Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-06-2011, n. 12711 Sentenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. G.M., N.I. e Ga.Ma., in proprio e quali soci della società Polleria mercato di Mario Gardosi e C. s.n.c. hanno proposto ricorso per cassazione, "nei confronti" della s.p.a. Villa Erbosa e di P.K., quale madre esercente la potestà parentale sul minore P.M.. Al ricorso ha resistito con controricorso, nel quale ha svolto ricorso incidentale, la Casa di Cura Villa Erbosa s.p.a. Tale ricorso incidentale è stato proposto sia contro i ricorrenti principali sia contro la P. nella suddetta qualità.

Al ricorso incidentale della detta s.p.a. ha resistito, altresì, con controricorso la P. nella qualità.

La Villa Erbosa ha depositato memoria.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente il ricorso incidentale va riunito al principale, in seno al quale è stato proposto.

2. Il Collegio reputa superfluo riferire dello svolgimento processuale e dei motivi di ricorso principale ed incidentale, perchè il ricorso principale appare tardivo e la sua tardività determina l’inefficacia anche dell’incidentale, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2. 2.1. Queste le ragioni.

La sentenza impugnata – siccome da atto lo stesso ricorso principale e risulta dalla copia autentica depositata, che reca le relative relate di notificazione – è stata notificata il giorno 3 febbraio 2009 ad istanza degli stessi ricorrenti principali sia alla Villa Erbosa sia alla P.. La notificazione della sentenza fece decorrere il c.d. termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. sia a carico dei destinatari, sia a carico degli stessi notificanti.

Con riferimento a questi ultimi, viene in rilievo il consolidato principio di diritto, secondo cui "La notificazione della sentenza nelle forme di cui all’art. 285 c.p.c., e all’art. 170 c.p.c., comma 1, fa decorrere il termine di impugnazione, a norma dell’art. 326 cod. proc. civ., non solo per la parte destinataria, ma anche per la parte che ha effettuato la notifica, a tal fine dovendosi attribuire incondizionato rilievo alla "scienza legale" collegata, dalle stesse norme del codice di rito, al compimento delle predette formalità di notificazione della sentenza, senza che possa darsi ingresso ad accertamenti sulla funzione che nel caso specifico la notificazione stessa possa avere avuto in relazione all’esito del giudizio ed all’intenzione della parte notificante, giacchè tali accertamenti, oltre a non trovare fondamento in disposizioni di legge, si porrebbero in evidente contrasto con le esigenze di chiarezza e incontestabilità che sussistono in materia di formazione della cosa giudicata per decorrenza dei termini di impugnazione e con l’indisponibilità delle relative situazioni giuridiche. (Cass. sez. un. n. 23829 del 2007).

Dall’applicazione di tale principio consegue che, dalla data del perfezionamento della notificazione della sentenza, avvenuta nella specie coevamente per entrambi i destinatari (in caso contrario, cioè di perfezionamento delle due notificazioni in date diverse, sarebbe stato rilevante la prima data), ebbe a decorrere a carico degli attuali ricorrenti il termine di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2 non diversamente da quanto accadde per le parti destinatarie della detta notificazione.

L’esercizio del diritto di impugnazione da parte dei qui ricorrenti sarebbe dovuto avvenire, pertanto, entro sessanta giorni dal 3 febbraio 2009 e, quindi, entro il 4 aprile 2009 (25 giorni di febbraio + 32 di marzo + 4 di aprile = 60).

Ora, tale giorno cadeva di sabato ed evidentemente i ricorrenti hanno ritenuto che alla controversia trovasse applicazione la norma dell’art. 155 c.p.c., comma 5, là dove stabilisce – riferendosi al disposto del comma precedente, che proroga di diritto il termine il cui giorno finale sia festivo al giorno seguente non festivo – che la proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dall’udienza che scadono nella giornata di sabato, di modo che il termine breve per l’impugnazione si intendesse prorogato di diritto, per essere festivo il giorno 5 aprile, al lunedi 6 aprile 2009, data in cui il ricorso risulta consegnato per la notificazione, come da timbro cronologico dell’ufficiale giudiziario, e, quindi la notificazione si perfezionò per i ricorrenti (oltre che per gli stessi destinatari, atteso che il perfezionamento nei loro confronti risulta avvenuto in pari data).

Senonchè l’art. 155 c.p.c., comma 5 non era applicabile alla controversia e non regolava l’esercizio del diritto di impugnazione, per cui la circostanza che il termine breve scadesse il 4 aprile 2009, giorno che cadeva di sabato, non rendeva il termine prorogato di diritto al lunedì 6 aprile 2009.

Invero, la norma dell’art. 155, comma 5 venne introdotta nel codice dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. f, il cui comma 4, aveva originariamente disposto che "Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 entrano in vigore il 1 gennaio 2006 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data di entrata in vigore".

Il D.L. n. 273 del 2005, art. 39-quater, comma 2, convertito, con modificazioni, nella L. n. 51 del 2006, ebbe, però, a stabilire che alla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 4 le parole: 1 gennaio 2006 sono sostituite dalle seguenti: 1 marzo 2006.". Ne derivò che la nuova norma dell’art. 155 c.p.c., comma 5 entrò in vigore il 1 marzo 2006 e, tuttavia, soltanto per i procedimenti instaurati successivamente a tale data.

Successivamente la L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 3, ha stabilito Le disposizioni di cui all’art. 155 c.p.c., commi 5 e 6 si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006, ma tale norma ha avuto l’effetto di rendere applicabile il quinto comma che qui interessa soltanto ai termini da osservarsi successivamente all’entrata in vigore della citata L. n. 69 del 2009.

Ciò è stato già affermato da questa Corte, che ha enunciato il principio di diritto secondo cui la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 3, (pubblicata in G.U. 19 giugno 2009 ed in vigore dal 4 luglio 2009) – secondo cui l’art. 155 cod. proc. civ., commi 5 e 6 (aggiunti dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. f) si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006 – deve essere interpretato in conformità al precetto di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, ovvero nel senso di disporre solo per l’avvenire, stante l’assenza di qualsiasi espressione che possa sottintendere una volontà di interpretazione autentica della norma di cui alla citata L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 4, e, quindi, un suo automatico effetto retroattivo; ne consegue che esso potrà trovare applicazione ai procedimenti pendenti al 1 marzo 2006 soltanto per il futuro e, cioè, trattandosi di norma diretta a regolare comportamenti processuali, con riferimento all’osservanza di termini, relativi a tali procedimenti, in scadenza dopo la data della sua entrata in vigore e non già a termini che alla detta data risultino già scaduti. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell’enunciato principio, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso una sentenza in materia di opposizione all’esecuzione, il cui procedimento era iniziato il 24 febbraio 2004, per inosservanza del c.d. termine lungo, e, quindi, antecedentemente all’introduzione dell’art. 155 cod. proc. civ., nuovo comma 5).

(così Cass. (ord.) n. 15636 del 2009, alle cui ampie motivazioni il Collegio rinvia; in senso conforme: Cass. (ord.) n. 454 del 2010 e Cass. n. 6212 del 2010).

Ora, nel caso di specie, la controversia venne introdotta (con separati atti di citazione) nel giugno 2000 dai qui ricorrenti e nel luglio successivo dalla P. e, quindi, pendeva al 1 marzo 2006. Il termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione si consumò prima dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, avvenuta il 4 luglio 2009 e, pertanto, l’art. 155 c.p.c., comma 5, non era applicabile e ciò nemmeno in base all’art. 58, comma 3 citato.

Ne deriva la tardività del ricorso principale, atteso che il potere di impugnazione avrebbe dovuto esercitarsi, sia pure con il solo perfezionamento della notificazione dal punto di vista dei notificanti, il 4 aprile 2009.

Il ricorso principale dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile.

3. Il ricorso incidentale della Casa di Cura Villa Erbosa s.p.a. a sua volta, avendo -in riferimento al ricorso principale – natura di ricorso incidentale tardivo (giacchè anche per detta società il termine breve di impugnazione, decorso dalla notificazione della sentenza, si consumò il 4 aprile 2009), dev’essere dichiarato inefficace ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2, quanto al rapporto processuale fra i ricorrenti principali e la detta s.p.a.

3.1. Lo stesso ricorso incidentale nei riguardi della P. appare inammissibile per tardività, sempre per il decorso del termine di impugnazione dalla notificazione della sentenza.

Esso, in quanto rivolto contro una parte diversa da quella ricorrente in via principale, cioè la P. (cui il ricorso principale era stato notificato solo agli effetti dell’art. 332 c.p.c., non essendo i motivi rivolti contro di essa, per non esservi alcuna controversia fra i ricorrenti ed essa), non appare qualificabile come impugnazione incidentale tardiva agli effetti dell’art. 334 c.p.c. e non può dichiararsi inefficace per la sorte del ricorso principale.

Al riguardo, non viene in rilievo in contrario il principio di diritto di cui a Cass. sez. un. n. 24627 del 2007, secondo cui: Sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza;

conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale.-. In senso conforme Cass. sez. un. n. 18049 del 2010.

Nella specie, infatti, il cumulo di domande realizzatosi fra la quella introdotta dai ricorrenti principale, o meglio quelle introdotte dai ricorrenti principali alla loro volta in cumulo fra loro, e la domanda introdotta nella qualità dalla P., si caratterizzava soltanto per una parziale coincidenza della fattispecie costitutiva, alla quale per ognuno dei soggetti era comune l’evento occorso al de cuius Ga.Ma.. Il diritto al risarcimento fatto valere da ciascuno dei ricorrenti principale e dalla P. per conto del figlio era distinto ed autonomo, avendo in comune per ognuno solo l’evento dannoso costituito dalla morte del predetto.

Pertanto, l’impugnazione proposta dai ricorrenti principali, concernendo soltanto la domanda risarcitoria proposta da ognuno di ricorrenti persone fisiche e dalla società, non sarebbe stata idonea, ove accolta, a modificare in alcun modo l’assetto di interessi scaturito dalla sentenza impugnata, che si era concretato nel riconoscimento di distinte pretese risarcitorie a ciascuna delle parti attrici, ognuna in ragione della propria posizione.

Il ricorso incidentale dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile.

3.2. Va rilevato che nella sua memoria erroneamente la Villa Erbosa sostiene l’inammissibilità per tardività del controricorso della P., adducendo che esso sarebbe stato notificato il 6 luglio 2009, mentre il ricorso incidentale le era stato notificato il 20 maggio 2009. L’errore discende dal fatto che la Villa Erbosa fa riferimento al momento di perfezionamento nei suoi confronti della notificazione del controricorso, mentre la sua tempestività dev’essere valutata con riferimento al momento di perfezionamento per la notificante. Tale momento risulta verificato il 29 giugno 2009, cioè con la spedizione del plico con cui la notificazione venne effettuata. Detto giorno era l’ultimo del termine di cui all’art. 370 c.p.c., comma 1. 4. Nel rapporto processuale fra i ricorrenti principali e la resistente Villa Erbosa, la soccombenza sarebbe riferibile ai ricorrenti principali, ma il Collegio rileva che sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione, giacchè la tardività del ricorso principale è dipesa dall’applicazione di un principio di diritto la cui mancata osservanza appare – sia pure ai soli fini delle spese – scusabile, atteso che lo stesso legislatore, sia pure successivamente alla notifica del ricorso, ha ritenuto di intervenire, sia pure – come si è visto – non retroattivamente – sulla normativa transitoria relativa all’introduzione dell’art. 155, comma 5 e considerato, altresì, che la tardività del ricorso principale è stata rilevata d’ufficio e la Villa Erbosa non aveva proposto il suo ricorso incidentale qualificandolo come tardivo.

Nel rapporto fra la Villa Erbosa e la P. le spese seguono, invece, la soccombenza, atteso che la tardività del ricorso dipende da principi consolidati nella giurisprudenza della Corte, quali quello della decorrenza a carico del destinatario della notificazione della sentenza del termine di impugnazione nei confronti di tutte le altre parti del giudizio e quello della normale impossibilità di proporre impugnazione incidentale tardiva contro una parte diversa da quella principale.

Le spese si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE riunisce il ricorso incidentale a quello principale. Dichiara inammissibile il ricorso principale. Dichiara inefficace il ricorso incidentale nei confronti dei ricorrenti principali ed inammissibile nei confronti della P.. Compensa le spese nel rapporto processuale fra ricorrenti principali e ricorrente incidentale.

Condanna la ricorrente incidentale alla rifusione alla P., nella qualità di genitrice esercente la potestà parentale sul minore P.M., delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro cinquemilaquattrocento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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