Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-02-2011) 23-03-2011, n. 11630 misure alternative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta, in data 2.04.2010, rigettava la sua istanza volta alla concessione della misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali e dichiarava nel contempo inammissibile quella per la concessione della detenzione domiciliare, sul rilievo della permanenza di una sua pericolosità sociale, per un verso, della ostatività dei reati in espiazione a mente della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, per altro verso, e della mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 47- ter O.P., per altro verso ancora, propone ricorso per cassazione M.G.B., assistito dal suo difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento perchè viziata, a suo avviso, da violazione di legge ed illogicità della motivazione.

Denuncia, in particolare, la difesa ricorrente che il rigetto della domanda per l’affidamento al servizio sociale risulta fondato esclusivamente sui precedenti penali dell’interessato, in assenza pertanto di una valutazione motivata di altre circostanze positive per l’istante, indicate nella fruizione di misure alternative al carcere in costanza della detenzione cautelare per il reato di estorsione e durante l’applicazione della misura di prevenzione, periodi nel corso dei quali gli è stato consentito di svolgere la sua attività lavorativa di rappresentante di commercio.

Quanto poi alla dichiarata inammissibilità della domanda di ammissione agli arresti domiciliari, osserva la difesa ricorrente che l’interessato non risulta collegato con la criminalità organizzata e che tale circostanza rende possibile il superamento della causa ostativa opposta dal giudice territoriale a fondamento della sua pronuncia.

2. Con requisitoria scritta il P.G. in sede concludeva per la inammissibilità del ricorso.

3. La doglianza è manifestamente infondata.

3.1 Il Tribunale territoriale ha fondato il provvedimento di rigetto della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale con l’argomento che sussisterebbe nel caso di specie una situazione di pericolosità sociale, desumibile dal reato in espiazione (estorsione aggravata) da precedenti penali (in particolare la violazione di obblighi portati dalla sottoposizione alla sorveglianza speciale di P.S.) da tale misura di prevenzione e dai rapporti delle forze dell’ordine.

La motivazione si appalesa, sul punto, logicamente coerente e corretta quanto al rispetto delle regole della disciplina normativa di riferimento.

Ed invero appare utile rilevare che attraverso la misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova al servizio sociale l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa. I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di Sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali (Cass., Sez. 1^, 4.3.1999, Danieli, rv 213062) nelle pendenze processuali (Cass., Sez. 1^, cit.) nelle informazioni di P.S. (Cass., Sez. 1^, 11.3.1997, Capiti, rv. 207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, dalla condotta carceraria e dai risultati dell’indagine sociofamiliare operata dalle strutture carcerarie di osservazione (Cass., Sez. 1^, 22.4.1991, Calabrese, in Cass. pen., 1992, 1894) dappoichè in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra.

Tanto per pervenire alla conclusione che ognuno dei richiami di cui alla motivazione in esame è meritevole di considerazione da parte del giudice investito della istanza presentata dal ricorrente Ciò posto in generale e tornando, come di necessità, al caso in esame, si appalesa sul punto in discussione una evidente genericità nella doglianza relativa alla contestata motivazione del rigetto, dappoichè genericamente richiamati dati e circostanze positive per l’interessato che il giudice territoriale non avrebbe valutato, e ciò a fronte di circostanze sfavorevoli all’istante, puntualmente e correttamente evocate con giudizio di merito non censurabile in questa sede di legittimità. 3.2 Quanto, invece, alle censure relative all’impugnata inammissibilità della istanza volta alla concessione della detenzione domiciliare, le censure difensive appaiono fondate, ma soltanto per uno soltanto dei due profili indicati dal giudice a quo.

Ed invero l’inammissibilità di questa particolare istanza del ricorrente è stata motivata dal Tribunale con il rilievo che il reato in espiazione risulterebbe ostativo alla concessione della misura invocata a mente del disposto dell’art. 4-bis O.P.. Tele assunto si fonda su una errata lettura delle regole normative. Ed invero l’ostatività al riconoscimento dei benefìci di cui al comma 1 dell’art. 4-bis O.P. in relazione al reato di cui all’art. 628 c.p., comma 3 (reato di estorsione aggravata commesso dal M. ed in espiazione allo stato) è collegata dall’ordinamento ad una sola condizione positiva e precisamente alla ricorrenza "di elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata…".

Non ricorre pertanto nella fattispecie alcuna causa ostativa generale alla concessione del beneficio invocato, come pure previsto dalla legge in relazione, ad esempio, al reato di cui all’art. 416-bis c.p., ma una ostatività temperata, della quale il giudice a quo, errando in diritto, non ha tenuto conto.

Cionondimeno il gravame non può sfuggire ad una declaratoria di inammissibilità, dappoichè la pronuncia impugnata ha altresì indicato a sostegno della decisione assunta la mancanza dei requisiti positivi previsti dalla legge per la legittima ammissione alla invocata misura (art. 47-ter O.P.) motivo questo del tutto ignorato dalla difesa ricorrente nel presente gravame di legittimità, che si appalesa per questo generico ed almeno in parte eccentrico rispetto al decisum dell’istanza territoriale.

4. Il ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile ed alla declaratoria di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 1000,00.
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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