T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 18-03-2011, n. 745

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nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Il ricorrente, cittadino colombiano, presentava in data 23 dicembre 2004 domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo; a sostegno dichiarava di esercitare attività di elaborazione e registrazione elettronica di dati per conto terzi presso la sede legale in Milano viale Sarca 191.

Nel procedere all’istruttoria sulla domanda la Questura di Milano accertava mediante il Commissariato "Greco – Turro" che all’indirizzo dichiarato non risultava esercitare alcuna ditta intestata al richiedente, il quale era anzi "conosciuto come persona pregiudicata dedita alla prostituzione in quanto viados". Di seguito, in data 30 settembre 2006, la Questura comunicava all’interessato l’avvio del procedimento volto al rigetto della domanda, che poi disponeva con provvedimento in data 11 gennaio 2007, in ragione dell’inidoneità della documentazione prodotta in relazione allo scopo del soggiorno.

Avverso tale atto è stato proposto il ricorso in epigrafe, con il quale si deduce: violazione dell’art. 5 l.n. 40/98 e dell’art. 5 D.Lgs. 286/98 per il rilievo che il ricorrente ha prodotto tutta la documentazione attestante l’esercizio dell’attività dichiarata (visura camerale, partita IVA e dichiarazioni dei redditi), senza che l’amministrazione abbia dato contezza degli accertamenti esperiti per negarne la validità; eccesso di potere per vari profili, giacché non sono stati enunciati i concreti motivi ostativi al rilascio del titolo richiesto, tenuto conto che il richiedente dispone di redditi sufficienti al suo sostentamento.

L’amministrazione si è costituita in giudizio, depositando la documentazione istruttoria.

All’udienza il ricorso è stato spedito in decisione.

2) Con il provvedimento impugnato il Questore di Milano ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo presentata dal ricorrente; in particolare l’autorità ha contestato al ricorrente di non svolgere il lavoro dichiarato al fine di conseguire il titolo di soggiorno, in quanto in realtà dedito all’esercizio di attività di meretricio.

Dai controlli effettuati dall’autorità di p.s. è, infatti, emersa l’inesistenza dell’impresa con sede all’indirizzo indicato nella domanda di rinnovo e riportato nel certificato di iscrizione nel registro tenuto presso la CCIAA di Milano. A tale circostanza, già fortemente significativa, si aggiunge che il ricorrente risulta noto alle Forze dell’Ordine quale soggetto intento a svolgere, in abiti e fattezze femminili, attività di prostituzione.

Gli elementi ora ricordati rendono evidente che la documentazione relativa alla disponibilità di una regolare occupazione, prodotta al momento della presentazione della domanda di rinnovo, non corrispondeva al vero.

Ne deriva che il diniego impugnato è del tutto coerente con il quadro normativo di riferimento, atteso che il ricorrente non dispone di alcuna lecita attività lavorativa da porre a fondamento di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro; in tale senso, difatti, l’art. 5 del d.l.vo 1998 n. 286 specifica che "Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili".

Va, altresì, evidenziato che la motivazione del provvedimento, secondo quanto già precisato, individua in modo chiaro e coerente, anche mediante il rinvio agli atti dell’istruttoria, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche del diniego, con conseguente infondatezza della censura volta a contestare la carenza di motivazione. Carenza non sussistente neppure in relazione alla mancata enucleazione di ragioni di interesse pubblico poste a fondamento del diniego, atteso che il provvedimento gravato non è espressivo di poteri di autotutela, ma si fonda sulla valutazione dei presupposti – in concreto insussistenti – per rilasciare un nuovo permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.

In conclusione il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite, che si liquidano in dispositivo, seguono la regola generale della soccombenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari di lite che liquida complessivamente in Euro 600,00 oltre IVA e CPA se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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