Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 21-03-2011, n. 248 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

iritto quanto segue.
Svolgimento del processo

L’odierna appellante, assistente sociale in servizio presso il Comune di Messina, con istanza in data 25 agosto 2009 ha richiesto all’Amministrazione di ricevere copia di un esposto con il quale altre assistenti sociali avevano formulato rilievi in ordine alla sua attività di incaricata della gestione delle banche dati.

Con nota in data 20.10.2009 l’Amministrazione ha denegato l’accesso, rilevando che l’esposto in questione non aveva natura di atto amministrativo ostensibile ai sensi della legge n. 241 del 1990.

Con ulteriore istanza del 27.10.2009 l’interessata ha reiterato la richiesta di accesso.

Con nota del 15.3.2010 l’Amministrazione – che già aveva confermato il diniego in data 20.11.2009 – ha nuovamente negato l’accesso, ribadendo che l’esposto non poteva essere qualificato come documento amministrativo ostensibile.

La dottoressa Ce. ha quindi proposto ricorso avanti al T.A.R. Catania, il quale con la sentenza in epigrafe indicata ha dichiarato tardivo il gravame, in quanto proposto avverso un atto meramente confermativo, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di lite.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello all’esame dalla soccombente, la quale ne ha chiesto l’integrale riforma, deducendo due motivi di impugnazione.

Il comune e gli appellati non hanno svolto attività difensiva.

Nella camera di consiglio del 25 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1) L’appello non è fondato e va pertanto respinto.

Con il primo motivo di impugnazione l’appellante deduce che ha errato il T.A.R. nel dichiarare irricevibile per tardività il ricorso introduttivo, non avvedendosi del fatto che la seconda istanza di accesso era stata formulata sulla base di presupposti diversi rispetto a quelli valorizzati nella prima richiesta.

A ciò deve aggiungersi, prosegue l’appellante, che l’atto impugnato non può qualificarsi come meramente confermativo del primo diniego, conseguendo ad una nuova valutazione della fattispecie in controversia da parte dell’Amministrazione.

Il mezzo non può trovare accoglimento.

Come risulta dalle premesse, l’odierna appellante in data 25 agosto 2009 ha per la prima volta richiesto all’amministrazione di appartenenza di poter estrarre copia di un esposto formulato nei suoi confronti da altro personale comunale e ritenuto dall’interessata potenzialmente lesivo della sua professionalità.

L’Amministrazione, con nota del 20 ottobre 2009, ha denegato l’accesso, ritenendo che l’esposto in questione non potesse qualificarsi come documento amministrativo accessibile.

Questa statuizione negativa è stata confermata dall’Amministrazione – a seguito di un rinnovo dell’istanza – con note del 20 novembre 2009 e del 15 marzo 2010, nelle quali veniva confermata la non equiparabilità dell’esposto ad un documento amministrativo.

In tale contesto appare evidente che il ricorso proposto dalla dottoressa Ce. avverso l’ultima delle note citate è effettivamente tardivo, come statuito dal T.A.R.

L’art. 25 comma 5 della legge n. 241 del 1990, applicabile ratione temporis alla controversia ed oggi sostituito dall’art. 116 del codice del processo amministrativo, prevede che il ricorso contro le determinazioni amministrative – esplicite o implicite – concernenti il diritto di accesso va proposto nel termine di trenta giorni.

Come chiarito dalla giurisprudenza, la natura evidentemente decadenziale di tale termine comporta in linea generale che la mancata tempestiva impugnazione del diniego non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo.

Ne consegue che il cittadino può reiterare l’istanza di accesso e pretendere un nuovo riscontro alla stessa solo in presenza di fatti nuovi, originariamente non rappresentati, o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all’accesso. (cfr. Ap. nn. 6 e 7 del 2006).

Nel caso in esame, deve escludersi la sussistenza – in seno alla seconda istanza – di tali elementi di effettiva novità, poichè l’interessata pur illustrando con maggiore precisione le sue ragioni si è limitata in sostanza a ipotizzare il carattere potenzialmente lesivo dell’esposto e la volontà di tutelare la sua professionalità, come aveva fatto in precedenza.

Nè può ritenersi – come sostiene l’appellante – che la nota impugnata in primo grado costituisca atto lesivo autonomamente impugnabile, dal momento che la stessa si limita a ribadire le considerazioni originariamente addotte dal dirigente responsabile a base del diniego, considerazioni facenti perno – come si è evidenziato – sulla non equiparabilità della segnalazione proveniente da terzi ad un vero e proprio documento amministrativo.

Inoltre – e il rilievo appare dirimente – deve tenersi conto del fatto che la seconda istanza di accesso era stata già definitivamente disattesa con il diniego espresso reiterato dall’Amministrazione in data 20 novembre 2009: a prescindere da ogni approfondimento in ordine al carattere effettivamente provvedimentale della comunicazione impugnata in primo grado, non si può quindi ritenere che essa abbia rimesso in termini l’interessata.

2) Da respingere è poi il motivo mediante il quale l’appellante contesta il capo della sentenza gravata recante la sua condanna alle spese.

Per costante giurisprudenza, infatti, le statuizioni del giudice di primo grado in ordine alla condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese e degli onorari del giudizio sono di per sé ampiamente discrezionali e costituiscono espressione di regole di equità e convenienza, il che ne comporta l’insindacabilità in appello.

Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello va quindi nel suo complesso respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Nulla per le spese di questo grado del giudizio, in difetto di costituzione delle parti appellate.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Nulla per le spese di questo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 25 novembre 2010 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Antonino Anastasi, estensore, Guido Salemi, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 21 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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