Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-02-2011) 23-03-2011, n. 11565 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.F., tramite difensore, ha proposto ricor-so per cassazione avverso la sentenza della C. di Appello dell’Aquila in data 6.2.2009, confermativa della sentenza 12.10.2005 del Tribunale di Teramo che lo aveva condannato, per il reato di estorsione in danno di T.L., concesse le attenuanti generiche, alla pena di anni tre, mesi quattro di reclusione ed Euro 400,00 di multa.

Il ricorrente deduceva:

1) erronea valutazione delle risultanze probatorie in ordine alla ritenuta credibilità della parte offesa, nonostante le contraddizioni delle dichiarazioni dalla stessa rese, ritenute erroneamente confermate da quanto riferito da E.M., moglie del T.;

2) erronea valutazione delle risultanze probatorie in ordine alla configurazione dell’ingiusto profitto relativo al reato di estorsione, laddove la Corte territoriale aveva escluso che i coniugi T. – E. erano separati e, quindi, che solo la E. e non anche il T. fosse debitore nei confronti dell’imputato,non considerando che, all’epoca dei fatti, i coniugi stessi erano ancora uniti dal vincolo del matrimonio, come risultante dal certificato prodotto;

3) dalle prove acquisite non era emerso alcuna violenza o minaccia del M. nei confronti del T., circostanza che avrebbe potuto essere chiarita, tramite la testimonianza del teste D. F., presente ai fatti, testimonianza non ammessa dai giudici di appello, nonostante le evidenti contraddizioni delle dichiarazioni rilasciate da T.G., figlio della parte offesa.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato. Le doglianze svolte prospettano una valutazione alternativa delle risultanze probatorie poste a fondamento della decisione impugnata, non consentita in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esente da vizi di manifesta illogicità, laddove è stato evidenziato che il dettagliato racconto della p.o. aveva trovato conferma "nelle deposizioni rese dal figlio, T.G. e dalla moglie separata E.M., oltrechè nella non contestata sottoscrizione delle cambiali di cui al capo d’imputazione".

Secondo la ricostruzione dei fatti effettuata dal primo giudice, richiamata dal giudice di appello, il M., dopo aver informato il T. di essere da tempo creditore della moglie, per L. 10.000.000, quale corrispettivo di merce a suo tempo consegnata alla stessa, con atteggiamento intimidatorio, aveva fatto sottoscrivere, in proprio favore, dal T. cambiali per un importo pari al credito da lui vantato nei confronti della E., con la minaccia di procedere alla vendita all’asta della abitazione del T. medesimo, ove costui non avesse acconsentito a detta sottoscrizione.

L’ingiusto profitto, conseguente a detta condotta criminosa del M., è stata, quindi, correttamente rapportata al fatto che l’imputato, preso atto della inesigibilità de credito nei confronti della E., avrebbe potuto contare sul titoli sottoscritti dal T. che, a differenza della moglie, effettiva debitrice, possedeva, un bene immobile;quale garanzia del credito medesimo.

Sulla base dell’accertamento di tali fatti e delle prove acquisite dai giudici di merito deve, pertanto, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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