Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 12643 Fallimento

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coglimento di quello incidentale.
Svolgimento del processo

Il Fallimento della Prebo s.r.l., dichiarato dal Tribunale di Palermo il (OMISSIS), con citazione del 19.4.95, convenne in giudizio P.G., amministratore unico della fallita, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti dalla società e dai creditori sociali in conseguenza degli illeciti da lui commessi nell’espletamento del mandato.

In particolare, l’attore dedusse: che la Prebo, rappresentata dal P., il (OMISSIS), e dunque nell’imminenza della dichiarazione di fallimento, aveva acquistato un immobile di proprietà dello stesso amministratore per il prezzo di 128 milioni di lire, per poi concederlo in locazione alla moglie di questi al canone di L. 400.000 mensili; che, sempre in prossimità del fallimento, la società aveva acquistato una quantità di merce eccessiva rispetto alle effettive possibilità di suo ricollocamento sul mercato e che ciò aveva provocato il deperimento del materiale, risultato invendibile in sede fallimentare; che il P. aveva incautamente proceduto alla vendita di prodotti della Prebo a soggetti non solvibili; che dalla contabilità era emersa l’assunzione di un mutuo con la C.C.R.V.E. che non risultava erogato;

che al passivo dei bilanci era annotata la voce "costi pluriennali" della quale l’A.U. non aveva saputo fornire giustificazioni.

Con sentenza del 21.10.99, il tribunale adito, respinta le eccezioni di prescrizione e di improcedibilità dell’azione sollevate dal P. e ritenuta provata la responsabilità del convenuto in relazione all’operazione di compravendita ed all’irregolare tenuta della contabilità, lo condannò a pagare al fallimento, a titolo risarcitorio, la somma capitale di L. 300.667.805, di cui L. 88.594.523 corrispondenti alla posta iscritta a bilancio quale prezzo in contanti pagato per l’immobile e L. 212.073.285 corrispondenti ai "costi pluriennali", oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione.

La decisione fu appellata in via principale dal P. ed in via incidentale dal Fallimento.

La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza del 9.5.2005, accolse il quarto e respinse gli altri motivi dell’appello principale, respinse l’appello incidentale ed, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, ridusse ad Euro 47.756,27, oltre accessori, la somma dovuta a titolo di danni dal P. al Fallimento Prebo, escludendo che fosse configurabile un pregiudizio economico per la società dall’irregolare tenuta della contabilità e dall’errata appostazione sotto la voce "costi pluriennali" di costi di esercizio effettivamente sostenuti.

P.G. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a tre motivi.

Il Fallimento della Prebo s.r.l. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, illustrato da memoria.
Motivi della decisione

Preliminarmente, va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

1) Con il primo motivo di ricorso, il P., denunciando violazione dell’art. 2949 c.c., e vizio di omessa e/o insufficiente motivazione, si duole del rigetto dell’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità verso i creditori sociali e rileva che, contrariamente a quanto, a suo dire, sostenuto dalla Corte di merito, il termine di prescrizione di tale azione decorre non dalla data del fallimento, ma dal giorno (che, nella specie, il ctu avrebbe accertato essere anteriore) in cui si è manifestata l’insufficienza del patrimonio sociale. Il motivo è inammissibile, in quanto privo di attinenza alla decisione. La Corte territoriale, infatti, rilevato che l’eccezione di prescrizione era stata sollevata dal P. con specifico riferimento al rilievo concernente i c.d. costi pluriennali appostati nei bilanci chiusi al 31.12/87 ed ’88, non l’ha respinta, ma si è limitata a dichiararla assorbita dall’accoglimento del quarto motivo d’appello.

2) Per la medesima ragione è inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, con il quale il P., denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2391 c.c., nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, ripropone integralmente le questioni – già illustrate nel primo motivo d’appello – dell’inapplicabilità della norma predetta alle ipotesi in cui la gestione societaria sia affidata ad un unico amministratore e della conseguente improcedibilità dell’azione svolta nei suoi confronti.

La Corte di merito, con motivazione che non è stata in alcun modo censurata dal ricorrente, ha infatti ritenuto tali questioni ininfluenti sulla decisione ed ha respinto il motivo d’appello sul rilievo che la curatela aveva in realtà esercitato l’azione di cui alla L. Fall., art. 146, rispetto alla quale la denuncia del compimento da parte dell’amministratore di un’operazione in conflitto di interessi con la società costituiva solo uno dei profili di responsabilità dedotti.

3) E’ invece infondato il terzo motivo di ricorso, con il quale il P. denuncia violazione dell’art. 2392 c.c., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, nella quale non sarebbe indicato il danno derivato in concreto alla Prebo dall’acquisto di un immobile il cui valore – secondo quanto accertato dal ctu – era superiore al prezzo versato in corrispettivo.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudice dell’appello ha chiaramente individuato il danno in questione nella sottrazione di liquidità alla cassa sociale in un momento di grave crisi economica e patrimoniale della Prebo e nel mancato impiego di tale liquidità per la riduzione degli oneri finanziari derivanti dalle passività, di consistenza certamente maggiore rispetto all’eventuale redditività dell’immobile; ha aggiunto che, in ogni caso, poichè il Tribunale di Palermo ha dichiarato inefficace ex art. 2901 c.c., l’atto di vendita nei confronti del Banco di Sicilia, condannando sia il P. che la curatela del Fallimento al pagamento delle spese processuali, l’operazione ha procurato un evidente pregiudizio economico alla società, che, a fronte del versamento del prezzo, non ha incrementato il proprio patrimonio.

4) E’, infine, inammissibile l’unico motivo di ricorso incidentale, con il quale il Fallimento della Prebo, deducendo vizio di motivazione e violazione degli artt. 1223, 2043 e 2391 c.c., sostiene che la Corte d’Appello ha errato nel liquidare il danno cagionato dall’operazione di compravendita in un importo corrispondente alla sola parte del prezzo dell’immobile che risultava pagato in contanti dalla società, senza includervi l’ulteriore importo derivante dall’accollo del mutuo che gravava sul bene, erogato da Sicilcassa, la quale aveva poi ottenuto l’ammissione allo stato passivo del credito vantato per tale titolo.

La liquidazione del danno in esame in un ammontare pari al solo prezzo versato in contanti per l’acquisto è stata operata dal Tribunale, con statuizione non investita dall’appello incidentale del Fallimento.

L’odierno controricorrente ha infatti devoluto al giudice di secondo grado la diversa questione della responsabilità del P. per un illecito asseritamene attuato mediante la falsa appostazione fra le passività sociali di un debito restitutorio verso la banca in dipendenza di un mutuo "non erogato" alla società, senza denunciarne il collegamento con l’acquisto dell’immobile e senza neppure precisare se il mutuo risultasse formalmente contratto dalla Prebo e se l’istituto di credito si fosse insinuato al passivo (e dunque senza chiarire quale danno fosse derivato in concreto dalla pretesa violazione da parte dell’A.U. dell’obbligo di veridica tenuta delle scritture contabili).

La Corte d’Appello ha pertanto, correttamente, respinto il predetto motivo di gravame limitandosi ad osservare che l’annotazione contabile corrispondeva ad un debito effettivo della società, derivante dall’accollo del mutuo, ed, altrettanto correttamente, ha escluso di dover valutare se l’accollo comportasse un maggior ammontare del danno derivato alla Prebo dall’operazione di compravendita, attesa l’immodificabilità della decisione assunta sul punto dal giudice di primo grado, non specificamente impugnata e dunque coperta da giudicato interno.

La reciproca soccombenza delle parti giustifica la declaratoria di integrale compensazione fra le stesse delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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