T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 18-03-2011, n. 749 Carenza di interesse sopravvenuta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 30 luglio 2010, i ricorrenti hanno impugnato il documento di valutazione finale del 17.06.2010 dal quale risulta la non ammissione di R.S. alla classe 9 della D.S.M., chiedendo al Tribunale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione, in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere.

Si sono costituiti in giudizio DEUTSCHE SCHULE MAILAND – SCUOLA GERMANICA DI MILANO ed il MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA.

1.1. Disposta istruttoria con provvedimento del 25 agosto 2010, con successiva ordinanza del 23 settembre 2010, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia: ritenuta la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, ritenuto che il proposito di proporre querela di falso manifestato dalla parte del ricorrente non possa determinare la sospensione del presente processo, trattandosi di mere comunicazioni del tutto prive dei connotati dell’atto pubblico, rilevato che dalla documentazione versata in atti e dalla memoria difensiva prodotta dalla parte resistente non risultano adempiuti, ai fini della valutazione di non idoneità della alunna, gli oneri di motivazione prescritti dall’art. 2 del regolamento scolastico recante le disposizioni sullo svolgimento degli scrutini, ha accolto la domanda cautelare proposta e, per l’effetto, ha disposto che l’amministrazione riesaminasse la determinazione assunta motivando adeguatamente il giudizio ai sensi dell’art. 2 del regolamento scolastico recante le disposizioni sullo svolgimento degli scrutini.

1.2. In esecuzione della predetta ordinanza cautelare, con provvedimento assunto in data 7 ottobre 2010, i docenti dell’Associazione Germanica resistente, sulla scorta di una rinnovata istruttoria circa la posizione scolastica della discente, hanno confermato la mancata ammissione alla classe superiore; tale provvedimento non è stato ritualmente impugnato con motivi aggiunti notificati al procuratore costituito ai sensi dell’articolo 43 c.p.a.

1.3. Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza del 2 marzo 2011.

2. In via pregiudiziale, non sussiste la legittimazione passiva del MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, stante la natura di soggetto privato della Scuola Germanica di Milano, senza dubbio non annoverabile tra gli istituti scolastici di pertinenza del primo.

3. In disparte la questione di giurisdizione, il ricorso è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

3.1. Come è noto, il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse quando il processo non possa per qualsiasi motivo produrre un risultato utile per il ricorrente. Tale situazione, in particolare, si verifica per effetto del mutamento della situazione di fatto e di diritto dedotta in sede di ricorso, rendendo priva di qualsiasi residua utilità giuridica, ancorché meramente strumentale o morale, una pronuncia del giudice adito sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio. L’istituto è una manifestazione del principio di unilateralità che regge il processo amministrativo posto a tutela delle posizioni soggettive appartenenti a chi ha introdotto il giudizio, rispetto alle quali gli interessi della parte resistente assumono rilevanza solo in funzione di contrasto della pretesa azionata. Ne consegue che, venuto meno l’interesse del ricorrente alla pronuncia di merito, il giudizio non può proseguire nel solo interesse della parte resistente alla decisione di rigetto. L’istituto processuale in questione, di notoria derivazione pretoria, è ora espressamente previsto nell’art. 35 c.p.a..

3.2. Come affermato in numerosi precedenti, il Collegio, nel valutare le conseguenze processuali di atti adottati in esecuzione di ordinanze emesse "ai fini del riesame", che comportano una completa riedizione del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato, finalizzata ad eliminare i vizi (sostanziali o formali) riconosciuti prima facie dal giudice cautelare come fondati, aderisce all’orientamento secondo il quale, essendo il remand una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza proprio per rimettere in gioco l’assetto di interessi definiti con l’atto gravato, restituendo quindi all’amministrazione l’intero potere decisionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale, il nuovo atto, costituendo (nuova) espressione di una funzione amministrativa (e non di mera attività esecutiva della pronuncia giurisdizionale), porta ad una pronuncia di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, ove abbia contenuto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente, oppure di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, trasferendosi l’interesse del ricorrente dall’annullamento dell’atto impugnato, sostituito dal nuovo provvedimento, a quest’ultimo (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 05 dicembre 2007 n. 12554; TAR Lazio, II quater, sentt. nn. 11061, 11062, 11063 dell’8.11.2007; T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 15 ottobre 2010 n. 3732). Il provvedimento adottato all’esito del remand, infatti, lungi dal costituire una mera integrazione della motivazione del precedente, si configura come espressione di nuove, autonome, scelte discrezionali dell’Amministrazione, in presenza delle quali non può non farsi applicazione del tradizionale e consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui la sostituzione dell’atto impugnato a mezzo di un nuovo provvedimento non meramente confermativo del precedente rende improcedibile il ricorso (Consiglio Stato, sez. IV, 15 settembre 2006 n. 5396; T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 05 aprile 2006 n. 355).

3.3. Nella specie, l’amministrazione, a seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare presentata dagli interessati, ha proceduto ad un approfondito riesame della situazione oggetto di causa e ha riformulato il medesimo giudizio di non ammissione sulla base di una motivazione totalmente rinnovata, corredata da documentata istruttoria; decisione che il ricorrente non ha provveduto ad impugnare con motivi aggiunti notificati al procuratore costituito ai sensi dell’articolo 43 c.p.a. Ne consegue che l’istante non potrebbe ricavare alcuna utilità dall’eventuale annullamento in parte qua dell’atto originariamente impugnato, dal momento che, anche in tale eventualità, rimarrebbe pur sempre efficace il nuovo provvedimento di non ammissione, produttivo del medesimo effetto lesivo.

4. Residua la questione delle spese le quali, in applicazione della regola della soccombenza virtuale, devono porsi a carico dell’amministrazione resistente, reputando il Collegio di confermare la sussistenza del vizio, già rilevato in sede cautelare, consistente nel mancato adempimento, ai fini della valutazione di non idoneità della alunna, degli oneri di motivazione prescritti dall’art. 2 del regolamento scolastico recante le disposizioni sullo svolgimento degli scrutini.

Il principio della soccombenza governa le spese liquidate come da dispositivo, con gli oneri accessori che conseguono in via generale al pagamento degli onorari. Il procuratore della ricorrente ha depositato nota spese nella quale figurano Euro 4.138,00 per diritti ed Euro 7.900,00 per onorari. Il Collegio, tenuto conto della natura e del valore della controversia, del grado dell’autorità adita, dell’attività svolta innanzi al giudice, reputa equo liquidare Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 700,00 per diritti.

4.1. Sussistono, invece, giusti motivi per compensare interamente le spese di lite nei confronti del MINISTERO DELLA ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA, essendosi la difesa erariale costituita con memoria di mero stile.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

DICHIARA improcedibile il ricorso.

CONDANNA l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite in favore dei ricorrenti, nella loro qualità, che si liquida complessivamente in Euro 2.700,00, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge. Resta, inoltre, salvo l’onere di cui all’art. 13 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 d.l. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.

COMPENSA interamente le spese di lite nei rapporti tra ricorrenti e MINISTERO DELLA ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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