Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21-03-2011, n. 1713 Responsabilità amministrativa o contabile Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

dell’avvocato Gramegna, e l’avvocato dello Stato Massarelli;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1). Con determinazione 333.A/U.C./5769 – TL in data 12 settembre 2008 – oggetto di successiva conferma con atto dell’ 11 marzo 2009 – il Ministero dell’ interno, Dipartimento della pubblica sicurezza – acquisite le osservazioni del destinatario del provvedimento sul preavviso di atto negativo, ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 – respingeva, uniformandosi ai pareri espressi dall’ Avvocatura distrettuale dello Stato, la domanda dell’ ispettore superiore della Polizia di Stato G.M., intesa ad ottenere, ai sensi dell’art. 18 della legge 23 maggio 1997, n. 135, il rimborso delle spese sostenute per patrocinio legale in giudizio promosso nei suoi confronti con imputazione per i reati di cui agli artt. 82, 314 e 323 c.p., connessi all’ espletamento del servizio (gestione di spaccio riservato agli appartenenti alla Polizia di Stato), conclusosi con sentenza assolutoria ai sensi dell’art. 530 c.p.p. perché il fatto non sussiste.

A motivazione dell’ atto di diniego era posto il rilievo – in linea con il parere espresso dall’ Avvocatura dello Stato – che il tenore della parte motiva della sentenza, che a sua volta esprime le valutazioni espresse dai giudici, non consente di ritenere esclusa la responsabilità degli imputati, venendo quindi meno il presupposto imprescindibile per il rimborso delle spese legali previsto dall’ art. 18 in precedenza richiamato.

Avverso la determinazione negativa il M. proponeva impugnativa avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Campania.

Il ricorso era respinto con sentenza in forma semplificata n. 4325 del 23 luglio 2009.

Il T.A.R. statuiva in particolare:

– l’ esclusione di responsabilità alla quale si riferisce la norma deve essere, in aderenza alla ratio dell’istituto, piena e non dubitativa o riconducibile e meri profili processuali, non vigendo nell’ambito del procedimento amministrativo il principio penalistico del favor rei";

– che la sentenza di assoluzione allegata al ricorso si apre con l’espressione "… dall’esame del compendio probatorio appare legittimo e ragionevole il dubbio sulla sussistenza della condotta, dell’evento e del nesso di causalità come contestati dall’ufficio requirente" e si chiude con l’espressione "… pertanto, permanendo il dubbio sulla sussistenza della condotta illecita tenuta dagli imputanti", dando chiaramente atto del fatto che la decisione di assoluzione non coincide con una piena valutazione di esclusione della responsabilità dell’imputato;

– che per le esposte ragioni non sussiste la violazione dell’art. 18 della legge n. 135 del 1997, post8 a fondamento della domanda di annullamento.

Avverso la pronunzia reiettiva il sig. M. ha proposto atto di appello ed ha diffusamente contrastato le conclusioni del Tribunale regionale e rinnovato i motivi di legittimità articolati in prime cure.

Resiste all’ appello il Ministero dell’ Interno che ha depositato documenti ed una relazione sui fatti di causa.

All’ udienza del 21 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2). Il diniego del rimborso delle spese sostenute per il patrocinio legale in processo penale conseguente a fatti connessi con l’ espletamento del servizio è stato motivato dall’ Amministrazione con rinvio ob relationem ai pareri al riguardo espressi dall’ Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, con i quali è stato escluso che la sentenza di assoluzione dell’ odierno appellante – pronunziata in dispositivo con formale richiamo all’ art. 530 c.p.p. – esplichi, in base al tenore della motivazione, valenza di piena esclusione ogni responsabilità dell’ inquisito, condizione ineludibile, ai sensi dell’ art. 18 della legge n. 135 del 1997, per l’ assunzione a carico dello Stato dell’ onere economico di difesa in giudizio.

L’ Avvocatura distrettuale, in particolare – alla luce del canone ermeneutico in base al quale il dispositivo della sentenza va letto ed integrato con il contenuto della motivazione – dà rilievo nei pareri espressi alla parte motiva della decisione in cui, con richiamo a gravi carenze investigative finalizzate a suffragare le dichiarazioni accusatorie, si afferma che dall’ esame del compendio probatorio appare legittimo il dubbio sulla sussistenza della condotta, dell’ evento e del nesso di casualità così come contestati dall’ ufficio requirente e sottolinea che i Tribunale perviene alla pronunzia di assoluzione permanendo il dubbio sulla sussistenza della condotta illecita degli imputati

L’ assoluzione del prevenuto discende, nell’avviso dell’ Avvocatura, dalla situazione processuale di insufficienza delle prove, presa in considerazione dall’art. 530, secondo comma, c.p.p., in applicazione del principio processuale penalistico del favor rei.

Detta formula assolutoria non integrerebbe il presupposto per il rimborso delle spese di patrocinio legale, che l’ art. 18 della legge n. 135 del 1997 riconduce ai giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa – che hanno coinvolto dipendenti della amministrazioni statali in conseguenza di atti e fatti connessi con il servizio o con l’ assolvimento di obblighi istituzionali – conclusi con sentenza che escluda la loro responsabilità. Siffatta condizione, tradotta nel procedimento di liquidazione del rimborso in sede amministrativa, va intesa in senso pieno e radicale, senza il temperamento del favor rei, che è regola del giudizio operante in sede penale volta ad escludere l’assoggettamento alla pena nei casi di dubbia responsabilità.

Con un primo ordine di considerazioni l’ appellante deduce che l’ Amministrazione ha travisato il contenuto della sentenza del tribunale di Napoli. L’ assoluzione è intervenuta con formula piena, che ha sancito in dispositivo, con richiamo all’ art. 530 c.p.p., l’ insussistenza del fatto ascritto come reato. Il richiamo al dubbio sulla sussistenza di profili di illiceità della condotta non fa recedere l’ esclusione di responsabilità in sede penale e può, tutto al più, avere rilievo agli effetti della valutazione della condotta del prevenuto in altri sede e, segnatamente, in quella disciplinare. Sottolinea, inoltre, la natura indennitaria del rimborso in relazione al depauperamento del patrimonio del pubblico dipendente che ha sofferto il giudizio e l’ applicabilità dell’ art. 18 della legge n. 135 del 1997, in presenza del carattere pienamente liberatorio della formula di assoluzione, riferita all’ insussistenza del fatto e non a ragioni processuali (prescrizione o mancanza della condizione promovibilità o di procedibilità dell’ azione penale).

Osserva il Collegio che la rimborsabilità delle spese legali sopportate dal dipendente pubblico assolto da un giudizio di responsabilità occorsogli per ragioni di servizio è espressione della regola civilistica generale di cui all’art. 1720, comma secondo, cod. civ. in tema di rapporti tra mandante e mandatario, secondo la quale il mandatario ha diritto ad esigere dal mandante il risarcimento dei danni subiti a causa dell’incarico ed integra una posizione di diritto soggettivo, che resta condizionata al concorso di puntuali condizioni, normativamente previste, inerenti: all’esistenza di una connessione dei fatti e degli atti oggetto del giudizio con l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali; all’esistenza di una sentenza definitiva che abbia escluso la responsabilità del dipendente; ad una valutazione di congruità della misura indennitaria da effettuarsi da parte dell’Avvocatura dello Stato.

Nella specie il provvedimento di diniego impugnato in prime cure, facendo proprie le conclusioni del parere rassegnato dall’ Avvocatura distrettuale, dà rilievo alla parte motiva della sentenza, che non consente di ritenere esclusa la responsabilità dell’ imputato, perché non ha fornito prova della propria innocenza, ma ha beneficiato del ragionevole dubbio, in presenza dell’ insufficienza della prova, che dà ingresso all’ assoluzione secondo il canone processuale penalistico del favor rei.

Come prima accennato l’ art. 18 della legge n. 137 del 1997 assume a presupposto del diritto al rimborso delle spese per patrocinio legale il giudizio si sia concluso con sentenza o provvedimento che "escluda" la responsabilità.

L’ art. 530 c.p.p. al primo comma individua una pluralità di formule assolutorie, che prendono in considerazione: l’ insussistenza del fatto reato (il fatto non sussiste); la non attribuibilità della fattispecie criminosa all’ imputato (l’ imputato non lo ha commesso); l’ inesistenza degli elementi costitutivi della fattispecie criminosa (il fatto non costituisce reato); la mancata previsione per legge del fatto come reato o che sia stato commesso da persona non imputabile.

La disposizione in esame, al secondo comma, recepisce la regola di giudizio in base alla quale va pronunziata l’ assoluzione anche quando manchi o sia insufficiente o contraddittoria la prova sulla sussistenza del fatto reato, sulla sua commissione da parte dell’ imputato, sulla qualificazione del fatto stesso come reato, ecc.

Entrambe le ipotesi assolutorie escludono ogni responsabilità agli effetti penali, in esito a giudizio valutativo e di graduazione delle prove assunte, nel loro concorso, in negativo o in positivo, a qualificare la responsabilità dell’ imputato. Il dispositivo è, quindi, sempre di pieno proscioglimento, essendo stata espunta la formula assolutoria del codice di procedura penale previgente (art. 479, comma terzo) che, in assenza di prove sufficienti per pervenire alla condanna, prevedeva l’ assoluzione per insufficienza di prove.

In presenza di una sentenza che, come nel caso di specie, nega la responsabilità agli effetti penali dell’ imputato, sussiste il diritto alla misura indennitaria, in concorso con gli ulteriori elementi dall’ art. 18 della legge n. 137 del 1997, trattandosi di disposizione che non discrimina fra le diverse ipotesi di formule assolutorie prefigurate dall’ art. 530 c.p.p. e non assegna all’ Amministrazione un" area di discrezionalità che le consenta di sovrapporsi e sostituirsi a quella effettuata dal giudice a quo.

Accedere all’ opposta tesi consentirebbe, muovendo dalla motivazione della sentenza assolutoria, una riedizione in sede amministrativa del giudizio sull’ ascrivibilità o meno all’ imputato del fatto reato per il quale è stata esercitata l’ azione penale dando, quindi, luogo ad una rinnovata valutazione nel merito degli estremi di responsabilità, che l’ art. 18 della legge n. 137 del 1997 non prevede affatto e, tantomeno, consente.

Per le considerazioni che precedono l’ appello va, quindi, accolto e, per l’ effetto, va accolto il ricorso di primo grado e vanno annullati gli atti con esso impugnati.

I particolari profili dell’ insorta controversia consentono la compensazione fra le parti di spese ed onorari per i due gradi di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’ effetto accoglie, il ricorso di primo grado ed annulla gli atti con esso impugnati.

Spese compensate..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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