T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, 01-07-2010, n. 2415 SANITA’ E SANITARI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. I ricorrenti espongono:

– di essere dipendenti dell'(ex) Azienda U.S.S.L. n. 23 di Cremona, appartenendo rispettivamente alla dirigenza non medica del ruolo professionale (l’ing. Landi) e del ruolo sanitario (gli altri);

– di essere stati tutti ricompresi, sino all’entrata in vigore del CCNL 5.12.1996, nel cosiddetto gruppo "B" (personale laureato non medico) ai fini dell’applicazione degli istituti economici di incentivazione della produttività.

Avverso le due deliberazioni in epigrafe in data 2.7.1997 (di costituzione dei due nuovi e distinti fondi della dirigenza non medicaruolo sanitario e dirigenza non medicaruolo professionale), essi svolgono articolate censure di eccesso di potere e violazione di legge e di norme contrattuali (art. 61 CCNL 5.12.1996), adducendo varie erroneità nelle modalità di calcolo dei fondi de quibus, anche in dipendenza dell’avvenuto scorporo dell’ex U.S.S.L. n. 51 nelle due Aziende U.S.S.L. n. 23 e Istituti ospitalieri di Cremona.

In particolare, essi sostengono (pag. 14 ricorso) che in nessun caso l’Azienda avrebbe "assunto a base di calcolo per la determinazione del fondo 1997 un importo correttamente riferibile al dato del 1993 (ma, in tutte le ipotesi prospettabili, un importo inferiore): senza che di ciò vi sia motivazione alcuna – anzi, il dato di partenza del 1997 è enunciato del tutto assertoriamente ed immotivatamente, con palese illegittimità del provvedimento impugnato".

2. L’Azienda U.S.S.L. n. 23 di Cremona eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad alcuno dei controinteressati, individuati in senso tecnico nei dipendenti ricompresi negli altri ruoli (medici, amministrativi, ecc.), nell’assunto che una maggiore assegnazioni di fondi a determinati gruppi di dipendenti imporrebbe una decurtazione dei fondi riguardanti gli altri gruppi.

Sotto altro profilo, l’Azienda eccepisce l’inammissibilità delle censure riguardanti non "tanto gli atti impugnati, quanto atti diversi, relativamente ai quali, come riconoscono gli stessi ricorrenti, pende altro giudizio".

Nel merito, l’Azienda sostiene la legittimità dei propri atti.

3. Si è, altresì, costituita in giudizio la gestione liquidatoria della disciolta U.S.S.L. n. 23 che eccepisce l’inammissibilità del ricorso sotto i profili:

– della mancata notifica ai controinteressati, identificati negli altri gruppi di dipendenti;

– del non consentito ricorso cumulativo nei confronti di due diversi provvedimenti;

– della pertinenza delle censure svolte non agli atti impugnati, ma a diversi e precedenti atti.

4. Chiamato, una prima volta, all’udienza "di verifica interesse" del 25 giugno 2009, il ricorso è, infine, passato in decisione all’odierna Udienza pubblica, senza che nessuna delle parti costituite abbia prodotto ulteriori documenti e/o scritti difensivi.

5.1. Ciò premesso, il Collegio osserva quanto segue:

a) secondo quanto esposto dagli stessi ricorrenti (pag. 7 ricorso), l’art. 61 del CCNL 5.12.1996 – che essi invocano – "disciplina la c.d. "retribuzione di risultato" (istituto che ha sostituito l’incentivazione della produttività";

b) a proposito di tale nuovo istituto – di carattere generale e introdotto nel 1996 per i vari comparti del pubblico impiego dalla rispettiva contrattazione di settore – la giurisprudenza (cfr. T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 1 luglio 2004, n. 365) ha rilevato come la nuova disciplina negoziale rechi "una compiuta ed esauriente regolamentazione della materia, innovando il sistema previgente" riconducibile ai DD.PP.RR. del 1990 (nella specie: il n. 333/1990 per il comparto Regionienti locali);

c) sempre a proposito dell’istituto generale della retribuzione di risultato corrisposta ai dirigenti, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha successivamente stabilito che la stessa – essendo correlata all’effettivo grado di raggiungimento, anche sotto il profilo qualitativo, degli obiettivi definiti contrattualmente – non rientra tra gli emolumenti che possono essere considerati componenti della retribuzione definitivamente ed irreversibilmente acquisiti, ai fini dell’applicazione del principio del divieto di "reformatio in pejus".

5.2. Dai punti fermi giurisprudenziali sopra riassunti, emerge, quindi, una netta soluzione di continuità tra il "vecchio istituto" – anche questa definizione è dei ricorrenti, pag. 4 del ricorso – dell’incentivazione della produttività (applicato al personale del SSN nella vigenza del DPR n. 348/1990) e il nuovo istituto della retribuzione di risultato.

Ne consegue l’infondatezza della pretesa dei ricorrenti alla conservazione dell’ammontare precedente (quello del 1993), percepito a titolo di incentivazione, poiché tale pretesa è, all’opposto, tutta basata sulla assoluta continuità tra i due istituti e su una sorta di intangibilità dei precedenti livelli economici raggiunti quanto a parte variabile della retribuzione.

Così, invece, non è, sia perché la materia, con il CCNL 5.12.1996, è stata ridisciplinata ex novo; sia perché nel passaggio dall’uno all’altro sistema giuridicocontrattuale non esiste garanzia di conservazione dei livelli economici precedentemente (ma non irreversibilmente) acquisiti.

5.3. Senza sottacere che – pur con specifico riferimento alla "retribuzione di risultato" di cui all’art. 62 (e non 61) del CCNL 5 dicembre 1996 e a una fattispecie particolare di accordo sindacale decentrato – ancora il TAR Parma (cfr. ordinanza n. 11 del 6 giugno 2006) ha ritenuto necessario assicurare la completezza del contraddittorio e provvedere alla sua integrazione mediante notificazione del ricorso a tutto il personale dirigenziale destinatario del beneficio aggiuntivo stabilito da tale accordo in aggiunta alla quota parte uguale per tutti.

Il che sta a significare che l’istituto de quo si presta, per sua natura, a una interrelazione dinamica con le posizioni economiche di tutti i soggetti allo stesso interessati, nel senso che – dovendo rimanere fermo il monte complessivo da distribuire – ogni eventuale variazione in più chiesta da taluni beneficiari si ripercuote invariabilmente sul quantum spettante agli altri, sì da far assurgere questi ultimi al rango di contraddittori necessari della pretesa dei primi.

Donde la plausibilità e condivisibilità della corrispondente eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata in rito dalle difese ad esso resistenti.

6. In conclusione e potendosi così prescindere dalla disamina delle residue eccezioni formulate in causa per contestare l’ammissibilità del ricorso, questo deve essere respinto siccome inammissibile e infondato.

Tuttavia, la circostanza che la controversia sia stata temporalmente introdotta nella fase di primissima applicazione del nuovo istituto della retribuzione di risultato, giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra tutte le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione seconda di Brescia, RESPINGE, per le ragioni in premessa, il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2010 con l’intervento dei Signori:

Giorgio Calderoni, Presidente, Estensore

Stefano Tenca, Primo Referendario

Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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