Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-03-2011, n. 1732 dirigenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

e l’avv. dello Stato Venturini;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto notificato il 27 febbraio 2001 e depositato il 15 marzo seguente la dott. M.A.F., dipendente della Regione Abruzzo in qualità di dirigente amministrativo di prima qualifica, ha appellato la sentenza 14 gennaio 2000 n. 3 del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, con la quale è stato dichiarato inammissibile, parte per difetto di interesse e la restante parte per genericità, il suo ricorso avverso la relazione "valutazione anno 1995" in data 30 gennaio 1997 del dirigente dott. Rita Pecoraro Rossi sulla sua attività lavorativa presso il settore "formazione professionale" a cui era addetta, nonché la deliberazione della Giunta regionale 27 dicembre 1996 n. 4974, avente ad oggetto "CCNL del personale dirigenziale – determinazioni provvisorie in ordine alle retribuzioni di posizione dei dirigenti – costituzione del fondo".

La dott. F. ha svolto ampie premesse circa le vicende occorsele dal 30 novembre 1994 (data di nomina in prova a seguito del superamento di corsoconcorso), anche successive al ricorso di primo grado. Ha poi lamentato l’erroneità della sentenza con riguardo all’impugnativa della relazione, non essendo sufficiente a dichiararne l’inammissibilità il fatto che non sia stato tenuto conto della stessa relazione, la quale non poteva essere redatta e tanto meno inserita e mantenuta nel fascicolo personale, tanto più che il periodo di prova era stato automaticamente superato e pertanto quel servizio era da intendersi svolto con giudizio positivo. Né rileva che in data 27 marzo 1997 il dirigente del servizio personale aveva comunicato di non accogliere la proposta di valutazione, poiché tale comunicazione era tardiva rispetto al pregiudizio già provocato e al già proposto ricorso, strumentale all’inserimento della relazione tra gli atti interni senza alcuna sanzione per l’autrice, il cui coniuge era controinteressato in un ricorso proposto dall’attuale appellante. Del resto la relazione, reiterativa di analoga datata 17 marzo 1995, era come questa illegittima e lesiva permanentemente della dignità della medesima appellante ancorché atto interno (giacché la Regione la mantiene nel fascicolo personale e dunque nella visione di chiunque interessato, lasciando impunita l’autrice).

Peraltro, è la stessa sentenza a definire morale il suo interesse, salvo ritenerlo di mero fatto e non tutelabile, mentre è noto che anche il solo interesse morale può venire in rilievo quando, come nella specie, permangano come fatto storico valutazioni e giudizi su qualità e capacità professionali inerenti la sfera morale del soggetto.

Anche l’impugnativa della delibera n. 4974/96 era ammissibile ed andava accolta, giacché le censure, il petitum e la causa petendi erano chiaramente esplicitati nell’atto introduttivo, come emergerebbe dalla semplice lettura del medesimo, richiamato "integralmente"

In data 30 marzo 2001 la Regione Abruzzo si è formalmente costituita in giudizio.

In data 14 febbraio 2008 l’appellante si è costituita con altro difensore, in sostituzione dell’originario nel frattempo deceduto. Poi in date 17 gennaio 2009 e 6 agosto 2010 ha prodotto nuove istanze, sottoscritte anche personalmente, di fissazione d’udienza e documenti. Altri documenti ha depositato il 22 ottobre 2010. Infine, con memoria del 2 novembre seguente ha ampiamente insistito per l’accoglimento dell’appello anche alla luce della decisione 2390/2009 di questa Sezione, con cui, in parziale accoglimento di altro suo appello, è stato annullato il provvedimento di inserzione nel fascicolo personale dell’accennata relazione negativa del 1995 sul suo periodo di prova, invece da considerarsi tamquam non esset fin dalla data di perfezionamento automatico del detto periodo.

All’odierna udienza pubblica anche il difensore dell’appellante è comparso, benché non avvisato, ed ha aderito al passaggio in decisione dell’appello, insistendo per il risarcimento del danno.

Ciò posto, la Sezione rileva che la sentenza appellata è stata emessa nella considerazione, quanto alla relazione, che si tratterebbe di atto endoprocedimentale che alcun riflesso avrebbe avuto nei confronti della ricorrente, nei cui riguardi ella sarebbe priva perciò di alcun interesse, tranne un generico interesse morale per le critiche nei propri riguardi, peraltro costituente interesse di mero fatto, non tutelabile in sede giurisdizionale amministrativa, in assenza di autonomo rilievo dell’atto stesso in quanto non posto a presupposto di un provvedimento finale e, in ogni caso, in carenza di impugnazione di un tale provvedimento; e, quanto alla deliberazione, poiché non si comprenderebbe quale sia la lesione lamentata dalla ricorrente nei riguardi di tale atto provvisorio e recante criteri di carattere generale.

L’appellante contesta con vigore ed articolatamente siffatta pronuncia meramente processuale, ma omette del tutto di riproporre i motivi di primo grado, a cui nemmeno accenna, limitandosi a "richiamare integralmente" il ricorso di primo grado. In particolare, in ordine all’impugnata relazione le deduzioni svolte in questa sede sembrano tendere esclusivamente a confermarne la lesività, senza che sia chiarito se almeno alcune di esse riguardino il merito e coincidano con le doglianze svolte in primo grado. Men che meno è detto per la deliberazione pure oggetto di impugnativa.

Premesso che, com’è noto, l’erronea declaratoria di irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità del ricorso di primo grado non comporta il rinvio della causa al primo giudice, giacché in tal caso spetta al Consiglio di Stato esaminare nel merito lo stesso ricorso, nella specie tale esame è precluso dalla predetta omissione, sicché, anche ove in ipotesi la contestata declaratoria dovesse restare superata, non sarebbe possibile pervenire ad una decisione sugli atti impugnati, con conseguente carenza di interesse dell’appellante ad ottenere una pronuncia di secondo grado limitata alla sola procedibilità del ricorso originario. Né può ritenersi idoneo a colmare la riscontrata carenza il rinvio agli atti di primo grado, occorrendo invece l’espressa riproposizione dei motivi non esaminati dal TAR, al chiaro fine di consentite al giudice d’appello una compiuta conoscenza delle specifiche questioni che l’appellante intenda devolvere alla sua cognizione ed alle controparti di contraddire consapevolmente sulle stesse. In assenza di tale riproposizione, il detto rinvio si traduce in una formula di stile, insufficiente a soddisfare l’onere di specificazione dei motivi d’appello (cfr. in tal senso, tra le tante, Cons. St., Sez. IV, 23 luglio 2009 n. 4662, 3 marzo 2009 n. 1219 e 18 dicembre 2008 n. 6369).

Dunque, l’appello dev’essere dichiarato inammissibile.

Tuttavia, la costituzione con atto meramente formale dell’appellata Regione consente di pronunziare la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, dichiara inammissibile l’appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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