizzazione della centrale tecnologica dei due fabbricati denominati Polo 1 e Polo 2, dichiarando, a tal fine, di intendere costituire un’associazione temporanea d’imprese senza null’altro specificare.

Con riguardo ai requisiti necessari per la partecipazione, il bando richiedeva che il partecipante alla gara potesse vantare "l’importo complessivo dei lavori eseguiti, mediante attività diretta ed indiretta, svolti nell’ultimo quinquennio nella categoria G11 per un importo minimo di Lire 8.989.542.000". Nello stesso si specificava altresì che, in caso di mancata conversione in legge del D.L. n. 502/99 (sulla scorta del quale era stato elaborato il bando di gara) si sarebbero applicate al bando le norme di cui al D.P.C.M. 10 gennaio 1991, n. 55 ed in particolare i valori percentuali massimi previsti da tale norma.

Il 12 aprile 2000 la Commissione procedeva all’apertura delle buste delle offerte pervenute, constatando che l’offerta migliore era quella presentata dalla costituenda A.T.I. P.- B.. Ciononostante, ravvisando dei dubbi sull’ammissibilità di tale offerta con riferimento ai requisiti dichiarati dalle imprese, nonché alla mancanza della dichiarazione concernente la circostanza che l’offerta aveva tenuto conto di tutti gli oneri previsti per la sicurezza, essa chiedeva un parere legale, assunto il quale, dichiarava, il 21 aprile 2000, l’esclusione dell’offerta in questione.

Ne seguiva l’aggiudicazione alla controinteressata e l’approvazione degli atti di gara: tutti atti che le imprese P. e B. hanno inteso impugnare con il ricorso in esame ritenendoli viziati in ragione di:

1. violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.P.C.M. 10 gennaio 1991, n. 55 e violazione del bando di gara. In base al comma 2 della disposizione invocata, l’importo complessivo dei lavori eseguiti richiedibile al partecipante alla gara dovrebbe essere, nel caso di specie (in cui si è optato, decaduta senza conversione in legge la previsione del D.L. 502/99, per l’applicazione della percentuale massima), pari ad 1,20 volte l’importo a base d’asta riferito alla singola lavorazione. L’A.T.I. costituenda tra le odierni ricorrenti, in altre parole, avrebbe dovuto essere qualificata come verticale, con la conseguenza che alla mandataria non avrebbe potuto essere richiesto altro requisito che la possibilità di vantare lavori pregressi riconducibili allla medesima categoria di quelli per cui possiede la qualificazione, nel quinquennio antecedente, per un importo pari a 1,20 volte l’importo a base d’asta previsto per la specifica categoria OG11 ed analogamente il possesso dello stesso requisito avrebbe dovuto essere accertato in capo alla mandante con riferimento alla categoria OG1. Erroneamente, quindi, l’Azienda avrebbe richiesto alla capogruppo il requisito dell’aver eseguito, precedentemente, lavori in categoria OG11 per un importo pari ad 1,20 volte l’importo a base d’asta complessivo (cioè derivante dalla somma delle lavorazioni OG11 e OG1);

2. violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del DPR 25 gennaio 1994, n. 130, in quanto la dichiarazione concernente la circostanza che l’offerta aveva tenuto conto di tutti gli oneri previsti per la sicurezza non sarebbe stata richiesta dal bando a pena di esclusione. Ne discende che l’Amministrazione avrebbe dovuto limitarsi a chiedere l’integrazione della documentazione. A conferma di ciò si porrebbe la circostanza per cui l’esclusione dell’ATI ricorrente non è stata disposta immediatamente, ma è stata procrastinata ad un momento successivo all’acquisizione del parere sull’ammissibilità dell’offerta in ragione dei requisiti fatti valere dalle imprese partecipanti;

3. invalidità derivata di tutti gli atti successivamente adottati dall’Azienda nell’ambito del procedimento.

Si è costituita in giudizio l’Azienda Ospedaliera, sostenendo l’infondatezza del ricorso. A tal fine essa ha invocato la copiosa giurisprudenza secondo cui, in assenza di diversa specificazione, la dichiarazione di volersi costituire in A.T.I. deve essere intesa come finalizzata alla costituzione di una A.T.I. orizzontale. Inoltre la mancata produzione della dichiarazione concernente la circostanza che l’offerta aveva tenuto conto di tutti gli oneri previsti per la sicurezza non potrebbe essere qualificata come una mera irregolarità formale, essendone prevista la produzione a pena di esclusione.

Anche la controinteressata ha esplicato analoghe difese nella propria costituzione in giudizio.

Essa ha altresì notificato ricorso incidentale, sostenendo che le imprese ricorrenti avrebbero comunque dovuto essere escluse in quanto, avendo dichiarato di intendere costituire una associazione temporanea, presumibilmente di tipo orizzontale (non avendo dichiarato il contrario, né specificato le diverse lavorazioni che le due imprese si sarebbero assunte), ognuna di esse avrebbe dovuto poter vantare la qualificazione in ciascuna categoria per almeno un quinto dell’importo a base d’asta: requisito che nessuna delle due avrebbe, posto che la P. s.r.l. non possiede alcuna qualificazione in categoria OG1 e così la B. s.rl. non possiede alcuna qualificazione nella categoria OG11.

Alla camera di consiglio del 23 giugno 2000 l’istanza cautelare è stata rigettata.

In vista della pubblica udienza l’Amministrazione resistente ha depositato una memoria nella quale ha ribadito quanto già precedentemente affermato nei propri scritti difensivi.

Parte ricorrente, invece, ha depositato un atto qualificato come ricorso per motivi aggiunti, con il quale, però, non sono stati impugnati atti ulteriori, né dedotti nuovi motivi di invalidità avverso quelli impugnati, ma solo ribadite le tesi già esplicitate nel ricorso principale e nelle successive memorie.

Alla pubblica udienza del 10 giugno 2010 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente rigettata l’eccezione di irricevibilità collegata al preteso mancato rispetto del termine a ricorrere previsto dall’art. 19 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67. A tale proposito la giurisprudenza ha chiarito come la riduzione a metà dei termini processuali disposta dall’art. 19 del D.L. 25/3/1997, n. 67, c.c.m. in legge 23/5/1997, n. 135, per il giudizio in materia di opere pubbliche si applica anche ai termini per la notifica del ricorso al T.A.R. (vedi per tutte Consiglio di Stato, Ad. Plen. 14/2/2001, n. 1).

Ciononostante il ricorso risulta notificato entro il termine di trenta giorni dal 21 aprile 2000 – data in cui le imprese ricorrenti hanno avuto piena conoscenza della propria esclusione dalla gara, in quanto il legale rappresentante della mandataria risulta essere stato presente alla seduta della commissione di gara.

Come chiarito dalla Corte Costituzione nella nota sentenza n. 477 del 2002, la notificazione si perfeziona per il notificante alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, anziché a quella di ricezione da parte del destinatario. Gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, infatti, essere ricollegati – per quanto riguarda il notificante – al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale appunto l’agente postale) sottratta in toto al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo.

Nel caso di specie la notifica del ricorso è stata presa in carico dall’ufficiale giudiziario prima del decorso del termine dei trenta giorni suddetto, con la conseguenza che esso è senz’altro ricevibile.

Ciò premesso, nel merito il ricorso deve essere respinto.

Le ricorrenti, infatti, non hanno espressamente dichiarato, all’atto della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, di intendere costituire un’ATI verticale, tant’è che non hanno differenziato le prestazioni che sarebbero state eseguite dall’una e dall’altra, né specificato le relative percentuali ovvero non si sono assunte la responsabilità della esecuzione delle diverse lavorazioni.

Ne deriva che legittimamente la stazione appaltante ha presunto la volontà delle imprese di costituire un’associazione temporanea di imprese di tipo orizzontale, con conseguente applicazione della relativa normativa, rispetto alla quale esse risultavano essere prive dei requisiti richiesti.

Non può essere condivisa, quindi, la tesi di parte ricorrente secondo cui le Imprese P. e B. non potevano che avere intenzione di costituire un’associazione di tipo verticale, non avendo i requisiti per la costituzione di una di tipo orizzontale. Il sistema delineato dalla normativa allora vigente (ma anche da quella sopravvenuta) prevede, infatti, che le imprese interessate debbano espressamente indicare le particolari lavorazioni che esse intendano eseguire, assumendosene la responsabilità, mentre in assenza di una specificazione in tal senso non può che presumersi che le stesse intendano eseguire i lavori in parti uguali, rimanendo solidalmente responsabili. Rispetto all’impegno alla realizzazione dei lavori che emerge dall’applicazione di tali regole deve, quindi, essere accertato il possesso degli specifici requisiti di idoneità richiesti in capo a ciascuna impresa associata a seconda dell’impegno assunto. Non può valere, invece, il contrario: non può trasferirsi, infatti, in capo alla stazione appaltante l’assolvimento di quell’obbligo dichiarativo che è proprio delle ditte partecipanti. Alla stessa non può, quindi, essere richiesto di ricavare aliunde (rispetto alla domanda di partecipazione) il tipo di associazione che le imprese intendono costituire, andando a verificare, di volta in volta, il possesso dei requisiti propri di ciascuna delle partecipanti in associazione e deducendo, quindi, da questo l’intenzione di dare forma ad un’associazione verticale ovvero orizzontale.

Legittimamente, quindi, una volta presunta la volontà di dare luogo ad un’associazione di tipo orizzontale, la stazione appaltante ha escluso le ricorrenti per carenza dei requisiti di partecipazione richiesti in termini di precedente esperienza, non avendo eseguito, le stesse, nell’ultimo quinquennio, lavori in categoria OG11 per un importo pari a 1,20 volte l’importo a base d’asta complessivo, così come richiesto con riferimento, per l’appunto, in relazione ad A.T.I. di tipo orizzontale.

Il provvedimento di esclusione risulta, peraltro, correttamente fondato anche sulla riscontrata carenza della dichiarazione nella quale si doveva dare atto di aver tenuto conto, nella formulazione dell’offerta, degli oneri previsti per i piani di sicurezza.

Una semplice lettura del bando pone in evidenza come tale dichiarazione fosse richiesta a pena di esclusione, con la conseguenza che l’aver disposto un’integrazione della documentazione come richiesto da parte ricorrente, avrebbe rappresentato una palese violazione non solo della lex specialis, ma anche del principio della par condicio.

Accertata l’infondatezza del ricorso principale, appare superfluo l’entrare nel merito dell’esame del ricorso incidentale.

Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza, con la conseguenza che deve esserne disposto il rimborso a favore di entrambe le parti resistenti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione seconda di Brescia, definitivamente pronunciando respinge il ricorso in epigrafe indicato.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida, a favore dell’Azienda ospedaliera, nonché dell’A.T.I. controinteressata, in Euro 3.000,00 (tremila/00) ciascuna, per un totale di Euro 6.000,00 (seimila/00), oltre ad IVA, C.P.A. e rimborso forfetario delle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Stefano Tenca, Primo Referendario

Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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