Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-06-2011, n. 12463 Ratei arretrati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso, depositato il 12 dicembre 2002, D.J., nella qualità di erede di S.M., conveniva in giudizio l’INPS per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 8.831,27 a titolo di rivalutazione ed interessi decorrenti dal 121 giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa.

Esponeva che il suo dante causa era titolare di pensione INPS VOS con decorrenza marzo 1975, a seguito di domanda del 7.02.1985, e l’INPS in data 7.09.1992 aveva liquidaci ratei arretrati senza gli accessori.

Il Tribunale di Roma con sentenza del 23.03.2004 dichiarava il difetto di legittimazione ad agire del ricorrente per carenza della prova di qualità di erede.

Proposto gravame da parte di D.J. nella anzidetta qualità, la Corte di Appello di Roma con sentenza n. 6425 del 2006 ha ritenuto fondato il primo motivo, non potendo il giudice ex officio rilevare il difetto di legittimazione in assenza di contestazione della qualità di erede; ha osservato poi che il pagamento dei ratei arretrati non avrebbe potuto essere considerato come atto interattivo della prescrizione; ha constatato che tra la data di pagamento dei ratei – avvenuto il 7 settembre 1992 – e il deposito del ricorso effettuato il 12 dicembre 2002 – erano decorsi oltre dieci anni, con la conseguente maturazione della prescrizione.

D.J., nella qualità di erede di S.M. – deceduto il (OMISSIS) -, ricorre per cassazione con due motivi. L’INPS resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale.
Motivi della decisione

1. In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni contro la stessa sentenza.

2. Con il primo motivo del ricorso principale D.J. lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 346 e 112 c.p.c., per avere il giudice di appello rilevato la prescrizione del diritto azionato in assenza di qualsiasi istanza di parte, essendosi l’ente previdenziale limitato ad eccepire la carenza di legittimazione attiva in relazione alla qualità di erede in capo ad esso ricorrente.

Tale motivo è privo di pregio e va disatteso, risultando dall’impugnata sentenza che la parte resistente, ossia l’ente previdenziale, aveva eccepito in primo grado la decorrenza del termine di prescrizione.

D’altro canto la censura non è corredata da adeguato quesito di diritto in conformità all’art. 366 bis c.p.c., essendo stato formulato un quesito multiplo (pag. 4 del ricorso principale), che come tale è inammissibile secondo orientamento di questa Corte (cfr Cass. n. 1906 del 2008).

3. Con il secondo motivo del ricorso principale D.J. deduce violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione e motivazione apparente, sostenendo che il giudice di appello ha respinto la domanda ritenendo prescritto il diritto, sebbene fosse stato prodotta istanza all’INPS di interruzione della prescrizione.

La censura è infondata.

Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto decorso il termine di prescrizione decennale, in quanto la richiamata istanza non può considerarsi come valido atto interruttivo, essendo stata proposta l’istanza in questione dal Patronato Sias di Udine in data 21 settembre 1994, quando S.M. – dante causa del ricorrente- non era più in vita, per essere deceduto il 16 novembre 1986 (come si desume dall’epigrafe del ricorso).

Nè il ricorso stesso indica quale soggetto – nel settembre 1994 – abbia conferito la delega al Patronato a diffidare l’INPS a liquidare la rivalutazione monetaria e gli interessi sui ratei arretrati.

4. L’INPS da parte sua con il ricorso incidentale ha contestato l’impugnata sentenza di appello sul punto dell’affermata esistenza della legittimazione ad agire di D.J., negata dal primo giudice.

Tale censura può ritenersi assorbita per effetto e in conseguenza del rigetto del ricorso principale.

3. In conclusione il ricorso principale è destituito di fondamento e va rigettato, mentre va dichiarato assorbito quello incidentale.

Nessuna pronuncia va emessa per le spese del giudizio di cassazione, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., nella sua formulazione precedente alle modifiche introdotte con l’art. 42 del D.L. n. 269 del 2003 (convertito nella L. n. 326 del 2003), applicabile, ratione temporis, con riferimento ai giudizi il cui ricorso introduttivo della fase di primo grado sia successivo al 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003), laddove nel caso di specie il ricorso introduttivo è stato depositato il 12 dicembre 2002 (in questo senso Cass. n. 27323 del 2005; Cass. n. 6324 del 2004; Cass. n. 4657 del 2004).
P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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