Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 21-03-2011, n. 247 motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il comune di Maniace, all’esito di apposito sorteggio, ha nel mese di ottobre del 2009 proclamato prima aggiudicataria di un appalto di lavori di sistemazione idrogeologica del torrente Martello l’Impresa European Construction Incorporation – E.C.I. s.r.l. e seconda aggiudicataria la s.r.l. S.C.S. Costruzioni.

La S.C.S. ha proposto ricorso al T.A.R. Catania, sostenendo che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla selezione:

a) per aver reso dichiarazioni lacunose ed errate in ordine ai requisiti di moralità dei responsabili di una società dalla quale aveva acquisito nel triennio un ramo d’azienda e per non aver valutato i precedenti penali di un amministratore della stessa;

b) per aver prestato una cauzione ridotta pur non essendo in possesso della certificazione di qualità per la categoria dei lavori in appalto;

c) per aver presentato una polizza fideiussoria non conforme al bando perchè priva di precise indicazioni sul termine di validità.

La E.C.I. si è costituita in quel giudizio sostenendo, con ricorso incidentale, che la S.C.S. avrebbe dovuto a sua volta essere esclusa per irregolarità delle dichiarazioni ex art. 38 codice appalti relative ad impresa in regime di avvalimento.

Si è costituito in resistenza il comune di Maniace.

Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha respinto il ricorso incidentale ed ha invece accolto il ricorso principale, annullando l’aggiudicazione in favore di E.C.I. s.r.l.

A sostegno del decisum il Tribunale ha osservato, da un lato, che il legale rappresentante di E.C.I. ha dichiarato erroneamente che l’amministratore unico della azienda affittante era cessato dalla carica nel triennio, rendendo quindi una dichiarazione difforme rispetto a quanto previsto dal bando; dall’altro, che questo amministratore risulta gravato di precedenti penali, la cui gravità e rilevanza ostativa non è stata oggetto di valutazione da parte del comune.

Per l’effetto il Tribunale etneo ha accertato il diritto di S.C.S. a subentrare nell’esecuzione della parte di lavori non completata e ha condannato il comune a risarcire questa impresa per equivalente in relazione ai lavori già contabilizzati dalla controinteressata.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello principale oggi all’esame dalla soccombente la quale ne ha chiesto l’integrale riforma, previa sospensione dell’esecutività, insistendo per l’accoglimento del suo ricorso incidentale di primo grado e per il rigetto del ricorso principale ex adverso proposto.

La sentenza è stata impugnata in via incidentale anche dal comune di Maniace il quale ne ha chiesto la riforma, contestando specificamente il capo di sentenza portante la condanna al risarcimento.

Si è costituita in resistenza la S.C.S., che ha riproposto in forma incidentale semplificata le due censure non esaminate dal T.A.R.

Con ordinanza n. 656 del 2010 questo Consiglio ha respinto l’istanza cautelare ex art. 33 legge n. 1034 del 1971.

Tutte le parti hanno presentato memorie, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.

All’udienza del 25 novembre 2010 gli appelli sono stati trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

L’appello principale e quello incidentale del comune sono infondati e vanno perciò respinti con conferma della sentenza gravata mentre l’appello incidentale semplificato della Impresa appellata va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

Con il motivo che conviene prioritariamente esaminare l’appellante ripropone la censura incidentale già respinta dal T.A.R.

In tal senso l’appellante deduce che S.C.S. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, per irregolarità delle dichiarazioni sulle cause ostative riferibili all’impresa stessa nonché ad una impresa ausiliaria.

Come statuito dal T.A.R., il mezzo non merita favorevole considerazione.

Per quanto riguarda l’impresa concorrente i rilievi dell’appellante sembrano destituiti di fondamento in punto di fatto, in quanto a ben vedere le dichiarazioni rese dal legale rappresentante di S.C.S. risultano esaustive e soprattutto chiaramente conformi alle previsioni del disciplinare.

Per quanto concerne l’impresa ausiliaria Arti Strade, effettivamente la dichiarazione sui requisiti generali resa dal legale rappresentante – unica dichiarazione che rileva a questi fini – non reca riferimento alla assenza della causa ostativa prevista dall’art. 38 comma 1 lettera m quater del codice degli appalti (situazione di controllo con altra impresa partecipante).

Sul punto va intanto osservato che la lettera m quater dell’art. 38 del codice è stata inserita dall’art. 3 del D.L. n. 135 del 25 settembre 2009 il quale ha correlativamente modificato l’art. 49 comma 2 lettera e), ove non si prevede più (come invece espressamente in precedenza) l’obbligo a carico dell’impresa ausiliaria di dichiarare che non "si trova in una situazione di controllo di cui all’articolo 34, comma 2 con una delle altre imprese che partecipano alla gara".

Il disciplinare di gara, peraltro, non tiene conto di tale modifica, entrata in vigore pochi giorni prima della sua approvazione in data 30.9.2009, ma continua a richiedere la dichiarazione sull’inesistenza delle situazioni di controllo (cfr. punto f).

Ed in effetti, in sede di dichiarazione unica l’inesistenza di situazioni di controllo attivo o passivo ed il possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38 sono stati precisamente attestati dal legale rappresentante della Arti Strade, secondo quanto previsto appunto dal disciplinare: il mancato riferimento alla causa ostativa divisata dall’art. 38 lettera m quater nel contesto dell’altra dichiarazione è dunque irrilevante, come ben evidenziato dal Tribunale.

Il ricorso incidentale di primo grado era dunque effettivamente infondato.

Con il primo motivo gli appellanti contestano quanto statuito dal T.A.R. in ordine alla fondatezza della prima censura contenuta nel ricorso introduttivo di S.C.S.

Sostengono in tal senso gli appellanti che le dichiarazioni rese dal legale rappresentante di E.C.I. in ordine alla situazione dell’impresa P.C.E. (dalla quale la stessa E.C.I. ha affittato un ramo d’azienda) non sono difformi da quanto previsto in disciplinare, ma contengono soltanto talune inesattezze materiali prive di ogni rilievo e significatività.

Il mezzo non è fondato.

Dagli atti risulta che il legale rappresentante della E.C.I. ha dichiarato che l’amministratore unico dell’impresa affittante era cessato dall’ufficio nel triennio precedente il bando e che a carico di questi non risultavano pronunciate sentenze di condanna per reati ostativi alla partecipazione.

Gli stessi documenti allegati in gara dalla offerente comprovano invece obiettivamente che il predetto amministratore è tuttora in carica nell’azienda affittante e che il medesimo è stato attinto da condanne penali, sia pure in gran parte beneficiate di non menzione. Ne consegue che le dichiarazioni in questione non sono inesatte, come vorrebbero gli appellanti, ma del tutto contraddittorie e quindi assolutamente non rispondenti a quanto espressamente richiesto dal bando a pena di esclusione.

Con il secondo motivo gli appellanti deducono da un lato che i precedenti penali a carico dell’amministratore della impresa affittante si ricollegano a reati contravvenzionali attinenti il mancato rispetto di formalità documentali e quindi privi di qualsivoglia incidenza sui requisiti di moralità dell’impresa; dall’altro che in ogni caso queste condanne non potevano determinare alcuna automatica esclusione dalla gara, rientrando nella discrezionalità della amministrazione ogni giudizio in ordine al loro effettivo rilievo ostativo.

Oppone al riguardo l’appellata che i reati in questione, ancorché sanzionati dall’ordinamento in maniera non pesante, hanno però tutti effettiva attinenza con la violazione di precisi obblighi che incombono ad ogni imprenditore nel settore della prevenzione dell’inquinamento, dello smaltimento corretto dei rifiuti speciali nonché dell’infortunistica.

Il mezzo non è fondato.

Come condivisibilmente statuito dal T.A.R., in questa sede contenziosa non viene in rilievo la maggiore o minore gravità dei reati in questione ma la assenza di ogni valutazione al riguardo da parte della amministrazione.

Diversamente da quanto sostiene il comune, nel caso di ammissione alla gara di un concorrente gravato di condanne penali l’Amministrazione appaltante è tenuta, in ossequio al generale obbligo di motivazione, quanto meno a dar conto dell’avvenuta presa in considerazione dei precedenti dichiarati dal concorrente: laddove, come si è detto, nel caso all’esame non risulta dagli atti nemmeno che la commissione e l’amministrazione abbiano percepito l’esistenza di tali condanne.

Destituita di qualsivoglia logico fondamento è poi l’opinione, espressa dal comune, che le condanne rilevanti e da dichiarare siano solo quelle passate in giudicato nell’ultimo triennio.

Il triennio antecedente al bando, infatti, è solo il periodo di riferimento per l’individuazione degli amministratori (cessati) i quali devono rendere la dichiarazione, mentre per il resto la legge non distingue tra le condanne recenti e quelle risalenti, che vanno tutte ugualmente dichiarate.

Il comune di Maniace deduce poi che l’illegittimità della aggiudicazione non giustifica l’accoglimento da parte del T.A.R. della richiesta di risarcimento avanzata dal concorrente pretermesso, difettando nel caso in esame l’elemento psicologico della colpa dell’Amministrazione.

Il mezzo non può trovare accoglimento.

Come è noto, secondo il consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, effettivamente ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento del danno, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessario che sia configurabile la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa, dovendo quindi verificarsi se l’adozione e l’esecuzione dell’atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona fede alle quali l’esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi (ad es. V sez. n. 1038 del 2010).

In tal senso, anche sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, è stato precisato che in sede di accertamento della responsabilità della Pubblica amministrazione per danno a privati il giudice può affermare la responsabilità quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo nell’assunzione del provvedimento viziato e negarla, invece, quando l’indagine conduce al riconoscimento dell’errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto. Operativamente, è stato anche rilevato che in sede di giudizio per il risarcimento del danno derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare appunto che si è trattato di un errore scusabile per contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma, per la complessità del fatto ovvero per l’influenza di altri soggetti.

Applicando le coordinate ermeneutiche ora sintetizzate al caso in esame va riconosciuto che la concorrente pretermessa dopo aver evocato la illegittimità dell’atto di aggiudicazione ha ulteriormente stigmatizzato il comportamento – asseritamente imprudente – tenuto dall’Amministrazione la quale sebbene avvisata della prossima proposizione del gravame ha consegnato i lavori alla aggiudicataria ancor prima della stipula del contratto e si è rifiutata di sospenderli non solo dopo le avverse pronunce cautelari ma addirittura dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado.

La ricorrente ha dunque assolto, nel senso sopra chiarito, all’onere della prova.

Il comune, per parte sua, ha allegato l’urgenza dei lavori ma, a giudizio del Collegio, non ha fornito alcuna valida giustificazione in ordine alla obiettiva imperizia dimostrata dalla Commissione nel riscontro della documentazione di gara e nella mancata applicazione di clausole del bando di non complessa interpretazione.

Nella memoria versata in prossimità dell’udienza di merito il comune sostiene, poi, che in ogni caso ha errato il T.A.R. nel riconoscere alla ricorrente anche il risarcimento in forma specifica (subentro nell’aggiudicazione): infatti la mancata valutazione dei precedenti penali dell’amministratore dell’impresa affittante non poteva comportare l’automatica esclusione dell’aggiudicataria ma soltanto una nuova valutazione da parte della P.A.

Il mezzo – che presenta evidenti profili di inammissibilità in quanto dedotto in memoria non notificata – deve essere comunque disatteso, in quanto l’esclusione della aggiudicataria poggia, come si è visto, sulla difformità delle dichiarazioni da essa rese rispetto a quanto previsto dal disciplinare appunto a pena di esclusione.

Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello principale e quello incidentale del comune vanno respinti, con conseguente improcedibilità dell’appello incidentale semplificato proposto dalla ricorrente vittoriosa in prime cure.

Le spese di questo grado del giudizio seguono come per legge la soccombenza e sono liquidate in via forfetaria nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando respinge l’appello principale della E.C.I. s.r.l. e l’appello incidentale proposto dal comune di Maniace.

Dichiara improcedibile l’appello incidentale proposto dalla S.C.S. Costruzioni s.r.l. Condanna gli appellanti al pagamento in favore della S.C.S. Costruzioni s.r.l. di Euro 2.000,00 ciascuno per complessivi Euro 4.000,00 oltre accessori di legge per spese e onorari di questo grado del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 25 novembre 2010 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Antonino Anastasi, estensore, Guido Salemi, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, Componenti.

Depositata in Segreteria il 21 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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