Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-02-2011) 23-03-2011, n. 11541 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p. 1. Con sentenza del 10/06/2010, la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza del 4/2/2009 con la quale il g.u.p. del tribunale della medesima città aveva ritenuto C.R. responsabile del delitto di rapina ai danni di S.A.. p. 2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell’art. 192 c.p.p. per avere la Corte territoriale "svalorizzato l’indicazione resa dalla persona offesa, non riconducibile all’odierno ricorrente, di un difetto alla dentatura del rapinatore pur avendo dato atto della incontestabilità dell’imprecisione".

Inoltre, la Corte territoriale non aveva chiarito per quali ragioni aveva ritenuto attendibile l’atto di ricognizione. p. 3. Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni di seguito indicate.

La Corte territoriale, ha fondato la propria decisione su due elementi:

a) la descrizione del rapinatore che la S. fece nell’immediatezza con assoluta precisione salvo "un’isolata imprecisione riguardante esclusivamente il difetto alla dentatura";

b) ricognizione fotografica e successiva ricognizione formale ex art. 213 c.p.p..

Ciò significa, quindi, che la Corte territoriale ha preso in esame l’imprecisione riguardante la dentatura ma l’ha disattesa con motivazione logica, congrua ed adeguata agli evidenziati elementi fattuali.

La Corte, poi, ha ritenuto la responsabilità del prevenuto anche sulla base di ulteriori riscontri probatori (ricognizione fotografica e personale) oltre che dalla considerazione secondo la quale "le modalità di svolgimento dei fatti appaiono compatibili con le fattezze dell’imputato la cui agile corporatura ben gli permetteva di introdursi all’interno dell’abitacolo ed impossessarsi della borsa della donna dopo averla colpita al volto".

Pertanto la censura dedotta in questa sede va ritenuta null’altro che un tentativo di introdurre surrettiziamente elementi di merito al fine di ottenerne una nuova e diversa valutazione: il che deve ritenersi inammissibile. p. 4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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