Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 21-03-2011, n. 251

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società appellata gestisce un porto turistico in località Caito di Catania, insistente su un tratto di terreno demaniale affidato in concessione.

Violente mareggiate abbattutesi sul litorale nell’inverno 2003/2004 hanno danneggiato la diga foranea del porto e occluso il canale di accesso allo specchio interno.

Dopo l’evento la concessionaria, al fine di costringere l’Amministrazione ad assumere idonee iniziative riparatrici, ha proposto all’A.G.O. un ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. che è stato però dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.

La società ha quindi proposto ricorso al T.A.R. Catania per la declaratoria dell’obbligo dell’Amministrazione di provvedere agli interventi necessari per mettere in sicurezza il porto e consentirne la normale agibilità.

Nelle more del giudizio la concessione è stata rinnovata a condizioni sostanzialmente invariate e la concessionaria ha eseguito lavori urgenti di dragaggio del canale d’accesso in vista della stagione turistica.

Dopo aver disposto una verificazione, con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha accolto il ricorso, condannando l’Amministrazione ad eseguire le opere necessarie per il ripristino della diga e a rimborsare la società delle spese di dragaggio sostenute.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello all’esame dall’Amministrazione, la quale ne ha chiesto l’integrale riforma, previa sospensione dell’esecutività ai sensi dell’art. 33 della legge n. 1034 del 1971, deducendo tre motivi di impugnazione.

Con ordinanza n. 724 del 2010 l’istanza cautelare è stata respinta.

Si è costituita la società appellata, insistendo per il rigetto dell’avverso gravame. Nell’udienza del 25 novembre 2010 il ricorso è stato spedito in decisione.
Motivi della decisione

1) In via pregiudiziale l’Avvocatura eccepisce il difetto di legittimazione passiva della Capitaneria di Porto e del Genio civile OO.MM., trattandosi di uffici che non appartengono all’Amministrazione regionale.

Il rilievo è fondato in quanto in Sicilia le capitanerie – che fanno parte integrante dell’amministrazione statale – hanno sempre operato in regime di avvalimento ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. n. 684 del 1977 e al presente, nell’attesa dell’istituzione degli uffici periferici del demanio marittimo regionale, sulla base di specifica convenzione: trattasi dunque di un organo tecnico che si limita ad ausiliare l’Assessorato competente e non ha quindi responsabilità dirette ai fini della presente controversia.

Analogamente, difetta di legittimazione passiva l’Ufficio del Genio civile OO.MM. – anch’esso organo ministeriale – il quale si configura come soggetto che presta assistenza meramente tecnica (progettuale e di direzione lavori) all’Assessorato competente in materia di gestione dei beni demaniali assegnati alla Regione ai sensi dell’art. 32 dello Statuto di autonomia.

La Capitaneria di porto di Catania e l’Ufficio del Genio civile OO.MM. vanno quindi estromessi dal giudizio.

2) Sempre in via preliminare, l’Avvocatura eccepisce il difetto assoluto di giurisdizione, sostenendo – per quanto è dato comprendere – che il titolare di una concessione demaniale marittima non vanta alcuna posizione tutelata all’esecuzione di opere che modifichino il corso naturale degli eventi.

L’eccezione, che peraltro risulta dedotta in appello con carattere di novità, deve essere disattesa in quanto a ben vedere quella che l’Avvocatura solleva è questione non di giurisdizione ma di merito, attinente alla fondatezza del ricorso o all’effettiva esperibilità della domanda concretamente azionata.

In ogni caso deve ricordarsi che sulla vicenda in controversia si è pronunciato il G.O., adito dalla odierna appellata, il quale nel rifiutare la concessione del richiesto provvedimento d’urgenza ha già affermato che la questione è devoluta alla giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di concessioni.

3) Nel merito l’Assessorato sostiene che la società appellata aveva preciso obbligo, ai sensi della convenzione accessiva, di dragare il canale di accesso, utilizzando il materiale di risulta (massi naturali) per il riempimento della scogliera circostante.

La rovina della diga sarebbe dunque addebitabile alla concessionaria, la quale ha omesso di rafforzare detta diga col materiale di risulta che si doveva recuperare a seguito di regolari attività di dragaggio.

La tesi dell’appellante non appare convincente.

Gli atti acquisiti nel corso dell’istruttoria disposta dal T.A.R. ed in particolare la relazione prodotta dalla stessa Capitaneria comprovano che le mareggiate conseguenti agli eventi atmosferici dell’inverno 2003 furono connotati da eccezionale violenza.

Queste mareggiate hanno causato danni non riconducibili alla ordinaria erosione della diga e quindi non fronteggiabili mediante le attività di manutenzione ordinaria imposte in sede di convenzione all’affidataria.

Quindi, anche ad ammettere un parziale inadempimento della concessionaria, non può affermarsi – in applicazione della teoria causale del sine qua non – che il mancato riempimento della diga col materiale tratto dai dragaggi del canale di accesso abbia concorso alla rovina della diga stessa, che è stata appunto autonomamente causata da un evento atmosferico esterno di natura straordinaria. Nè, come dimostrato dal T.A.R. con analitiche argomentazioni che il Collegio condivide, può ipotizzarsi – in difetto del resto di alcuna previsione al riguardo in sede convenzionale – che il concessionario fosse tenuto ad eseguire opere di manutenzione straordinaria quali quelle rivelatesi necessarie nella fattispecie.

In ogni caso è decisivo osservare che il T.A.R. ha chiarito come la diga foranea sia del tutto estranea all’oggetto della specifica concessione e tale statuizione non risulta contestata nel gravame dell’Amministrazione: questa non può quindi conseguentemente pretendere che il concessionario proceda alla manutenzione – straordinaria come si è visto – di un bene non in sua disponibilità perchè non oggetto della concessione.

Infine si ricorda che l’art. 5 della legge n. 84 del 1994 sul riordino della legislazione portuale demanda alle Regioni l’onere per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di interesse regionale (categoria II, classe III) e che tra le opere di grande infrastrutturazione il comma 9 del citato articolo annovera precisamente "le costruzioni di dighe foranee di difesa".

Anche se quella ora citata è una norma d’azione, finalizzata cioè essenzialmente a delimitare sul piano organizzativo le competenze regionali e quelle statuali in materia portuale, essa scolpisce comunque in maniera evidente la competenza regionale per quanto concerne la cura delle essenziali infrastrutture portuali.

4) Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello va quindi respinto.

Ogni altro motivo od eccezione può essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese di questo grado del giudizio possono essere compensate, avuto riguardo alla novità di alcune delle questioni trattate.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, così decide:

a) estromette dal giudizio la Capitaneria di porto di Catania e l’Ufficio del Genio civile OO.MM.;

b) respinge l’appello dell’Amministrazione regionale;

c) compensa tra le parti spese e onorari di questo grado del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 25 novembre 2010 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Antonino Anastasi, estensore, Guido Salemi, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, Componenti.

Depositata in Segreteria il 21 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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