Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-02-2011) 23-03-2011, n. 11690

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto da A.W. avverso la sentenza del GIP presso il Tribunale di Fermo in data 20-7-2001 che, all’esito di giudizio abbreviato, lo aveva dichiarato colpevole del reato di calunnia per avere il 15-12-2000 con denuncia accusato falsamente i CC. di San Benedetto del Tronto di falsità ideologica nei p.v. di perquisizione e sequestro nel dare atto del rinvenimento sulla persona del denunciante di un portachiavi provento di furto con effrazione commesso in (OMISSIS) e, concesse le attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni uno di reclusione, con la diminuente per il rito, concedendo i doppi benefici di legge, la Corte di Appello di Ancona, con sentenza in data 1-7-2008, confermava il giudizio di 1^ grado, ribadendo la falsità della denuncia incriminata ed escludendo che quest’ultima avesse potuto assumere caratteri di immediata incredibilità, nè che potesse costituire esercizio del diritto di difesa ex art. 51 c.p.. Avverso tale sentenza l’ A. ha proposto ricorso per cassazione,deducendo, a mezzo del proprio difensore ed a motivi del gravame, sostanzialmente ed in sintesi:

1) Mancanea e/o manifesta illogicità della motivazione in merito alla sussistenza oggettiva del reato contestato, essendosi trascurata la valutazione di prove documentali e testimoniali insufficienti a supportare l’accusa. In particolare si è censurata la ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato,difettando il dolo nella condotta del ricorrente, posto che non era dato escludere un errore nella verbalizzazione degli oggetti rinvenuti sulla persona dell’imputato, non potendosi escludere il reato impossibile ex art. 49 c.p., comma 2, ne l’esimente di cui all’art. 51 c.p.;

2) Inosservanza o erronea applicazione di legge sostanziale nel denegato riconoscimento dell’invocato reato impossibile, ben apparendo, per contro, le accuse incriminate manifestamente infondate ed insufficienti alla evidenza a costituire spunto ammissibile di reato contro i verbalizzanti. In particolare il ricorrente ha ribadito l’insussistenza del dolo nella di lui condotta, essendosi limitato a rappresentare una circostanza di fatto in ordine al portachiavi, senza che tanto potesse valere a rappresentare la contestata accusa di calunnia in relazione al reato di falso ideologico nei verbali redatti dai verbalizzanti.

Si è, inoltre, ribadito il legittimo diritto di difesa quale esimente ex art. 51 c.p., posto che quanto dichiarato in denuncia altro non era che il prosieguo e la puntualizzazione dell’assunto poco prima sostenuto in serie di interrogatorio di indiziato dei reati di furto.

Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza del motivi addotti. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma equitativamente determinata in Euro MILLE/00 alla Cassa delle ammende.

Ed invero, a smentita delle rinnovate controdeduzioni sub 1) e 2) della difesa, giova richiamare la corretta, motivata e logica risposta offerta in sentenza ai foll. 3 e 4, con la puntuale esclusione dell’invocata ipotesi di reato impossibile, configurabile solo allorchè gli elementi costitutivi di esso (calunnia) appaiano a primo vista del tutto macroscopicamente gratuiti, fantasiosi e sprovvisti di qualsivoglia ragionevole riscontro, cosa che, nella specie, è da escludere, e come esattamente rilevato in sentenza impugnata. Del pari manifestamente infondata la censura di violazione di. legge e difetto di motivazione in punto di dolo, di esimente ex art. 51 c.p. (cfr. fol. 4), avuto riguardo allo sviluppo modale e temporale della vicenda come richiamato dai giudici di merito di 1^ e 2^ grado, pacifico essendo che il tenore della versione incriminata attribuita all’imputato nella propria denuncia non lascia spazio ad equivoci circa il voler "ribaltare" sui verbalizzanti una circostanza asseritamente utile alla difesa, il che non è interdetto nel momento in cui, come nella specie, non ci si limita a negare il fatto ma lo si imputa gratuitamente e consapevolmente a circostanze che si traducono in una inequivoca accusa di falsità ideologica, a carico dei verbalizzanti. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro MILLE/00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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