T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 18-03-2011, n. 425 Concessione per nuove costruzioni contributi Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La ricorrente I.M. srl ha ottenuto dal Comune di Gandino in data 29 ottobre 1992 la concessione edilizia n. 272 per la realizzazione di un nuovo capannone industriale in via Ca" Volpari sui mappali di proprietà n. 211121132114211521161409.

2. A titolo di contributo di costruzione la ricorrente ha versato in via anticipata l’importo di lire 94.000.000 (Euro 48.546,95) con reversale del 24 novembre 1992.

3. I lavori di costruzione del capannone sono iniziati il 19 ottobre 1993 ma non sono stati ultimati nel termine triennale previsto dalla concessione edilizia, che dunque è decaduta il 29 ottobre 1995. A quella data erano stati realizzati unicamente i pilastri e la copertura.

4. Vi è stata poi una fase di stasi, e solo in data 14 dicembre 1998 la ricorrente ha presentato una nuova domanda di concessione. Nella domanda l’intervento era descritto come "sistemazione" del fabbricato industriale. In effetti il nuovo progetto prevedeva un corposo insieme di opere per il completamento delle parti non ancora realizzate (pareti esterne, solaio tra il piano terra e il primo piano, scale, organizzazione interna degli spazi). La descrizione puntuale delle opere già eseguite e degli interventi di completamento progettati è contenuta nelle sovrapposizioni con diversa colorazione delle tavole 192021. Dal confronto tra la tavola 1 (calcoli planivolumetrici della concessione edilizia del 29 ottobre 1992) e la tavola 13 (calcoli planivolumetrici di progetto) risulta una riduzione sia della superficie coperta (che passa da 2.092,34 mq a 2.014,34 mq) sia del volume (che decresce da 23.643,44 mc a 21.754,87 mc).

5. Il Comune ha approvato il progetto rilasciando la concessione edilizia n. 244 del 17 giugno 1999. Tuttavia i lavori sono stati qualificati come nuova edificazione e assoggettati al pagamento integrale del contributo di costruzione ai sensi degli art. 5 e 6 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 e dell’art. 19 comma 1 del regolamento edilizio.

6. Il comma 1 dell’art. 19 del regolamento edilizio è così formulato: "Ove l’opera oggetto di concessione edilizia non risulti abitabile o agibile nel termine stabilito, e fatte salve le eventuali proroghe, l’intervento per l’esecuzione della residua parte è classificato come intervento originario". Il comma 2 introduce però la seguente precisazione: "Qualora l’intervento non ultimato sia di nuova edificazione e le relative opere risultino già finite al rustico, il successivo completamento viene considerato come intervento di ristrutturazione".

7. Il contributo di costruzione è stato quantificato in lire 95.882.584 (Euro 49.519,22), importo che la ricorrente ha versato il 18 giugno 1999 ottenendo così la notifica della concessione in data 24 giugno 1999.

8. Contro l’imposizione del nuovo contributo di costruzione la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 12 ottobre 1999 e depositato il 22 ottobre 1999. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) irragionevolezza del doppio versamento del contributo di costruzione per una stessa opera realizzata sulla base di due titoli edilizi succedutisi nel tempo; (ii) illegittimità dell’art. 19 comma 1 del regolamento edilizio se interpretato come norma che impone il doppio versamento del contributo di costruzione. Oltre all’annullamento di questo punto della concessione edilizia del 17 giugno 1999 la ricorrente ha chiesto la restituzione ex art. 2033 c.c. dell’importo di lire 95.882.584, o in subordine dell’importo di lire 94.000.000 relativo alla concessione edilizia del 29 ottobre 1992, con gli interessi legali dalla domanda al saldo.

9. Il Comune non si è costituito in giudizio.

10. La tesi della ricorrente appare condivisibile nei limiti specificati qui di seguito:

(a) il contributo di costruzione è stato calcolato con riferimento agli oneri di urbanizzazione primaria, agli oneri di urbanizzazione secondaria e agli oneri per lo smaltimento rifiuti. Nel calcolo è stata utilizzata la superficie lorda di pavimento dei due piani del fabbricato (precisamente il doppio della superficie coperta, ossia 4.028,68 mq);

(b) gli oneri di urbanizzazione, come pure quelli per lo smaltimento rifiuti, costituiscono un prelievo giustificato dai costi collettivi che conseguono all’insediamento di un nuovo edificio sul territorio comunale;

(c) qualora la costruzione assentita non sia realizzata nel termine stabilito, e il titolo edilizio conseguentemente decada, nessuna modifica si produce sull’assetto del territorio, e pertanto la somma versata quale contributo di costruzione deve essere integralmente restituita al privato. La caducazione automatica del titolo edilizio determina infatti un indebito oggettivo sopravvenuto, che è disciplinato per analogia dall’art. 2033 c.c. (v. Cass. civ. SU 9 marzo 2009 n. 5624);

(d) se però il titolo edilizio è stato in parte sfruttato e una costruzione è stata insediata sul territorio occorre distinguere tra due diverse situazioni: da un lato la realizzazione di un’opera compiuta (agibile e abitabile) avente superficie o volume inferiori a quanto assentito, dall’altro la realizzazione di un’opera strutturalmente o funzionalmente incompleta;

(e) nella prima ipotesi il contributo di costruzione deve essere rideterminato per tenere conto del diverso peso di quanto edificato rispetto al progetto originario;

(f) nella seconda ipotesi occorre partire dalla considerazione che l’edificio, benché non ancora utilizzabile, è comunque presente sul territorio. Questo fatto giustifica il trattenimento del contributo di costruzione in attesa che la situazione edificatoria sia chiarita;

(g) se gli strumenti urbanistici consentono, come nel caso in esame, il completamento dell’opera sarebbe irragionevole imporre il pagamento ex novo dell’intero contributo di costruzione, in quanto il peso insediativo dell’edificio verrebbe computato due volte, con indebito arricchimento dell’amministrazione;

(h) dunque non può essere data al comma 1 dell’art. 19 del regolamento edilizio un’interpretazione letterale. Al contrario occorre attribuire alla predetta norma un significato che ne salvaguardi la legittimità, in particolare intendendo che la parte residua dei lavori non costituisce automaticamente una nuova costruzione ma un intervento edilizio a se stante, da classificare di volta in volta sulla base delle definizioni di legge (v. ora l’art. 3 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 e l’art. 27 della LR 11 marzo 2005 n. 12);

(i) in questo modo la disciplina comunale dei titoli edilizi decaduti risulta congruente con quanto attualmente previsto dall’art. 15 comma 3 del DPR 380/2001, il quale impone di valutare la consistenza della parte dei lavori non eseguita nel termine stabilito, sia per individuare il titolo edilizio necessario al completamento sia per l’eventuale ricalcolo del contributo di costruzione;

(j) proseguendo lungo questa linea interpretativa, la fattispecie in esame può essere collocata nella previsione del comma 2 dell’art. 19 del regolamento edilizio, che disciplina il completamento dell’edificio quando di quest’ultimo sia presente almeno la struttura ("rustico"). Sussistendo tale requisito l’edificio non può essere considerato urbanisticamente irrilevante e di conseguenza i lavori di completamento devono essere qualificati come ristrutturazione. È vero che il capannone della ricorrente è privo di molti elementi importanti, e quindi non rientra nel concetto di rustico in senso stretto, ma la circostanza dirimente è che la struttura dell’edificio appare comunque riconoscibile. Questo inquadramento è coerente con i principi della materia: gli interventi di completamento progettati dalla ricorrente (v. sopra al punto 4), per quanto significativi, non individuano necessariamente una nuova costruzione ma ricadono piuttosto nella categoria della ristrutturazione pesante di cui all’art. 10 comma 1 lett. c) del DPR 380/2001;

(k) il fatto che la ristrutturazione intervenga solo perché questi lavori sono eseguiti sulla base di un nuovo titolo edilizio dopo che il primo titolo è decaduto non consente di eludere l’obbligazione relativa al contributo di costruzione. Una simile soluzione potrebbe essere adottata discrezionalmente dai singoli comuni, ma, come si è visto sopra, non è questa la scelta operata dall’art. 19 comma 2 del regolamento edilizio. Mancando una specifica previsione a favore della gratuità occorre valutare il peso dei lavori residui e applicare il relativo tariffario;

(l) in sostanza la ristrutturazione necessaria per il completamento dell’opera può essere assimilata alla ristrutturazione che trasforma l’edificio e introduce un cambio di destinazione d’uso: si passa infatti da uno scheletro di fabbricato e da un’utilizzazione nulla (per inagibilità o inabitabilità) alla realizzazione di un’opera adeguata alla propria destinazione finale (industriale, nel nostro caso). In tale passaggio si può individuare la vera e propria causa dell’incremento del peso urbanistico, con il conseguente obbligo di compensazione economica a favore dell’amministrazione;

(m) da tutto questo deriva che il Comune nel rilasciare la concessione edilizia del 17 giugno 1999 avrebbe dovuto calcolare il contributo di costruzione applicando la disciplina della ristrutturazione, previa determinazione della superficie virtuale ex art. 4 comma 5 della LR 5 dicembre 1977 n. 60 (v. ora l’art. 44 comma 8 della LR 12/2005).

11. In conclusione il ricorso deve essere parzialmente accolto come segue: (a) rimane fermo il versamento di lire 94.000.000 relativo alla concessione edilizia del 29 ottobre 1992; (b) il Comune è invece tenuto a ricalcolare il contributo di costruzione relativo alla concessione edilizia del 17 giugno 1999 qualificando i lavori come ristrutturazione e utilizzando le tariffe in vigore all’epoca; (c) il contributo così calcolato deve essere detratto dall’importo di lire 95.882.584 versato dalla ricorrente; (d) la differenza così ottenuta deve essere restituita alla ricorrente con applicazione degli interessi legali dalla notifica del ricorso al saldo. In conseguenza del carattere parziale dell’accoglimento appare giustificata la parziale compensazione delle spese di giudizio, che sono liquidate in Euro 2.000 oltre agli oneri di legge.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso come precisato in motivazione.

Condanna il Comune a versare alla ricorrente, a titolo di spese di giudizio, l’importo di Euro 2.000 oltre agli oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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